Lessing, tolleranza e altri valori

Antistènes Oristoi

Con l'affermarsi delle idee illuministiche tra gruppi sempre più ampi di intellettuali europei molte parole e concetti cambiarono significato o si arricchirono di nuove valenze semantiche e alla fine del XVIII secolo consolidarono dei significati diversi rispetto al passato. Quando una parola cambia significato e viene condivisa si ha la tendenza a considerare l'ultimo significato come sempre esistente, inoltre accade che presso certi gruppi chiusi si conino significati diversi da quelli utilizzati all'esterno del gruppo senza che questo abbia un rilievo iniziatico. Ciò che si deve considerare è che nell'epoca dell'Illuminismo non fu la Massoneria a dare speciali significati a certe idee ma il contrario, furono le idee illuministiche, del mondo profano, a influenzare il modo di pensare dei Massoni. ciò non stupisce pensando che le logge settecentesche non erano ambiti esclusivi, come nel secolo precedente ma aperte agli influssi più riformatori della società. Il loro valore culturale era appunto dato da questa apertura agli apporti innovativi dell'intellighenzia più avanzata. Gli intellettuali "massonizzati" portavano dunque dentro le logge concetti e idee che non appartenevano allo sviluppo naturale della Massoneria, sempre che questa fosse in grado di crearli al proprio interno. Allo stesso tempo, essendo diventata un movimento di grande sviluppo in tutta Europa e anche fuori essa fu il più potente veicolo di distribuzione delle idee illuministiche e c'è da chiedersi se senza la Massoneria queste idee si sarebbero affermate con uguale rapidità e ampiezza. Lessing fu il più famoso Aufklärer, parallelamente a Kant, cioè della corrente illuministica tedesca con aspirazioni più culturali che politiche e l'impegno culturale lo travasò ampiamente nel suo pensiero massonico. L'idea di tolleranza in Lessing se per un verso richiama il valore illuministico, in lui assume significati più complessi. La sua visione della tolleranza, espressa in tante sue opere ammirabili, in primis nel Nathan, non appare come causa del positivo convivere sociale, in realtà la tolleranza è una conseguenza di un ben più elevato valore universale, quello dell'uguaglianza. Solo in nome di un'uguaglianza tra tutti gli uomini è concepibile il valore della tolleranza, in altri termini quest'ultima è effetto operativo della prima. La tolleranza è un valore "civile" di cambiamento che non è traducibile in termini iniziatici. Ogni tentativo di spiegarlo secondo modalità massoniche non può fare riferimento a delle condizioni iniziatiche; è avvalorabile quindi solo con costrutti logici che fanno parte del modo di pensare del mondo civile o profano. Ad ogni modo questo e altri concetti similari sono entrati nel lessico del mondo massonico, specialmente di tradizione francese, facendoli diventare delle "virtù" costitutive del fare Massoneria. Nei rapporti tra Massoni che si sentono Fratelli la tolleranza è inutile, non serve perché i rapporti sono già strutturati nella forma del rispetto reciproco. Il valore conseguente alla Fratellanza non è la tolleranza ma il rispetto. La tolleranza è il valore del 
civis, cioè del cittadino che opera bene nella società e che chiede e offre tolleranza agli altri cives, cioè persone d'identico valore sociale, altra cosa è il rispetto iniziatico fondato sulla Fratellanza, prima che sull'uguaglianza. Lo stretto legame tra i due valori, tolleranza e uguaglianza, seppure con precisata priorità dell'una sull'altra, assume in ambito massonico, sempre per Lessing, un significato speciale.

Nessun commentatore dei suoi dialoghi massonici ha rilevato che la parola "tolleranza" non appare mai e la cosa dovrebbe stupire giacché questo fu un tema principe in molte sue opere letterarie; si sono invece voluti intendere alcuni suoi passaggi nei dialoghi massonici che senza dubbio implicano l'idea di uguaglianza come riferimenti al concetto di tolleranza. Nulla di più sbagliato. Nella loro sensibilità culturale Lessing, Herder, Goethe e Fichte, solo per citare i più noti, non parlano, o lo fanno di sfuggita, del concetto di tolleranza in senso massonico. Lessing nel suo stesso capolavoro Nathan, che con una certa superficialità viene considerato il capolavoro della letteratura tedesca sulla tolleranza, dimostra, con il suo fondamentale richiamo alla legenda dei tre anelli, che i diversi e contrastanti personaggi sono legati non dal tollerarsi l'un l'altro e non dalla richiesta di rispetto della propria diversità, ma dal fatto che essi sono uguali. Questa è la fondamentale affermazione di Lessing, la tolleranza nasce non dal rispetto delle diversità, ma dalla vidimazione dell'uguaglianza tra gli uomini. Solo gli uguali possono essere reciprocamente tolleranti. Ogni forma di tolleranza tra disuguali che affermano la propria disuguaglianza si riduce a vaneggiamento idealistico.
Per Lessing i valori cono concretezze realizzabili e non affermazioni astratte di principi che nel confronto con la realtà si frantumano in speculazioni tomistiche. I valori sono razionalizzazioni derivanti da concrete analisi della realtà agente e non ideali fumosi. Essendo ogni valore sotto l'imperio del valore principe dell'uguaglianza essi non possono essere sottomessi alle contingenze storiche, civili, politiche e quindi ogni abuso in nome di un valore è da rifiutare. Questa era la logica che divideva profondamente, come a dire l'epocale differenza, che Lessing mette tra Aufklärung e Lumières francese.
Certamente non era solo differenza sua, ma di tutto il pensiero illuministico tedesco, che si distingueva dagli eccessi teoretici e pratici, poi sfociati nel giacobinismo francese. Lui se ne fece portabandiera di questa concezione del sistema valoriale illuministico tedesco; in altre parole l'assiologia illuministica tedesca divergeva profondamente da quella francese.
In questa mia affermazione non c'è una qualificazione tra un sistema e l'altro, ma solo la constatazione delle loro differenze.
Dunque Lessing inverte il processo logico valoriale tradizionale, mentre i francesi partivano dalle differenze per giungere alle uguaglianze, egli parte dall'uguaglianza, definita aprioristicamente, come assioma che può dare luogo a tutti gli altri valori. Senza uguaglianza i valori di libertà, di fratellanza, di tolleranza e perfino di moralità universale si riducono a fumose utopie. E lui era un utopista molto realista e concreto.
Gli uomini, i popoli, solo quando si riconoscono come uguali possono richiedere e dare rispetto e tolleranza. L'ebreo e il cristiano come il mussulmano sono legati dal loro essere membri non solo del Libro ma anche della collettività umana che per sua definizione prescinde dai particolarismi, cioè quelle differenze che derivano da condizioni esterne all'essere umani. Se differenza c'è, questa è quella che distanzia l'umano dal non umano. All'interno dell'umanità, in se stessa concepita, non esistono differenziazioni. Le differenze sono prodotte dalle condizioni naturali, essere di un territorio o di un altro del globo terrestre e quindi dalle condizioni geografiche e climatiche, dalle specificità sociali e culturali, come il linguaggio o l'organizzazione della comunità e delle istituzioni, e nulla di più.
La tolleranza non è fondante e cioè causalistica del convivere umano, la presa di coscienza fondante del convivere sociale è la dichiarazione imperativa che gli esseri umani sono uguali. Da questa dichiarazione apodittica discende la necessità della Fratellanza, che in questi termini è l'altra faccia dell'Uguaglianza.
I Massoni sono tra loro Fratelli per due sostanziali cause, l'iniziazione e l'uguaglianza. È da queste due cause che discendono gli altri valori come effetti necessari, la tolleranza e la libertà. Questi due valori non possono esistere da soli, non si auto-giustificano. Essi sono effetti di altro da sé. La libertà è una condizione che si richiede quando non esiste l'uguaglianza ed è l'uguaglianza che può dirmi se sono libero oppure no; nella diversità sempre uno prevarica un altro. Due elementi di una relazione, se uguali, sono implicitamente liberi da ogni forma di subordinazione. Solo il disuguale subordinato è giustificato a richiedere di essere liberato dalla subordinazione e diventare così uguale a chi subordina. La libertà, dunque, si configura come negazione dei vincoli di subordinazione cioè della disuguaglianza. Rivendicare l'uguaglianza vuol dire in ultima istanza rivendicare la libertà. Solo nella libertà può realizzarsi compiutamente la fratellanza perché la fratellanza non ha le connotazioni dell'istinto, dell'emozione, del sentimento, perché è un valore. I valori non nascono dal nulla, non sono funghi nella steppa dell'umano, essi sono un prodotto dell'apprendimento cosciente. Un bambino di cinque o sei anni si relaziona con spontaneità a un bambino di altra razza, lingua o religione poiché egli non ha ancora appreso tutti i differenziali criteri e valori culturali.
A sua volta l'iniziazione massonica è autosussistente, senza di essa non esiste la Massoneria come corpo a sé stante, come a dire che la Massoneria si qualifica come esistente perché iniziatica. Allo stesso tempo la Massoneria si qualifica come fenomeno universale se e solo sé pone ogni essere umano come un Uguale a tutti gli altri esseri umani. I Massoni sono tali perché iniziati e perché privi di ogni qualificazione differenziale. Non possono esistere Massoni liberi e massoni schiavi, né Massoni morali e massoni immorali, né Massoni nobili e massoni borghesi, né Massoni ricchi e massoni poveri, né Massoni progressisti e massoni conservatori. Un Massone è per sua definizione uguale a ogni altro Massone. In Massoneria non esiste alcuna forma di relativismo e particolarità, essa è se stessa perché mette a proprio fondamento d'idealità il valore dell'Uguaglianza.
Il relativismo e le particolarità che alcuni Ordini massonici vogliono addebitare a se stessi è una violazione del principio di non contraddizione nell'ambito dell'essenza massonica.
I rituali dai molti gradi ricreano dentro le strutture massoniche, loggia e Gran Loggia, le differenziazioni, le particolarità, le relatività del mondo sociale non iniziatico. L'appello ai diversi gradi di perfezionamento del singolo è la relativizzazione, la soggettivizzazione e privatizzazione del singolo rispetto all'universalità iniziatica massonica. La stessa suddivisione in due gradi, di Apprendista e di Compagno, esistente ai primordi della Massoneria, è solo uno scandire funzionale del percorso di apprendimento operativo, la metafora delle differenze funzionali e operative delle corporazioni di mestiere. È una differenza metaforica o allegorica, dai diversi punti di vista di analisi dell'essere e più di tutto del fare Massoneria. Con il grado di Maestro all'inizio si designava solo chi era posto a capo della Loggia, nulla di più. Dopo, intorno agli anni '20 e '30 del primo secolo massonico, i gradi, pur mantenendo una valenza di percorso di apprendimento, di educazione massonica, si arricchirono di altre valenze giustificate gerarchicamente da una nomenclatura altisonante di gradi, i quali avrebbero dovuto spiegare il livello differenziato di percorso massonico, ma in realtà dovuto alla creazione di una "nomenclatura" di personaggi aventi poteri differenziati dentro la loggia e la Gran Loggia, anche per giustificare l'ambita presenza di personalità d'eccellenza sociale come importanti nobili a cui si delegava la più elevata carica di Gran Loggia. In molte istituzioni massoniche europee nella seconda metà del XVIII secolo gli ultimissimi gradi erano quelli che decidevano tutto della vita dell'Ordine e della vita massonica dei singoli appartenenti all'Ordine. Ciò era legittimato dal possedere conoscenze "segrete" non trasmissibili ai gradi inferiori, conoscenze che sempre alla prova dei fatti risultavano essere dei millantati crediti. Alla fine, fu abbandonata la giustificazione del possesso di superiori e segrete conoscenze e l'accento si spostò sul giustificare il grado superiore con una superiore capacità di perfezionamento del percorso massonico, cosa però non verificata e verificabile. Tuttavia rimase nelle mani dei gradi massimi il potere di conferire i gradi stessi, sempre senza spiegare e delineare con precisione in che cosa consistesse tale percorso massonico, se non con nebbiosi richiami simbolici ed esoterici. Paradossalmente chi veniva investito di un grado superiore al terzo veniva a conoscenza delle spiegazioni simboliche ed esoteriche del grado solo nel momento dell'investitura. Era, ed è ancora oggi, come se il percorso massonico fosse un fatto che avveniva in forma di autoeducazione, nei termini cioè di individuale e inconsapevole avanzamento che solo i gradi superiori potevano cogliere e riconoscere. L'educazione massonica, in altri termini, è concepita come processo riferito a chiunque sia membro della struttura massonica; sarà poi l'individuale capacità dimostrata, in non si sa bene quale modalità e forme e intuibile solo alle superiori capacità di riconoscimento dei gradi massimi, che potrà far salire al grado successivo. Tutto questo paradossale meccanismo è reso ancora più eccentrico dal fatto che può essere assegnato un grado superiore saltandone alcuni e talora molti di questi gradini, senza che si dichiari in modo esplicito in che cosa consista questo superiore livello di educazione massonica.
In realtà non si tratta di "educazione" o Bildung nel vero senso della parola, perché chi, in questo quadro, viene educato non è a conoscenza dei limiti da superare e degli obiettivi da raggiungere. Se ciò avviene è per sostanziale soggettività, o a meglio dire per individuale casualità.
L'obiezione potrebbe essere che il concetto di "educazione massonica" non corrisponde a quello usato nel mondo profano. ciò sarebbe corretto se si desse una precisa esposizione in che cosa consiste il percorso massonico e in che cosa consiste l'educazione massonica, ma ciò non avviene. In altro modo di intendere il percorso e l'educazione sono questioni segretate, in mano solo a chi ha superiori conoscenze. Si ripropone quindi la questione che dilaniò nel passato Ordini e Riti fondati su "conoscenze segrete", ma ora riproposte in modo più sfumato, meno vivido e spostando l'asse logico dalla conoscenza massonica tout court alla conoscenza individuale. In tal modo però si propone una gerarchia di capacità di apprendimento che differenzia i singoli Massoni e in definitiva si nega la sostanziale uguaglianza tra Massoni, ripeto rimandando tutto al principio/valore dell'individualismo.
Un Alto Grado obietterebbe subito che l'uguaglianza tra Massoni è riferita ad altre questioni e non alle naturali capacità degli individui e che la gerarchia dei gradi non fa altro che vidimare queste insopprimibili differenze naturali. Tuttavia, questa giustificazione ha il risultato di negare ogni vero significato al concetto di Bildung massonica; questo concetto di educazione/formazione, come sopra obiettato, non ha il senso dato dal modo di pensare profano, ma appellandosi alle capacità naturali contraddice la precedente affermazione di educazione in senso iniziatico, che tutto può essere meno che fenomeno naturale.
La questione è di lana caprina, il vero effetto della gerarchia dei gradi è assumere poteri superiori, cosa osservabile con facilità, e non conoscenze superiori, cosa non definibile con altrettanta facilità anzi impossibile da definire. Tutto sarebbe superabile, sanando problematiche altrimenti irrisolvibili, con l'eliminazione di ogni giustificazione esoterico-iniziatica e chiarendo che il grado superiore è la conferma di maggiori responsabilità dentro la loggia e la Gran Loggia, responsabilità sostanzialmente riferite alle funzioni organizzative e amministrative. Inspiegabilmente ciò non avviene, anzi è negato con fermezza. Questa negazione è derivante dall'indiscutibile volontà di non abbandonare i richiami ai plurimi, difformi e tra loro incompatibili esoterismi che ingigantiscono i rituali.
L'idea principe, da ripetere sempre, nel pensiero massonico lessinghiano, è il valore dell'uguaglianza. Osservando con attenzione, i due valori, tolleranza e uguaglianza, se hanno presupposti ideologici comuni hanno, o meglio avevano in quell'epoca, riflessi ben dirompenti. La tolleranza era un valore in definitiva non particolarmente dirompente, potendosi sempre interpretare come comportamento individuale e quindi senza valenze sociali o peggio politiche. Nell'epoca del Lumières francese la tolleranza era un valore che doveva essere imposto o almeno insegnato dalle classi al potere e non certo alle classi subordinate, in realtà più che predicare la tolleranza surrettiziamente si attaccava l'intolleranza. In definitiva era un principio e non una prassi concreta.
Al contrario il valore dell'uguaglianza, quello sì aveva un valore dirompente sotto ogni aspetto. Esso minava un'intera struttura socio-culturale e in particolare i delicati e ormai fragilissimi equilibri di potere tra le differenti classi sociali. Nell'ottica assolutistica di rigida separazione e gerarchia tra le classi ove i privilegi d'ogni sorta erano riservati a una sola classe al massimo a due, nobiltà e clero, l'uguaglianza era un'indiscutibile dichiarazione di guerra al sistema di potere.
Per Lessing tutto questo era ben chiaro, egli legava quindi la tolleranza innanzitutto alla uguaglianza, intesa questa come valore primario. Anche se non lo esplicita in modo preciso l'altro valore conseguente all'uguaglianza ma sussidiario è la fratellanza. Solo tra uguali si può riconoscere di essere fratelli nell'umanità, è palese che i disuguali in qualche cosa non possono essere affratellati in quel qualcosa. Egli riconosceva che gli esseri umani sono profondamente diversi per ragioni culturali, di lingua, di costumi dati dalle differenze geografiche e di clima. Ma queste differenze nella sua logica di utopismo realizzabile potrebbero essere superabile. A ben vedere Lessing di ciò era poco convinto, si rendeva conto che se le differenze sono naturali, le uguaglianze sono innaturali, un qualcosa che non esiste in sé ma deve essere conquistato. Inoltre egli era decisamente indocile all'idea che le strutture sociali, nate sulla riaffermazione delle disuguaglianze, fossero in grado di assicurare il bene universale. Si dibatteva in un paradosso dal quale non seppe uscire, dimostrandolo proprio nei suoi Dialoghi per Liberi Muratori quando sconsolato afferma che le differenze dentro la Massoneria sono lo specchio delle differenze sociali e culturali. Se lo Stato e le costituzioni non possono assicurare, se non in via di utopico principio, la felicità dei cittadini altrettanto la Massoneria subordinata alle contingenze socioculturali non può assicurare al suo interno i valori che predica. La fratellanza massonica si rivela dunque come un valore, che come tutti i valori si scontra da perdente con la realtà; in più, essendo un valore subordinato ha poche possibilità di affermazione se quello primario non si realizza.
Il terzo valore tanto declamato in certe istituzioni massoniche è quello della libertà, anche esso da chiarire. Per molti esso deriva dalla dichiarazione che per diventare Massoni si deve essere uomini liberi. Quando una persona è libera ne viene che c'è libertà. Ma siamo nel XVII e XVIII secolo, epoca nella quale lo schiavismo e il servaggio erano pratica sociale ben codificata. Lo schiavo e il servo non possono disporre di scelte proprie, di libertà del proprio agire. Per questo in quell'epoca non potevano entrare nelle logge. La libertà è una condizione anch'essa incatenata a quella dell'uguaglianza; un servo o uno schiavo non sono uguali a un libero. Il ricordo delle antiche corporazioni confermava che solo gli uomini liberi potevano esserne membri. Uno schiavo può essere fratello di un altro schiavo ma non di un libero cittadino, dunque ancora una volta la condizione essenziale è quella dell'uguaglianza.
In tutte le sue opere drammaturgiche Lessing presenta personaggi che sono uguali e liberi e alcuni che ne hanno la consapevolezza sono anche tolleranti. Nel Nathan il cristiano che polemizza con il mussulmano e l'ebreo non è libero nella sua essenza perché è schiavo delle sue convinzioni. Ma anche i suoi personaggi femminili che si sacrificano in nome della propria libertà stanno dichiarando la volontà d'essere uguali e non subordinati. Nei suoi dialoghi massonici due personaggi si parlano da uguali e le differenze tra loro sono solo quelle dell'esperienza e delle conoscenze. Ma quando uno dei due, Ernst, fa la sua esperienza massonica rimane turbato. La Massoneria non è quella che lui pensava che fosse e rimbrotta il suo mentore, Falk, di non averlo avvisato, di avergli nascosto la formalità massonica. dal secondo dialogo inizia il difficile percorso di perfezionamento/conoscenza (Bildung), lo scontro dialettico tra forma e sostanza, tra la concretezza dell'essere e l'astrazione dell'essenza della Massoneria, che forse nella visione lessinghiana è tra "essere" ed "essenza" tout court. Solo chi s'impadronisce di questa essenza e la fa essere una sua prassi di percorso massonico può dirsi di essere un vero Massone.
Lessing assieme a tanti altri illuministi, come Voltaire, Rousseau e altri, non era un tollerante. Si battevano caparbiamente e con toni ora sbeffeggianti o sarcastici e ora rissosi contro il senso comune, l'appiattimento del buon pensare, la subordinazione alle idee (ideologie) altrui, il detto dagli antichi e dunque vero; avevano ben precisa la differenza tra valore e comportamento di relazione sociale. In questo tra loro erano degli uguali.
Se la libertà non è concatenata all'uguaglianza è una parola alla quale si può dare ogni significato, fino al punto che si può pretendere la propria libertà d'agire e pensare anche a detrimento di altri, dunque anche la libertà non è un valore assoluto ma sussidiario.
I concetti di libertà e di fratellanza sono presenti nei primi documenti massonici inglesi assieme ad un altro, la moralità, valore che per la prima massoneria inglese era a fondamento del proprio esistere. Si deve però accettare che inizialmente l'uguaglianza è un valore che non appare in primo piano rispetto alla libertà e alla fratellanza che erano un esplicito richiamo ai valori delle antiche corporazioni. Per la Massoneria britannica del XVII secolo e dei primi decenni del XVIII è da dubitare che il concetto di iniziaticità massonica avesse lo stesso senso che ha oggi. Dal poco che si sa quelle logge erano una forma associazionistica con carattere solidaristico e forme cerimoniali ritualistiche. Dei rituali erano svolti sicuramente ma un rituale non necessariamente ha in sé un significato iniziatico.
Libertà e uguaglianza sono nozioni che fanno parte di un excursus culturale che nacque nella Greca antica per arrivare a oggi, passando tra innumerevoli modi di intenderli al cambiare della società, della cultura e del linguaggio. Dunque non sono caratterizzati da uno specifico significato.
La libertà in un'epoca e cultura in cui la società era caratterizzata dalla schiavitù e dal servaggio, era un valore primario tale per cui la persona libera era socialmente superiore di alcuni gradini al servo e allo schiavo. Se si vuole cercare un senso iniziatico in questi tre concetti si deve pure ammettere che solo la fratellanza ha un qual senso di iniziatico. Un gruppo che si raccoglie attorno a certi principi e scopi oggettivamente affratella i suoi membri e quanto più il gruppo è chiuso tanto più si afferma tale valore. In tutti i gruppi iniziatici umani con un senso più o meno forte di affratellamento ci sono delle differenze tra i suoi membri, differenze date dai criteri costitutivi del gruppo. Nei gruppi costituiti da non schiavi o non servi sussistono delle gerarchie, in genere date dall'esperienza e dalle conoscenze, però queste gerarchie non mettono in difetto la libertà dei singoli ma semplicemente rimarcano delle differenze; il maestro e il discepolo sono diversi ma ambedue liberi, così come l'operaio e il capomastro, in ogni caso sono affratellati dall'appartenenza al gruppo, con la conseguenza quasi naturale di sviluppare delle forme di solidarietà tra i membri del gruppo.
Ho accennato sopra ad un tema che gli storici della Massoneria e gli ermeneuti del linguaggio massonico non affrontano con il dovuto impegno: la morale come valore fondante della nascente Massoneria e affermato esplicitamente nel primo articolo delle Costituzioni dei Liberi Muratori del 1723. Intendiamoci, in quei tempi morale ed etica erano sinonimi, e la parola aveva tanto la valenza relativa a principi di convivere sociale quanto a principi spirituali. È interessante notare che questo valore con il tempo perse la sua priorità rispetto a quelli prettamente illuministici e la cosa si concretizzò alla fine del Settecento con l'affermazione assoluta dei valori di libertà, uguaglianza e fratellanza. Il Massone all'inizio doveva essere innanzitutto una persona dotata di morale e la partecipazione alla Massoneria doveva rafforzare e incrementare la sua moralità, dunque i suoi costumi sociali e spirituali. Però questa moralità con l'affermarsi delle rivoluzionarie idee illuministiche metteva in dubbio tutto l'apparato ideologico civile e religioso creando una forte reazione. I Massoni sono visti dai poteri civili e religiosi come pericolosi, sovversivi dello status quo ed effettivamente lo erano e Lessing in prima fila.

Home          Torna su          Indice n.0

2019 CRITICA MASSONICA | Tutti i diritti riservati | All rights reserved
Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia