Lessing, tolleranza e altri valori
Antistènes Oristoi
Con l'affermarsi delle idee illuministiche tra gruppi
sempre più ampi di intellettuali europei molte parole e concetti cambiarono
significato o si arricchirono di nuove valenze semantiche e alla fine del XVIII
secolo consolidarono dei significati diversi rispetto al passato. Quando una
parola cambia significato e viene condivisa si ha la tendenza a considerare
l'ultimo significato come sempre esistente, inoltre accade che presso certi
gruppi chiusi si conino significati diversi da quelli utilizzati all'esterno
del gruppo senza che questo abbia un rilievo iniziatico. Ciò che si deve
considerare è che nell'epoca dell'Illuminismo non fu la Massoneria a dare
speciali significati a certe idee ma il contrario, furono le idee
illuministiche, del mondo profano, a influenzare il modo di pensare dei
Massoni. ciò non stupisce pensando che le logge settecentesche non erano ambiti
esclusivi, come nel secolo precedente ma aperte agli influssi più riformatori
della società. Il loro valore culturale era appunto dato da questa apertura
agli apporti innovativi dell'intellighenzia più avanzata. Gli intellettuali
"massonizzati" portavano dunque dentro le logge concetti e idee che non
appartenevano allo sviluppo naturale della Massoneria, sempre che questa fosse
in grado di crearli al proprio interno. Allo stesso tempo, essendo diventata un
movimento di grande sviluppo in tutta Europa e anche fuori essa fu il più
potente veicolo di distribuzione delle idee illuministiche e c'è da chiedersi
se senza la Massoneria queste idee si sarebbero affermate con uguale rapidità e
ampiezza. Lessing fu il più famoso Aufklärer, parallelamente a Kant, cioè della
corrente illuministica tedesca con aspirazioni più culturali che politiche e
l'impegno culturale lo travasò ampiamente nel suo pensiero massonico. L'idea di
tolleranza in Lessing se per un verso richiama il valore illuministico, in lui
assume significati più complessi. La sua visione della tolleranza, espressa in
tante sue opere ammirabili, in primis nel Nathan, non appare come causa del positivo
convivere sociale, in realtà la tolleranza è una conseguenza di un ben più
elevato valore universale, quello dell'uguaglianza. Solo in nome di
un'uguaglianza tra tutti gli uomini è concepibile il valore della tolleranza,
in altri termini quest'ultima è effetto operativo della prima. La tolleranza è
un valore "civile" di cambiamento che non è traducibile in termini iniziatici.
Ogni tentativo di spiegarlo secondo modalità massoniche non può fare
riferimento a delle condizioni iniziatiche; è avvalorabile quindi solo con
costrutti logici che fanno parte del modo di pensare del mondo civile o
profano. Ad ogni modo questo e altri concetti similari sono entrati nel lessico
del mondo massonico, specialmente di tradizione francese, facendoli diventare
delle "virtù" costitutive del fare Massoneria. Nei rapporti tra Massoni che si
sentono Fratelli la tolleranza è inutile, non serve perché i rapporti sono già
strutturati nella forma del rispetto reciproco. Il valore conseguente alla
Fratellanza non è la tolleranza ma il rispetto. La tolleranza è il valore del
civis, cioè del cittadino che opera bene
nella società e che chiede e offre tolleranza agli altri cives, cioè persone d'identico valore sociale, altra cosa è il
rispetto iniziatico fondato sulla Fratellanza, prima che sull'uguaglianza. Lo
stretto legame tra i due valori, tolleranza e uguaglianza, seppure con
precisata priorità dell'una sull'altra, assume in ambito massonico, sempre per
Lessing, un significato speciale.
Nessun commentatore dei suoi dialoghi massonici ha
rilevato che la parola "tolleranza" non appare mai e la cosa dovrebbe stupire
giacché questo fu un tema principe in molte sue opere letterarie; si sono
invece voluti intendere alcuni suoi passaggi nei dialoghi massonici che senza
dubbio implicano l'idea di uguaglianza come riferimenti al concetto di
tolleranza. Nulla di più sbagliato. Nella loro sensibilità culturale Lessing,
Herder, Goethe e Fichte, solo per citare i più noti, non parlano, o lo fanno di
sfuggita, del concetto di tolleranza in senso massonico. Lessing nel suo stesso
capolavoro Nathan, che con una certa superficialità viene considerato il
capolavoro della letteratura tedesca sulla tolleranza, dimostra, con il suo
fondamentale richiamo alla legenda dei tre anelli, che i diversi e contrastanti
personaggi sono legati non dal tollerarsi l'un l'altro e non dalla richiesta di
rispetto della propria diversità, ma dal fatto che essi sono uguali. Questa è la fondamentale affermazione di Lessing, la
tolleranza nasce non dal rispetto delle diversità, ma dalla vidimazione
dell'uguaglianza tra gli uomini. Solo gli uguali possono essere reciprocamente
tolleranti. Ogni forma di tolleranza tra disuguali che affermano la propria
disuguaglianza si riduce a vaneggiamento idealistico.
Per Lessing i valori cono concretezze realizzabili e non
affermazioni astratte di principi che nel confronto con la realtà si frantumano
in speculazioni tomistiche. I valori sono razionalizzazioni derivanti da
concrete analisi della realtà agente e non ideali fumosi. Essendo ogni valore
sotto l'imperio del valore principe dell'uguaglianza essi non possono essere
sottomessi alle contingenze storiche, civili, politiche e quindi ogni abuso in
nome di un valore è da rifiutare. Questa era la logica che divideva
profondamente, come a dire l'epocale differenza, che Lessing mette tra
Aufklärung e Lumières francese.
Certamente non era solo differenza sua, ma di tutto il
pensiero illuministico tedesco, che si distingueva dagli eccessi teoretici e
pratici, poi sfociati nel giacobinismo francese. Lui se ne fece portabandiera
di questa concezione del sistema valoriale illuministico tedesco; in altre
parole l'assiologia illuministica tedesca divergeva profondamente da quella
francese.
In questa mia affermazione non c'è una qualificazione tra
un sistema e l'altro, ma solo la constatazione delle loro differenze.
Dunque Lessing inverte il processo logico valoriale
tradizionale, mentre i francesi partivano dalle differenze per giungere alle
uguaglianze, egli parte dall'uguaglianza, definita aprioristicamente, come
assioma che può dare luogo a tutti gli altri valori. Senza uguaglianza i valori
di libertà, di fratellanza, di tolleranza e perfino di moralità universale si
riducono a fumose utopie. E lui era un utopista molto realista e concreto.
Gli uomini, i popoli, solo quando si riconoscono come
uguali possono richiedere e dare rispetto e tolleranza. L'ebreo e il cristiano
come il mussulmano sono legati dal loro essere membri non solo del Libro ma
anche della collettività umana che per sua definizione prescinde dai
particolarismi, cioè quelle differenze che derivano da condizioni esterne
all'essere umani. Se differenza c'è, questa è quella che distanzia l'umano dal
non umano. All'interno dell'umanità, in se stessa concepita, non esistono
differenziazioni. Le differenze sono prodotte dalle condizioni naturali, essere
di un territorio o di un altro del globo terrestre e quindi dalle condizioni
geografiche e climatiche, dalle specificità sociali e culturali, come il
linguaggio o l'organizzazione della comunità e delle istituzioni, e nulla di
più.
La tolleranza non è fondante e cioè causalistica del
convivere umano, la presa di coscienza fondante del convivere sociale è la
dichiarazione imperativa che gli esseri umani sono uguali. Da questa
dichiarazione apodittica discende la necessità della Fratellanza, che in questi
termini è l'altra faccia dell'Uguaglianza.
I Massoni sono tra loro Fratelli per due sostanziali
cause, l'iniziazione e l'uguaglianza. È da queste due cause che discendono gli
altri valori come effetti necessari, la tolleranza e la libertà. Questi due
valori non possono esistere da soli, non si auto-giustificano. Essi sono
effetti di altro da sé. La libertà è una condizione che si richiede quando non
esiste l'uguaglianza ed è l'uguaglianza che può dirmi se sono libero oppure no;
nella diversità sempre uno prevarica un altro. Due elementi di una relazione,
se uguali, sono implicitamente liberi da ogni forma di subordinazione. Solo il
disuguale subordinato è giustificato a richiedere di essere liberato dalla
subordinazione e diventare così uguale a chi subordina. La libertà, dunque, si
configura come negazione dei vincoli di subordinazione cioè della
disuguaglianza. Rivendicare l'uguaglianza vuol dire in ultima istanza
rivendicare la libertà. Solo nella libertà può realizzarsi compiutamente la
fratellanza perché la fratellanza non ha le connotazioni dell'istinto,
dell'emozione, del sentimento, perché è un valore. I valori non nascono dal
nulla, non sono funghi nella steppa dell'umano, essi sono un prodotto
dell'apprendimento cosciente. Un bambino di cinque o sei anni si relaziona con
spontaneità a un bambino di altra razza, lingua o religione poiché egli non ha
ancora appreso tutti i differenziali criteri e valori culturali.
A sua volta l'iniziazione massonica è autosussistente,
senza di essa non esiste la Massoneria come corpo a sé stante, come a dire che
la Massoneria si qualifica come esistente perché iniziatica. Allo stesso tempo
la Massoneria si qualifica come fenomeno universale se e solo sé pone ogni
essere umano come un Uguale a tutti gli altri esseri umani. I Massoni sono tali
perché iniziati e perché privi di ogni qualificazione differenziale. Non
possono esistere Massoni liberi e massoni schiavi, né Massoni morali e massoni
immorali, né Massoni nobili e massoni borghesi, né Massoni ricchi e massoni
poveri, né Massoni progressisti e massoni conservatori. Un Massone è per sua
definizione uguale a ogni altro Massone. In Massoneria non esiste alcuna forma
di relativismo e particolarità, essa è se stessa perché mette a proprio
fondamento d'idealità il valore dell'Uguaglianza.
Il relativismo e le particolarità che alcuni Ordini
massonici vogliono addebitare a se stessi è una violazione del principio di non
contraddizione nell'ambito dell'essenza massonica.
I rituali dai molti gradi ricreano dentro le strutture
massoniche, loggia e Gran Loggia, le differenziazioni, le particolarità, le
relatività del mondo sociale non iniziatico. L'appello ai diversi gradi di
perfezionamento del singolo è la relativizzazione, la soggettivizzazione e
privatizzazione del singolo rispetto all'universalità iniziatica massonica. La
stessa suddivisione in due gradi, di Apprendista e di Compagno, esistente ai
primordi della Massoneria, è solo uno scandire funzionale del percorso di
apprendimento operativo, la metafora delle differenze funzionali e operative
delle corporazioni di mestiere. È una differenza metaforica o allegorica, dai
diversi punti di vista di analisi dell'essere e più di tutto del fare
Massoneria. Con il grado di Maestro all'inizio si designava solo chi era posto
a capo della Loggia, nulla di più. Dopo, intorno agli anni '20 e '30 del primo
secolo massonico, i gradi, pur mantenendo una valenza di percorso di
apprendimento, di educazione massonica, si arricchirono di altre valenze
giustificate gerarchicamente da una nomenclatura altisonante di gradi, i quali
avrebbero dovuto spiegare il livello differenziato di percorso massonico, ma in
realtà dovuto alla creazione di una "nomenclatura" di personaggi aventi poteri
differenziati dentro la loggia e la Gran Loggia, anche per giustificare
l'ambita presenza di personalità d'eccellenza sociale come importanti nobili a
cui si delegava la più elevata carica di Gran Loggia. In molte istituzioni
massoniche europee nella seconda metà del XVIII secolo gli ultimissimi gradi
erano quelli che decidevano tutto della vita dell'Ordine e della vita massonica
dei singoli appartenenti all'Ordine. Ciò era legittimato dal possedere
conoscenze "segrete" non trasmissibili ai gradi inferiori, conoscenze che
sempre alla prova dei fatti risultavano essere dei millantati crediti. Alla
fine, fu abbandonata la giustificazione del possesso di superiori e segrete
conoscenze e l'accento si spostò sul giustificare il grado superiore con una
superiore capacità di perfezionamento del percorso massonico, cosa però non
verificata e verificabile. Tuttavia rimase nelle mani dei gradi massimi il
potere di conferire i gradi stessi, sempre senza spiegare e delineare con
precisione in che cosa consistesse tale percorso massonico, se non con nebbiosi
richiami simbolici ed esoterici. Paradossalmente chi veniva investito di un
grado superiore al terzo veniva a conoscenza delle spiegazioni simboliche ed
esoteriche del grado solo nel momento dell'investitura. Era, ed è ancora oggi,
come se il percorso massonico fosse un fatto che avveniva in forma di
autoeducazione, nei termini cioè di individuale e inconsapevole avanzamento che
solo i gradi superiori potevano cogliere e riconoscere. L'educazione massonica,
in altri termini, è concepita come processo riferito a chiunque sia membro
della struttura massonica; sarà poi l'individuale capacità dimostrata, in non
si sa bene quale modalità e forme e intuibile solo alle superiori capacità di
riconoscimento dei gradi massimi, che potrà far salire al grado successivo.
Tutto questo paradossale meccanismo è reso ancora più eccentrico dal fatto che
può essere assegnato un grado superiore saltandone alcuni e talora molti di
questi gradini, senza che si dichiari in modo esplicito in che cosa consista
questo superiore livello di educazione massonica.
In realtà non si tratta di "educazione" o Bildung nel
vero senso della parola, perché chi, in questo quadro, viene educato non è a
conoscenza dei limiti da superare e degli obiettivi da raggiungere. Se ciò
avviene è per sostanziale soggettività, o a meglio dire per individuale
casualità.
L'obiezione potrebbe essere che il concetto di
"educazione massonica" non corrisponde a quello usato nel mondo profano. ciò
sarebbe corretto se si desse una precisa esposizione in che cosa consiste il
percorso massonico e in che cosa consiste l'educazione massonica, ma ciò non
avviene. In altro modo di intendere il percorso e l'educazione sono questioni
segretate, in mano solo a chi ha superiori conoscenze. Si ripropone quindi la
questione che dilaniò nel passato Ordini e Riti fondati su "conoscenze
segrete", ma ora riproposte in modo più sfumato, meno vivido e spostando l'asse
logico dalla conoscenza massonica tout court alla conoscenza individuale. In
tal modo però si propone una gerarchia di capacità di apprendimento che
differenzia i singoli Massoni e in definitiva si nega la sostanziale
uguaglianza tra Massoni, ripeto rimandando tutto al principio/valore
dell'individualismo.
Un Alto Grado obietterebbe subito che l'uguaglianza tra
Massoni è riferita ad altre questioni e non alle naturali capacità degli
individui e che la gerarchia dei gradi non fa altro che vidimare queste insopprimibili
differenze naturali. Tuttavia, questa giustificazione ha il risultato di negare
ogni vero significato al concetto di Bildung massonica; questo concetto di
educazione/formazione, come sopra obiettato, non ha il senso dato dal modo di
pensare profano, ma appellandosi alle capacità naturali contraddice la
precedente affermazione di educazione in senso iniziatico, che tutto può essere
meno che fenomeno naturale.
La questione è di lana caprina, il vero effetto della
gerarchia dei gradi è assumere poteri superiori, cosa osservabile con facilità,
e non conoscenze superiori, cosa non definibile con altrettanta facilità anzi
impossibile da definire. Tutto sarebbe superabile, sanando problematiche
altrimenti irrisolvibili, con l'eliminazione di ogni giustificazione
esoterico-iniziatica e chiarendo che il grado superiore è la conferma di
maggiori responsabilità dentro la loggia e la Gran Loggia, responsabilità
sostanzialmente riferite alle funzioni organizzative e amministrative.
Inspiegabilmente ciò non avviene, anzi è negato con fermezza. Questa negazione
è derivante dall'indiscutibile volontà di non abbandonare i richiami ai
plurimi, difformi e tra loro incompatibili esoterismi che ingigantiscono i
rituali.
L'idea principe, da ripetere sempre, nel pensiero massonico
lessinghiano, è il valore dell'uguaglianza. Osservando con attenzione, i due
valori, tolleranza e uguaglianza, se hanno presupposti ideologici comuni hanno,
o meglio avevano in quell'epoca, riflessi ben dirompenti. La tolleranza era un
valore in definitiva non particolarmente dirompente, potendosi sempre
interpretare come comportamento individuale e quindi senza valenze sociali o
peggio politiche. Nell'epoca del Lumières francese la tolleranza era un valore
che doveva essere imposto o almeno insegnato dalle classi al potere e non certo
alle classi subordinate, in realtà più che predicare la tolleranza
surrettiziamente si attaccava l'intolleranza. In definitiva era un principio e
non una prassi concreta.
Al contrario il valore dell'uguaglianza, quello sì aveva
un valore dirompente sotto ogni aspetto. Esso minava un'intera struttura
socio-culturale e in particolare i delicati e ormai fragilissimi equilibri di
potere tra le differenti classi sociali. Nell'ottica assolutistica di rigida
separazione e gerarchia tra le classi ove i privilegi d'ogni sorta erano
riservati a una sola classe al massimo a due, nobiltà e clero, l'uguaglianza
era un'indiscutibile dichiarazione di guerra al sistema di potere.
Per Lessing tutto questo era ben chiaro, egli legava quindi
la tolleranza innanzitutto alla uguaglianza, intesa questa come valore
primario. Anche se non lo esplicita in modo preciso l'altro valore conseguente
all'uguaglianza ma sussidiario è la fratellanza. Solo tra uguali si può
riconoscere di essere fratelli nell'umanità, è palese che i disuguali in
qualche cosa non possono essere affratellati in quel qualcosa. Egli riconosceva
che gli esseri umani sono profondamente diversi per ragioni culturali, di
lingua, di costumi dati dalle differenze geografiche e di clima. Ma queste
differenze nella sua logica di utopismo realizzabile potrebbero essere
superabile. A ben vedere Lessing di ciò era poco convinto, si rendeva conto che
se le differenze sono naturali, le uguaglianze sono innaturali, un qualcosa che
non esiste in sé ma deve essere conquistato. Inoltre egli era decisamente
indocile all'idea che le strutture sociali, nate sulla riaffermazione delle
disuguaglianze, fossero in grado di assicurare il bene universale. Si dibatteva
in un paradosso dal quale non seppe uscire, dimostrandolo proprio nei suoi
Dialoghi per Liberi Muratori quando sconsolato afferma che le differenze dentro
la Massoneria sono lo specchio delle differenze sociali e culturali. Se lo
Stato e le costituzioni non possono assicurare, se non in via di utopico
principio, la felicità dei cittadini altrettanto la Massoneria subordinata alle
contingenze socioculturali non può assicurare al suo interno i valori che
predica. La fratellanza massonica si rivela dunque come un valore, che come
tutti i valori si scontra da perdente con la realtà; in più, essendo un valore
subordinato ha poche possibilità di affermazione se quello primario non si
realizza.
Il terzo valore tanto declamato in certe istituzioni
massoniche è quello della libertà, anche esso da chiarire. Per molti esso
deriva dalla dichiarazione che per diventare Massoni si deve essere uomini
liberi. Quando una persona è libera ne viene che c'è libertà. Ma siamo nel XVII
e XVIII secolo, epoca nella quale lo schiavismo e il servaggio erano pratica sociale
ben codificata. Lo schiavo e il servo non possono disporre di scelte proprie,
di libertà del proprio agire. Per questo in quell'epoca non potevano entrare
nelle logge. La libertà è una condizione anch'essa incatenata a quella
dell'uguaglianza; un servo o uno schiavo non sono uguali a un libero. Il
ricordo delle antiche corporazioni confermava che solo gli uomini liberi
potevano esserne membri. Uno schiavo può essere fratello di un altro schiavo ma
non di un libero cittadino, dunque ancora una volta la condizione essenziale è
quella dell'uguaglianza.
In tutte le sue opere drammaturgiche Lessing presenta
personaggi che sono uguali e liberi e alcuni che ne hanno la consapevolezza
sono anche tolleranti. Nel Nathan il cristiano che polemizza con il mussulmano
e l'ebreo non è libero nella sua essenza perché è schiavo delle sue
convinzioni. Ma anche i suoi personaggi femminili che si sacrificano in nome
della propria libertà stanno dichiarando la volontà d'essere uguali e non
subordinati. Nei suoi dialoghi massonici due personaggi si parlano da uguali e
le differenze tra loro sono solo quelle dell'esperienza e delle conoscenze. Ma
quando uno dei due, Ernst, fa la sua esperienza massonica rimane turbato. La
Massoneria non è quella che lui pensava che fosse e rimbrotta il suo mentore,
Falk, di non averlo avvisato, di avergli nascosto la formalità massonica. dal
secondo dialogo inizia il difficile percorso di perfezionamento/conoscenza
(Bildung), lo scontro dialettico tra forma e sostanza, tra la concretezza dell'essere
e l'astrazione dell'essenza della Massoneria, che forse nella visione
lessinghiana è tra "essere" ed "essenza" tout court. Solo chi s'impadronisce di
questa essenza e la fa essere una sua prassi di percorso massonico può dirsi di
essere un vero Massone.
Lessing assieme a tanti altri illuministi, come Voltaire,
Rousseau e altri, non era un tollerante. Si battevano caparbiamente e con toni
ora sbeffeggianti o sarcastici e ora rissosi contro il senso comune,
l'appiattimento del buon pensare, la subordinazione alle idee (ideologie)
altrui, il detto dagli antichi e dunque vero; avevano ben precisa la differenza
tra valore e comportamento di relazione sociale. In questo tra loro erano degli
uguali.
Se la libertà non è concatenata all'uguaglianza è una
parola alla quale si può dare ogni significato, fino al punto che si può
pretendere la propria libertà d'agire e pensare anche a detrimento di altri,
dunque anche la libertà non è un valore assoluto ma sussidiario.
I concetti di libertà e di fratellanza sono presenti nei
primi documenti massonici inglesi assieme ad un altro, la moralità, valore che
per la prima massoneria inglese era a fondamento del proprio esistere. Si deve
però accettare che inizialmente l'uguaglianza è un valore che non appare in
primo piano rispetto alla libertà e alla fratellanza che erano un esplicito
richiamo ai valori delle antiche corporazioni. Per la Massoneria britannica del
XVII secolo e dei primi decenni del XVIII è da dubitare che il concetto di
iniziaticità massonica avesse lo stesso senso che ha oggi. Dal poco che si sa
quelle logge erano una forma associazionistica con carattere solidaristico e
forme cerimoniali ritualistiche. Dei rituali erano svolti sicuramente ma un
rituale non necessariamente ha in sé un significato iniziatico.
Libertà e uguaglianza sono
nozioni che fanno parte di un excursus culturale che nacque nella Greca antica
per arrivare a oggi, passando tra innumerevoli modi di intenderli al cambiare
della società, della cultura e del linguaggio. Dunque non sono caratterizzati
da uno specifico significato.
La libertà in un'epoca e
cultura in cui la società era caratterizzata dalla schiavitù e dal servaggio,
era un valore primario tale per cui la persona libera era socialmente superiore
di alcuni gradini al servo e allo schiavo. Se si vuole cercare un senso iniziatico
in questi tre concetti si deve pure ammettere che solo la fratellanza ha un
qual senso di iniziatico. Un gruppo che si raccoglie attorno a certi principi e
scopi oggettivamente affratella i suoi membri e quanto più il gruppo è chiuso
tanto più si afferma tale valore. In tutti i gruppi iniziatici umani con un
senso più o meno forte di affratellamento ci sono delle differenze tra i suoi
membri, differenze date dai criteri costitutivi del gruppo. Nei gruppi
costituiti da non schiavi o non servi sussistono delle gerarchie, in genere
date dall'esperienza e dalle conoscenze, però queste gerarchie non mettono in
difetto la libertà dei singoli ma semplicemente rimarcano delle differenze; il
maestro e il discepolo sono diversi ma ambedue liberi, così come l'operaio e il
capomastro, in ogni caso sono affratellati dall'appartenenza al gruppo, con la
conseguenza quasi naturale di sviluppare delle forme di solidarietà tra i
membri del gruppo.
Ho accennato sopra ad un
tema che gli storici della Massoneria e gli ermeneuti del linguaggio massonico
non affrontano con il dovuto impegno: la morale come valore fondante della
nascente Massoneria e affermato esplicitamente nel primo articolo delle
Costituzioni dei Liberi Muratori del 1723. Intendiamoci, in quei tempi morale
ed etica erano sinonimi, e la parola aveva tanto la valenza relativa a principi
di convivere sociale quanto a principi spirituali. È interessante notare che
questo valore con il tempo perse la sua priorità rispetto a quelli prettamente
illuministici e la cosa si concretizzò alla fine del Settecento con
l'affermazione assoluta dei valori di libertà, uguaglianza e fratellanza. Il
Massone all'inizio doveva essere innanzitutto una persona dotata di morale e la
partecipazione alla Massoneria doveva rafforzare e incrementare la sua
moralità, dunque i suoi costumi sociali e spirituali. Però questa moralità con
l'affermarsi delle rivoluzionarie idee illuministiche metteva in dubbio tutto
l'apparato ideologico civile e religioso creando una forte reazione. I Massoni
sono visti dai poteri civili e religiosi come pericolosi, sovversivi dello
status quo ed effettivamente lo erano e Lessing in prima fila.