Sulla mito-storia della Massoneria

Francesco Angioni


La continuità storica tra corporazioni romane, medioevali e logge massoniche, fantasia o realtà?


L'immaginario collettivo massonico si fonda su due avvincenti illustrazioni dell'origine delle logge massoniche: la prima consiste in una sorta di millenarismo che assegna una frattura o iato tra cultura religiosa e cultura laica, la cosiddetta "secolarizzazione" che spiegherebbe la nascita delle logge massoniche come polluzione della secolarizzazione della società europea insulare e continentale; la seconda è che le stesse logge siano il prodotto conseguente alle Universitas[1] (corporazioni o gilde) medievali che a loro volta sarebbero una diretta continuazione storica dei Collegia (corporazioni di mestiere) romani.

Ci sono due livelli d'interpretazione sulla somiglianza tra i tre distinti fenomeni delle corporazioni romane, quelle medioevali e le logge massoniche. Un livello interpretativo, frequente in ambito massonico, è che tutti e tre hanno le comuni caratteristiche di religiosità e di occultismo, dunque di uno spiritualismo sia in senso general-generico sia esoterico-iniziatico; l'altro livello interpretativo che giustificherebbe il primo è una sorta di continuità storica tra i tre fenomeni, come se fossero intrecciati da lineari relazioni di causa-effetto. L'attribuzione del generico termine di spiritualità o spiritualismo non consente una disamina delle dinamiche di tale caratteristica e pertanto non può qui essere presa in esame. Diverso è il caso dei caratteri mistico-religiosi e magico-esoterici attribuiti a corporazioni e logge. E di questo si parlerà in seguito.

A questa fascia di interpretazioni si aggiunge una tesi di più ampia dimensione che è il cosiddetto fenomeno socioculturale della "secolarizzazione". C'è subito da dire che tale denominazione ha suscitato e suscita ancora molte discussioni in ambito storicistico, assegnando difformi definizioni e metodologie d'analisi. La tesi da parte di certi Autori in ambito massonico è che l'affermarsi e svilupparsi delle logge moderne dal XVII secolo in poi sarebbe l'effetto di un lento processo di secolarizzazione che differenzierebbe il Medioevo inteso come un'epoca d'alta spiritualità dal periodo post-rinascimentale caratterizzato da sempre più elevati livelli di secolarizzazione. La complessa problematica della secolarizzazione, volendo adottare questa nominalizzazione, esposta in questi termini semplicistici crea perplessità, infatti si ripropone una vetusta logica storiografica per cui eventi successivi sono legati ai precedenti con modalità lineare e causalistica. Questa logica fu alla base di certe analisi d'importanti esponenti dell'Illuminismo che riprendevano le ancora più antiche modalità d'analisi storiografica; tuttavia già allora furono sottoposte a serrata critica da coevi studiosi che negavano la linearità causalistica dei fenomeni storici, evidenziandone un diverso procedere[2]. Ciò che maggiormente colpisce è che accettando la tesi delle logge massoniche come risultato della secolarizzazione si verrebbero a incrinare i presupposti legami di spiritualità tra le corporazioni di diverse epoche e le logge. A queste problematiche il presente saggio cerca di dare delle risposte critiche.

Innanzitutto si deve osservare che le tesi sopra accennate si basano sull'idea della continuità storico-culturale dei caratteri iniziatici ed esoterici dei Collegia romani, delle Universitates medioevali e delle logge massoniche moderne. Con questa idea si assegna un crisma esclusivo, esoterico-iniziatico, alle logge per poi assegnare lo stesso crisma ad altri fenomeni storico-sociali precedenti; in altre parole si tratta di un'evidente inferenza di un accadimento del presente su accadimenti precedenti e cioè si capovolgono le relazioni causa-effetto. Appare evidente l'adesione acritica di tanti "massonologi" al paradossale cum hoc vel post hoc, ergo propter hoc[con questo o dopo di questo, dunque a causa di questo].

Mito-storia della massoneria

In ambito massonico la mito-storia ha un particolare fascino e tra le tante mitologie sulle origini della massoneria moderna la più celebrata è quella della sua diretta derivazione dalle corporazioni medioevali. La tesi è lineare: si afferma che esistendo in epoca romana le corporazioni di mestiere a queste seguirono in continuità storica quelle medievali e da queste nel XVII e XVIII secolo le logge massoniche. L'ipotesi segue una logica di "causazione necessaria" appunto sul principio lineare di causa-effetto (le corporazioni romane hanno causato alla fine le logge massoniche, nello stesso senso che le logge massoniche sono la necessaria conseguenza delle corporazioni romane); un intendere la storia come un continuum, uno svolgimento senza interruzioni dei processi socioculturali ove ogni evento è effetto dei precedenti e causa dei successivi, senza rotture e ritorni, legando nel caso in esame Collegia a Universitates e a Logge. Ovviamente nella logica deterministica del cum hoc vel post hoc, ergo propter hoc, un fatto che è comparso assieme a un altro o successivo deve essere necessariamente legato causalmente al precedente; tale costrutto logico rigidamente razionalista prende in esame solo i fattori scelti e non tutti quelli che possono contribuire a escludere il legame causale.

La massoneria moderna nei secoli XIX e XX ha modificato il carattere esoterico in occultista privilegiando gli aspetti misterici, segreti, magici e iniziatici degli esoterismi e assegnando ad essi un carattere esclusivamente spiritualista a differenza degli esoterismi antichi che erano oltre la valenza spiritualista o per meglio dire teologale anche un modo di accedere ai misteri della natura e del cosmo; una cifra dichiarativa che natura e cosmo sono regolate da leggi metafisiche ma anche fisiche, per cui si ebbero esoterismi empirici e spiritualisti, dove in questi secondi la ricerca empirica era la base di una ricerca metafisica e spirituale. In questo quadro speculativo della massoneria neomoderna si è sviluppata la tesi di assegnare alle corporazioni romane e medievali degli intimi scopi e principi sacrali e religiosi di carattere iniziatico ed esoterico, cosa che giustificherebbe gli aspetti pure iniziatici ed esoterici delle logge massoniche. Dalla precedente logica della causazione di eventi si adotta l'antistorica logica del post hoc, ergo ante hoc, ciò che viene dopo giustifica ciò che era prima, eliminando la linea temporale per cui paradossalmente il presente causa il passato.

Senza entrare nel merito di una puntuale critica di questo pseudo-metodo storiografico, la tesi della continuità tra le associazioni di mestiere romane, quelle medioevali e le logge massoniche necessita di un maggior approfondimento delle caratteristiche dei primi due fenomeni che giustificherebbero il terzo, facendo attenzione alla semantica utilizzata nelle diverse epoche per i tre fenomeni. Il modo di procedere, tipico di una certa mito-storiografia massonica, è una metodologia antica e usata all'inizio del 1700 da James Anderson quando scrisse la parte "storica" delle Constitutions of Free Masons del 1723, poi ampliata nell'edizione del 1738. Già alla fine del XVIII secolo il giovane Herder, storicista e massone, dimostrò l'infondatezza del metodo storiografico causalistico e dell'idea della storia come progresso lineare di eventi. I fautori della continuità storica e operativa tra le corporazioni romane, quelle medioevali e le logge massoniche del Seicento e Settecento non sembrano essere interessati al fatto che questa tesi non è dimostrabile con documenti accertati, giacché essi non esistono, ma solo fideisticamente dichiararla.

La secolarizzazione

Sempre nella mito-storia massonica appare un terzo procedere, più corretto metodologicamente ma che tuttora in ambito storiografico suscita controversie per certe indeterminatezze delle definizioni utilizzate[3]. Qualcuno avanza la tesi che le logge massoniche inglesi nacquero come prodotto conseguente alla "secolarizzazione" della cultura europea, distinguendosi dalle corporazioni muratorie che invece erano intima parte di una cultura religiosa, non secolarizzata. La secolarizzazione, in estrema sintesi, è un processo nel quale una società o cultura perde i suoi connotati di religiosità o confessionali con la conseguenza della separazione delle istituzioni sociali e statali da quelle religiose influenzando i processi culturali di popoli e nazioni. In altre parole, un lento svolgimento di eventi per cui a una religiosità all'inizio pervadente le istituzioni civili e la cultura di una società si sovrappongono forme di laicità che separano il mondo religioso da quello profano. Un tale processo è oggetto di molte discussioni tra gli storici che ancora non hanno chiarito definitivamente il concetto di "secolarizzazione", ma anche per il fatto che si è assegnata la definizione di secolarizzazione a un insieme di eventi di grande complessità che gli storici da soli, senza l'apporto di altre discipline umanistiche e sociali, difficilmente riescono a risolvere se non in singoli aspetti. Il termine secolarizzazione dunque sembra più il titolo di un modello interpretativo di particolari fenomeni piuttosto che una teoria capace di spiegare lo svolgersi di un processo storico-culturale durato più di mille anni per l'intero mondo occidentale[4].

A ben vedere il termine "secolarizzazione" può essere fuorviante o almeno è da usare quando circoscritto alla condizione in cui la nazione e lo Stato passano dalla condizione "confessionale" a quella "aconfessionale". La questione è più complessa, nel senso che i processi strutturali della società non abbandonano la "religiosità" ma è la "sacralità" che si ritira dal suo onnicomprensivo valore, valore che dava significato a ogni forma di organizzazione sociale. Invece che di secolarizzazione si dovrebbe parlare di crisi del sistema di religiosità totalizzante, quello che Hans Blumenberg definisce «assolutismo teologico»[5], sistema che socialmente permeò i secoli dal Medioevo alla Riforma e che si concluse formalmente con la Rivoluzione Francese, per cui si potrebbe dire che il XVIII e specialmente il XIX secolo furono piuttosto i secoli della "grande secolarizzazione". In conclusione si ripresenta la logica del post hoc, ergo ante hoc per cui una secolarizzazione iniziata in un certo secolo viene accreditata ai secoli precedenti.

Secolarizzazione e laicizzazione

I processi di secolarizzazione infatti non significano l'abdicazione delle forme istituzionali religiose (chiese, culti, precetti e dogmi, fedi), queste rimangono ben presenti combattendo con ogni mezzo ogni manifestazione socioculturale contraria. Sull'altra parte della barricata ci sono i processi produttivi che è difficile ricondurre a schemi di secolarizzazione, essendo tali (secolari) per loro natura. La logica della massoneria moderna come conseguenza (sic) della secolarizzazione parte dal preconcetto che i processi produttivi medioevali in era di assolutismo teologico fossero intrisi di spiritualismo senza considerare che se un'istituzione religiosa può secolarizzarsi è difficile il processo inverso, che un'istituzione secolare si "spiritualizzi" perdendo i suoi connotati secolari[6]. Questa considerazione sulla spiritualizzazione delle corporazioni sia romane che medievali avanzata da una certa pubblicistica massonica probabilmente deriva da una superficiale lettura di specifici aspetti culturali del Medioevo, quando l'unico ceto acculturato, i clerici con in testa Tommaso d'Aquino, riprendevano il "disprezzo per la concretezza" di cifra platonica[7] legando economia e moralità[8]. A rigore, il carattere di religiosità e di fratellanza di mestiere più marcato di quello economico[9] apparteneva piuttosto alle corporazioni greche d'era classica[10].

In posizione più mediata Max Weber colloca i processi di secolarizzazione del mondo occidentale dentro un'ineluttabile totalizzante «razionalizzazione», un «destino dell'Occidente» predestinato e di antiche radici, in un ampio percorso storico-religioso di «disincantamento del mondo» che respinge «tutti i metodi magico-sacrali di ricerca della salvezza»[11]. La "razionalizzazione" werberiana potrebbe corrispondere al processo di organizzazione logico-razionale della società istituzionale e i "metodi magico-sacrali" alla sacralità totalizzante delle società primitive, mentre il "disincantamento" è appunto l'abbandono del senso del sacro verso il senso religioso istituzionalizzato o, volendo, la perdita dell'incanto aristotelico davanti al cosmo con la ricerca delle leggi che lo regolamentano. Più concretamente il ragionamento di Weber è da intendere in un processo di laicizzazione piuttosto che di secolarizzazione. Ha dunque un certo rilievo la distinzione tra "secolarizzazione" e "laicizzazione"; il primo termine come già detto è relativo a quei processi socioculturali nei quali la perdita del senso del sacro non implica necessariamente l'eliminazione delle forme religiose che rimangono collegate a quelle più specificatamente sociali sincreticamente assegnando al superiore potere civile una volontà divina, mentre il secondo termine definisce il distacco del senso del sacro e delle forme religiose da quelle istituzionali della società, quando cioè le istituzioni sociali rimuovono dai propri caratteri costituenti qualunque riferimento o aspetto religioso o magico-sacrale. Più precisamente, la società laicizza le istituzioni e, mutando significato alla parola sacro, assegna alle istituzioni un valore sacrale privo di ogni senso e significato metafisico, una sacralità di solo significato civile.

In riferimento all'associazionismo di mestiere se proprio si vuole parlare di secolarizzazione ciò ha un qualche senso per le gilde di commercianti e prima per le realtà associative nelle società nordiche con antiche usanze anche precristiane, associazionismi di fratellanza che avevano caratteri più marcatamente spiritualisti e religiosi. Riguardo alle corporazioni di mestiere invece le formulazioni ritualistiche, comuni a ogni manifestazione pubblica sia in epoca romana che medievale, non assumevano un carattere tale da individuarle come associazioni religiose o parareligiose e quindi è difficile parlare di secolarizzazione essendo le corporazioni dal loro sorgere di sostanziale natura secolare e senza funzioni spiritualiste.

Concretamente, le corporazioni di mestiere fin dai tempi dei greci e latini non avevano abbandonato il senso religioso ma avevano perso il senso sacrale del proprio operare; la sacralità si era ridotta a forme cerimoniali, non era quindi il sacro che le definiva come opera di valore sovra-umano. Questa perdita avvenne molto prima nella storia umana, si perse dal momento in cui i processi di socializzazione e di organizzazione sociale (il senso dell'appartenenza a una comunità e alle sue forme organizzative) si fecero più complessi, si "civilizzarono" dalle comunità tribali a quelle regionali e nazionali. Nelle comunità tribali o di clan, quelle non ancora organizzate in strutture istituzionali geopolitiche più allargate, il sociale s'identificava con il religioso nello schema del "religioso-sociale" e l'aspettativa umana configurava in senso sacrale ogni attività, nel senso che i fenomeni religiosi o di fede assieme agli aspetti sociali, individuali e di gruppo, si fondevano in un "assoluto sacrale" e conseguentemente ogni fenomeno sociale era caratterizzato da cerimonialità e ritualità che gli davano significato sacrale; l'assoluto sacrale in quelle ere s'identificava con un "assoluto spirituale". Quanto più le comunità assestandosi in forme stanziali si ampliavano e si organizzavano istituzionalmente tanto più la religione si ordinava in strutture e il sistema sociale si desacralizzava; si passava al "sociale-religioso" dove le aspettative elidendo il sacro si trasferivano sul piano del sociale mentre il religioso si conservava sotto le forme della pratica istituzionalizzata, creando le gerarchie religiose e i diversi culti. Dunque, schematicamente il processo graduale di "desacralizzazione" si sviluppò in una condizione in cui sociale e religioso assieme costituivano un "assoluto teologico" ove l'intera società e le sue istituzioni erano pervase da questa religiosità assoluta per cui il teologale dettava anche le regole sociali e condizionava quelle istituzionali che sviluppavano delle proprie ritualità e cerimonialità ormai prive di sacralità anche se con formale religiosità; ciò però non può essere definito come "assoluto spirituale", in quanto le strutture sociali di tipo commerciale, militare e per certi versi di potere non si connotano per il loro valore spirituale e non producono di per sé un senso di spiritualità.

Si giunse infine all'inizio del XIX secolo alla fase della separazione tra il sociale istituzionalizzato e la religiosità istituzionalizzata, il cosiddetto "assoluto laico" nel quale il civile e il religioso si separano con possibili reciproci antagonismi. Il senso religioso nei termini di "assoluto teologico" pervase la storia europea dal Medioevo fino alla fine del XVIII secolo quando si avviò la rottura del patto tra Stato e Chiesa e si sperimentarono le prime forme di Stato aconfessionale, laico. Causa e conseguenza a livello culturale fu la messa in discussione della morale come solo e universale sistema di comportamento religioso; un processo che si evidenziò nella seconda metà del XVII secolo e in quello successivo nei paesi europei con un dilagante fermento innovativo sul rapporto tra persona, Stato e religione, un processo che Hegel formalizzò con la distinzione tra morale ed etica.

Tornando alla tesi delle logge massoniche come prodotto della secolarizzazione del mondo occidentale l'affermazione è troppo generica per avere un valore esplicativo, inoltre si danno per scontate troppe cose che invece dovrebbero essere singolarmente e criticamente valutate. Accettando acriticamente questa tesi la conseguenza dell'affermazione sarebbe che le logge di fine XVII e inizio XVIII secolo fossero forme di secolarizzazione di un precedente fenomeno, quello delle corporazioni medioevali che a loro volta sarebbero state espressioni di una realtà socioeconomica caratterizzata dal religioso-spiritualista, una realtà non secolarizzata né laicizzata. Per logica conseguenza alle nascenti logge massoniche quindi mancherebbe il senso spirituale che avrebbe caratterizzato le corporazioni romane e medievali. In altri termini, secondo questa tesi il collegamento con il mondo del sacro e con il senso di spiritualità verrebbe a mancare e la massoneria sarebbe un riflesso della desacralizzazione e secolarizzazione della società, come a dire che le logge sono a pieno titolo espressione della cultura dominante desacralizzata e dei cambiamenti secolarizzati che si svolgono nella società. Dal punto di vista formale questa idea ha una qualche sua suggestione e attendibilità. C'è da considerare che le logge seicentesche seppure secretate e ben separate dalla società civile erano comunque costituite da uomini ben inseriti nella realtà socioculturale dell'epoca e che di questo processo di secolarizzazione non erano immuni. La questione però non viene posta dai cultori dell'idea della secolarizzazione massonica in questi termini, essi ne fanno un processo durato diversi secoli, processo che però gli storici ancora non hanno risolto per le problematiche sopra accennate e la loro idea è che ci sia un processo causalistico-lineare nella storia delle società occidentali. L'idea probabilmente viene da una acritica assunzione della filosofia illuministica e anche di tradizione precedente specialmente della chiesa cristiana che poneva effettivamente la storia umana come processo progressivo lineare-causalistico, una visione storicistica che massoni come Herder e molti altri contestarono.

Un'analisi più attenta e meno pregiudiziale mostra che gli uomini che costituirono le prime logge alla fine del 17° e inizio 18° secolo erano uomini che perseguivano piuttosto gli ideali di una cultura "laicizzata" che si stava sviluppando nel loro tempo e che vollero costituire una nuova realtà più moderna con regole assolutamente innovative i cui richiami a dei fenomeni culturali e a una realtà sociale di altri tempi (corporazioni medioevali) avevano solo valore ideale e allegorico. Vediamo allora che cosa erano nella realtà storica le tre istituzioni preposte alla costruzione di edifici civili e religiosi.

Collegia romani

In una certa pubblicistica massonica si addebitano alle prime forme romane di cooperazione del lavoro manifestazioni di esoterismo e di ritualismo iniziatico che proseguirebbero nella storia nelle corporazioni e gilde medioevali, pure queste permeate di esoterismo e con pratiche iniziatiche, fino alla massoneria moderna, decretando una sorta di continuità spiritualistico-misterologica. Come detto le associazioni di mestiere romane non erano chiamate corporazioni ma Collegia o anche corpora opificum quando ricevevano un riconoscimento giuridico[12]. Ogni organizzazione comunitaria era un Collegium e infatti pure quelle religiose dei pontefici, degli àuguri, dei feziali, dei luperci, degli arvali, dei salî, delle vestali erano Collegia[13]. Questi Collegia religiosi avevano stretti legami con la vita civile e politica, prefigurando le prime forme del citato assoluto teologico. Tuttavia è da osservare che la scelta dei membri era fatta con modalità non iniziatiche ma di cerimonialità religiosa e civile assieme. Di ben altro aspetto erano le religioni misterico-iniziatiche che si coltivavano fuori dalle cerimonialità religioso-civili come quelli eleusini, dionisiaci, orfici, sabazi e cabirici e in epoca più avanzata quelli mitraici e attisici e altri di derivazione egizia e persiana[14]. Queste religioni proprio per il loro carattere iniziatico non potevano essere professate in condizioni sociali ed economiche, politiche e culturali aperte ai profani[15] e dunque neppure nelle corporazioni. Ciò non toglie che forme di tradizione religiosa antica fossero presenti nelle classi sociali meno acculturate, ma esse erano accolte più come forme di vita associativa che riservata e che l'espandersi delle conquiste romane portassero culti esotici che suscitavano emozioni e curiosità specialmente nella fase di decadenza dell'impero, stabilendo un netto confine tra la pietà popolare e le classi più acculturate[16], culti che nel popolo assumevano spesso forme orgiastico-entusiaste come nei culti dai forti inquinamenti orientali di Dioniso e di Cibele, che però in ristretti circoli avevano rituali iniziatico-misterici[17]. Ugualmente è da rilevare che i culti religiosi, anche misterici, presso il popolo erano semplificati e resi accessibili, a differenza delle forme più iniziatiche, riservate a pochi eletti[18].

Le informazioni sui Collegia e Corpora (collegi e associazioni di mestiere) romani sono rare in epoca repubblicana e più numerose in quella imperiale; costituite per lo più da iscrizioni (se ne conoscono complessivamente 196) e da alcuni riferimenti di Livio, Tacito[19], Cicerone, Plinio e altri minori e successivamente in epoca tardo-imperiale dai molti giuristi che trattavano di problematiche conflittuali tra Stato e Collegia o della definizione delle loro regolamentazioni interne. Questi documenti trattano praticamente sempre dei rapporti tra i Collegia e lo Stato, specialmente il fabrorum che era il più rappresentativo raccogliendo molte diverse attività manifatturiere, e illustrano anche la loro organizzazione amministrativa e i compiti pubblici che dovevano svolgere, le obbligazioni statali e i privilegi in materia di imposte riservate ai soli costruttori (sed artificium dumtaxat). Ciò che le caratterizzava in rapporto alla società e alle autorità civile era il loro carattere di necessaria opera publicis utilitatibus, in mancanza di ciò non erano riconosciute e non potevano operare[20]. I Collegia erano comunque di tre tipi diversi: professionali, religiosi e governativo-amministrativi e la loro appartenenza non era saltuaria ma implicava una continuità.

A detta di Plutarco[21] ci fu il riconoscimento ufficiale deiCollegia opificumfin dall'età regale per le professioni difalegnami, stavigliai, cuoiai, calzolai, tintori, calderai, orefici e suonatori di flauto. Secondo il giureconsulto Gaio i Collegia erano già presenti presso i greci che li chiamavano ἑταιϱείαν (etaireìan) intese come associazioni politiche e anche di mestiere, caratterizzate dalla solidarietà tra i propri membri. I Collegia structorum (associazioni dei costruttori) accorpavano molteplici professionalità, come gli arcuarii, specializzati nella costruzione delle volte che implicavano complesse strutture lignee di supporto alla costruzione. La stessa lavorazione della pietra necessitava di diverse professionalità per cui esistevano i Collegia dei lapidarii, marmorarii, quadratarii. Non dissimile il caso per la lavorazione del ferro che contemplava i ferrarii, clavarii, tignarii, legnarii, centonarii, rectores materiarum[22]. I Collegia in epoca repubblicana e imperiale non erano associazioni volontariamente costituite ma costituite per legge senatoriale o imperiale e a cui era obbligatorio associarsi, se si voleva operare si doveva esserne membri. A tali associazioni di mestiere si concedevano, in cambio di corvée per pubblica utilità[23], degli speciali privilegi come l'esenzione da certi obblighi pubblici, dal servizio militare e da imposte straordinarie. La regolamentazione dei rapporti tra stato e Collegia era ben precisata nell'impero bizantino e nelle regioni italiche sotto la sua dominazione fino al IX secolo[24].

Alcuni Autori latini riportano che il Collegium fabrorum aveva come ente protettore Giano e che gli si facevano sacrifici. Ciò non stupisce, la pratica di riferirsi a qualche divinità o nume era molto diffusa nelle attività sociali ed economiche in ogni epoca della cultura romana e successiva[25]. Si distingueva tra gli altri il Collegium fabri tignari (corporazione dei costruttori e carpentieri) poiché istoriava orgogliosamente il proprio altare sacrificale con gli strumenti della sua arte[26] ma solo come logo o marchi della propria attività, essi erano "segni" (in senso linguistico) o emblemi e non simboli; una sorta di marchio di fabbrica in senso moderno.

I Collegia di imprenditori non erano organizzazioni a scopo religioso o sacrale ma professionale, autorizzate e controllate dalle autorità civili[27]. Di Plinio si conosce uno scritto sul dibattito senatoriale de instituendo collegium frabrorum[28] a dimostrazione del fatto che l'istituzione di un Collegium non avveniva spontaneamente ma che veniva concessa a un gruppo di imprenditori che volevano instaurare un rapporto economico-finanziario e fiscale con lo Stato (res publica)[29].

Dice Carrié: « à l'époque tardive tout les membres d'une profession faisaient ipso facto partie du collège correspondant »[30] [in epoca tarda tutti i membri di una professione facevano parte ipso facto del rispettivo collegio]. Questo ipso facto, nel senso di automatismo, documenterebbe che anche nel tardo Impero i Collegia non avevano una logica costitutiva iniziatica, ma vi entrava per diritto/dovere della legge e chi ne era membro era chiamato co-ptarius, accettato dai membri del Collegium con la formula del recipere in Collegium. Esistevano tuttavia dei Collegia non riconosciuti e con valore religioso-solidale come i Collegia funeraticia, che si occupavano dei funerali che avevano un alto valore sacrale. Da questi probabilmente derivarono certe forme associative medievali solidaristiche e religiose, le cosiddette "confraternite".

Riguardo ai Collegia professionali in età repubblicana e imperiale le informazioni, desumibili solo da Livio e Cicerone, non parlano di pratiche esoteriche, misteriche o altro, né che l'ammissione e l'organizzazione dei pontifices fosse di tipo iniziatico; i due Autori citano solo alcune regole amministrative per la loro elezione, la composizione del direttivo e poco più[31], Plinio asserisce che il Collegium dei Pontefici avesse solo funzioni religiose e non di amministrazione pubblica[32], e che tali funzioni erano di gelosa conservazione della religiosità tradizionale[33], ma altro non si sa. Insomma, le corporazioni d'epoca romana erano costituite da imprenditori per patteggiare i propri interessi davanti alle autorità e utilizzavano sofisticate tecniche professionali che non avevano nulla di esoterico e anzi erano conosciute e applicate in tutto l'Impero[34]. Per una serie di ovvie ragioni non c'era motivo di tenere segrete le conoscenze e le tecniche costruttive possedute dai Collegia structorum[35]; cosa invece necessaria nel Medioevo quando quelle conoscenze e tecniche si erano perse collettivamente e venivano rielaborate solo da chi ne aveva le capacità intellettuali e culturali e le metteva a disposizione di organizzazioni disposte a pagare tali conoscenze. In quest'ultima epoca l'economia era priva di controllo statale e la competizione tra corporazioni era assai vivace e conveniva conservare il "segreto industriale" per ottenere le commesse. È noto che era costume e norma perentoria delle corporazioni che alla fine dei lavori ogni documento fosse distrutto, probabilmente per evitare che altre corporazioni concorrenti potessero copiare le metodiche costruttive e infatti questo monopolio tecnico-progettuale[36] era difeso con patti interni di segretezza. Incidentalmente è curioso notare che la pratica di distruggere i documenti fu ripresa dalle prime logge massoniche che eliminavano alla fine dei lavori ogni traccia di ciò che apparteneva ai rituali evitando accuratamente che trapelassero fuori dalla loggia massonica informazioni su ciò che in essa si svolgeva. Ma questo certamente non giustifica una continuità storica tra il presente e quel passato.

Di là dai Collegia religiosi o politici, i Collegia e i Corpi a carattere economico-produttivo in questa loro funzione pubblica, laica ed economica non si differivano dalle gilde e corporazioni medioevali, nel senso che nel Medioevo si proseguì la tradizione organizzativa e professionale romana per scopi economici e non per tradizione religiosa o iniziatica o esoterica. I rituali e le cerimonie di carattere civile e politico rispondevano alla diffusa religiosità del tempo e con non poca disinvoltura queste modalità religiose le si utilizzavano per una migliore appropriazione del consenso sociale a diretti scopi politici, infatti le corporazioni erano connesse ai potentati politici e religiosi che assicuravano le commesse.

Si afferma talora che i costruttori romani possedessero delle conoscenze esoteriche come quelle pitagoriche. Le tesi elaborate da Pitagora e dai suoi discepoli e da tutta la cultura aritmetica e geometrica dell'antichità erano conoscenze sviluppate da un élite facente parte di un'accademia di tipo speculativo, simile a quella platonica o aristotelica, con un più di scientificità[37], e tali sapienze rapidamente furono conosciute da tutti e applicate dai romani per la loro funzionalità tecnica e non certo per la loro "valenza" esoterica. La costruzione di un ponte, di un circo o di una domus non assolveva scopi esoterici e la presenza di eventuali affreschi o statue di richiamo esoterico non giustificavano la costruzione in sé né l'operatività di chi costruiva, ma eventualmente i bisogni culturali e religiosi del committente. Le cerimonialità legate alle costruzioni di circhi, terme, ponti o acquedotti erano dei rituali sociali con forte dimensione politica ulteriormente validata da cerimonie religiose, così come i loro scopi d'edificazione. Nel caso dei templi, come per ogni edificio religioso ovunque e sempre, le condizioni erano diverse, ma l'eventuale modalità esoterica era riservata ai committenti e all'edificio in sé e non addebitabile all'impresa costruttrice.

I principi aritmetico-geometrici del costruire erano noti a moltissime popolazioni che si scambiavano tra loro queste conoscenze e infatti le tecniche costruttive di un popolo passavano rapidamente a un altro popolo e senza speciali ritualità. Le opere edili civili e religiose dei romani spargevano tali conoscenze tecnologiche nell'intera Europa romanizzata e altrove. Naturalmente non erano conoscenze "popolari", ma un bagaglio scientifico-culturale di specialisti e tecnici con elevata cultura, non erano cioè riservate a maghi, esoteristi o iniziati. I romani elaborarono autonomamente alcune tecniche costruttive, come ad esempio l'arco e la volta, ignote ai precedenti costruttori e questa elaborazione veniva dall'approfondimento creativo delle tecniche apprese principalmente dagli Etruschi, dai Greci, dagli Egizi e altre popolazioni mediorientali ed è difficile rappresentare l'arco o la volta come un'elaborazione del pensiero iniziatico-esoterico. Il fatto che certe elaborazioni "scientifiche" fossero sviluppate da comunità riservate a specialisti, eruditi in particolari materie, come ad esempio le accademie greche, elleniche o italiche, non fanno diventare ipso facto tali conoscenze come iniziatico-esoteriche.

In definitiva i Collegia erano strutture economiche "secolari" in un mondo non secolarizzato; un mondo impregnato di religiosità ma che presentava come in ogni realtà sociale anche aspetti prettamente secolari e se in questi aspetti erano presenti delle valenze ritualistiche e cerimoniali queste non sono necessariamente definibili come iniziatiche o esoteriche. Ogni asserzione sui caratteri esoterico-iniziatici delle corporazioni romane è una sovrainterpretazione fondata sulla fantasia, allo scopo di creare un mitologema nei termini del cum hoc vel post hoc, ergo propter hoc.

Le Universitates medioevali

La dissoluzione statale dell'impero romano fu anche la dissoluzione giuridica delle istituzioni conseguente al radicale cambiamento dell'economia europea ed extraeuropea.

L'economia imperiale romana che si fondava principalmente sulla guerra e la conquista crollò. Nulla rimase uguale a prima, lo jus romanum si adattò alle peculiarità dei nuovi conquistatori, non ultimi gli imperatori d'origine non latina, e alle loro tradizioni culturali anche se ne rimase a fondamenta, per cui le quotidiane realtà sociali venivano mutuate in forme giurisprudenziali diverse. Alle comunità di persone con lo stesso mestiere (i Collegia) non potevano subentrare istituzioni sociali economicamente diverse, il momento storico non consentiva né salti ideologici né economici od operativi. In un periodo di grave crisi economica ove l'oro non era più la moneta di cambio[38], quando i commerci internazionali crollavano per la mancanza di un'organizzazione statale che li controllasse e amministrasse, quando le città si ridussero drasticamente dalle circa duemila di epoca romana a villaggi di decine di famiglie ci si organizzò seguendo i locali costumi precedenti[39]. L'unica possibilità per una nuova economia di mantenere una certa solidità fu rappresentata dalle Universitates (personarum)[40] [associazioni di persone], strutture che progressivamente si resero autonome dai poteri locali assicurando ai propri associati delle forme di solidarietà e di controllo dell'esclusività delle conoscenze tecnologiche a differenza di prima quando le innovazioni tecnologiche passavano da una parte all'altra dell'Impero. La frantumazione del potere statale e istituzionale dell'impero cambiò lo scenario. Le invasioni barbariche portarono nuove forme di associazionismo basato sullo "affratellamento" caratterizzato da diversi criteri che non erano quelli della parentela o della discendenza; erano le "consociazioni volontarie" e libere che Gierke chiama Genossenschaften[41] di genuino diritto germanico, contraddistinte dalle funzioni sia religiose che civili. Per non pochi storici le corporazioni sorte negli agglomerati urbani dell'Alto Medioevo contribuirono a sviluppare tali agglomerati in città, assumendo quindi anche un certo carattere politico per i privilegi che ottenevano dalle autorità civili; specialmente in Inghilterra questo processo ebbe una consistente rilevanza[42]. La forza politica delle corporazioni si rafforzò sempre più tanto che nel XV secolo a Münster nessun membro della corporazione poteva essere arrestato senza l'autorizzazione delle corporazioni e specialmente in Italia questo potere fu molto forte[43], ma anche in Inghilterra sotto Edoardo II, al punto che ci furono rivolte di piccoli borghesi contro le gilde dei commercianti che spadroneggiavano sui cittadini più poveri e che imponevano tasse esose[44]; tale condizione di potere direttivo, che si appoggiava a un riconoscimento religioso[45], era anche presente anche in Francia[46].

Le nuove corporazioni dall'XI secolo in poi si rinserrarono in una difesa del proprio know-how (conoscenze tecniche) di mestiere. Lo sviluppo tecnologico, prima generalizzato e pubblico, diventò possesso privatistico all'interno di categorie professionali sempre più esclusive e in forte competizione tra loro. Le corporazioni riuscirono a conservare il principio presente nella legislazione dell'impero romano per cui nessuno poteva svolgere una qualsiasi attività non agricola senza essere membro di una gilda, indirizzata alle attività commerciali, o di una corporazione, direttamente dedicata ad attività produttivo/manifatturiera. Le innovazioni scientifico- tecnologiche non venivano pubblicizzate, rimanevano patrimonio esclusivo delle singole professionalità, un capitale intellettuale protetto con meccanismi coercitivi in nulla diversi dagli attuali segreti industriali che impongono alle dirigenze e maestranze di non divulgare i processi produttivi alla concorrenza. In tal modo il vincolo della segretezza assicurava alle corporazioni medievali una maggiore capacità competitiva davanti alle altre corporazioni dello stesso mestiere. Ogni innovativo processo produttivo che comportava una maggiore e più facile acquisizione di commesse doveva rimanere all'interno delle superiori gerarchie operative. Da ciò scaturirono meccanismi di accettazione dei nuovi mestieranti su basi ritualistiche e cerimoniali che determinano differenziazioni di livello professionale ben articolate con una progressività conoscitiva del mestiere sempre più sofisticata e riservata.

Vivace e senza rispetto era la lotta per l'acquisizione di importanti commesse come ad esempio l'edificazione di sofisticate e imponenti costruzioni civili o religiose. Non si hanno notizie storiche sulle manovre del cosiddetto spionaggio industriale che probabilmente era ben dinamico e a ciò si poteva porre un freno imponendo con modalità rituali la non divulgazione delle tecnologie e conoscenze che durante l'opera si potevano acquisire. Il discorso sulla segretezza delle tecniche costruttive (ancora non esisteva un corpus teorico come l'ingegneria o l'architettura in senso moderno) a ben vedere sembra più un formalismo che una realtà operativa, infatti un bravo costruttore o artigiano che finita la sua opera avesse voluto trasferirsi presso una corporazione di altra regione o nazione non aveva bisogno di particolari segni o gesti per far riconoscere le proprie abilità professionali e comunque queste erano ormai un suo patrimonio personale che non poteva ignorare e tali segni e gesti avevano più un significato cerimoniale che iniziatico, una sorta di attestato professionale gestuale e verbale[47].

Le ritualità interne alla corporazione, per assicurare la solidità della corporazione stessa, dovevano avere quindi delle formulazioni di indiscutibilità che solo una loro "sacralizzazione laica" poteva assicurare, tuttavia nel clima culturale di assolutezza teologica la migliore sinecura era quella di ammantare di religiosità tali ritualità. A livello individuale l'entrata nella corporazione come persona con buone potenzialità di mestiere voleva dire uno sviluppo professionale altrimenti inattuabile, era quindi un momento molto importante per chi voleva acquisire una perizia tecnica e per la stessa organizzazione aveva anche il senso di aumentare e rendere stabile il proprio capitale umano. Come detto, il sistema corporativo era assicurato da un sistema giuridico locale e/o nazionale che su pressione delle stesse corporazioni e gilde non consentiva di essere operativi se non appartenendo a un'associazione di mestiere, riprendendo i dettati originali dello ius romanum.

Fino a che la situazione economica e produttiva visse una fase di stagnazione con modesti livelli di stagflazione, alle corporazioni era consentito di operare in modo alquanto stabile; in realtà la situazione dei processi sociali di produzione erano tutt'altro che solidi, la permanenza delle condizioni socioproduttive era in vero soltanto espressione di una rigidità artificiosa fondata sulla forza dei più potenti sui più deboli. Le corporazioni e le gilde erano le forze potenti che dominavano la struttura economico-produttiva, vere e proprie lobbies dell'epoca, con le quali anche i poteri statali e istituzionali dovevano venire a patti. Esse avevano il positivo effetto di rendere continuative le attività produttive e l'intera economia ma allo stesso tempo la rigidità tecnico-economica negli aspetti strutturali e sovrastrutturali di tali associazioni non poteva rispondere con la necessaria flessibilità ai mutamenti delle società e delle istituzioni giuridiche e di governo; erano infine un fenomeno di rigidità dentro una realtà estremamente mutevole. Il fatto che le corporazioni fossero legate a stretto filo con le istituzioni politiche cittadine e nazionali non è semplicisticamente giustificabile su un carattere di flessibilità negoziale delle corporazioni stesse[48], era piuttosto il necessario relazionarsi tra struttura economica e sovrastruttura politica. Una relazione che vedeva i poteri politici connessi alle corporazioni rinunciare a intervenire nelle questioni interne delle corporazioni stesse, al contrario dell'epoca romana quando le corporazioni erano sotto il controllo delle leggi e della giurisprudenza dello Stato. Questa relazione però quando il potere civile assumeva un'importanza primaria, come nelle situazioni di potere comunale, capace anche di opporsi al potere imperiale, le corporazioni erano sottomesse alle leggi e alle giurisprudenze dettate dal potere politico[49].

È comunque da rilevare che dentro questa "rigidità" strutturale le corporazioni espressero dopo il X secolo molte innovazioni tecnologiche e di organizzazione produttiva[50] rispetto al periodo dell'Alto Medioevo disastrato politicamente, economicamente e legislativamente dalle invasioni barbariche.

Per comprendere questo fenomeno delle corporazioni di mestiere si deve andare indietro nel tempo, alla fine dell'Impero Romano, quando crollò da una parte il valore della moneta, l'economia e l'industria e dall'altra quando il sistema di valori religiosi latini dovette cedere il passo a culture e religioni venute dall'area nordorientale europea e da quella ellenistica e mediorientale.

L'economia tardo imperiale, con gli enormi territori conquistati, si fondava ancora sulla grande massa di schiavi che sostenevano l'agricoltura, la manifattura e l'industria; una quantità talmente elevata da aver reso il prezzo degli schiavi alla portata di quasi tutti gli uomini liberi e perfino i liberti, schiavi affrancati, potevano comprarne qualcuno[51]. In quest'epoca gli schiavi nella quasi totalità erano barbari di regioni della cintura estrema dell'impero e neppure le teologie umanitarie del neocristianesimo greco-latino mettevano in dubbio la necessità della schiavitù.

È noto che tra i Collegia dell'impero romano e le prime forme di associazionismo di mestiere medioevale c'è un vuoto di quasi cinque secoli. Il crollo dell'impero e del suo sistema economico lo si data dal V secolo[52], ma le crisi erano anche precedenti, e i Collegia in tali condizioni non potevano più operare. Le prime corporazioni di mestiere (Universitates) si avviarono tra la fine del X e inizio del XI secolo quando l'economia generale incominciò a riprendersi e si incrementarono gli scambi commerciali interni ed esteri; fu l'epoca in cui le potenze marinare specialmente italiane iniziarono il loro sviluppo[53]. È dunque difficile dimostrare una diretta continuità storica tra Collegia e Universitates. La continuità era di logica produttiva poiché in mancanza di alternative permaneva la condizione di accorparsi sulla base dello stesso mestiere, ma ciò non era una scelta e neppure una causa della creazione delle Universitates ma una conseguenza di un'economia frantumata in via di ricostruzione. La differenza tra le due istituzioni economiche, Collegia e Universitates, era netta, i Collegia operavano solo se autorizzati dal potere politico e con regole definite dallo stato e non interne, mentre le Universitates erano libere da ogni vincolo e le proprie regole erano stabilite dai responsabili e amministratori della corporazione o gilda. Gli stessi poteri statali e giuridici non potevano intromettersi nelle questioni interne e nelle regolamentazioni delle corporazioni specialmente, come detto sopra, in situazioni comunali; vedremo poi che in ambito giuridico le cose non erano così nette. Nell'Impero nessuno poteva svolgere un'attività se non apparteneva a un Collegium mentre questa regola per le gilde e le corporazioni subentrò molto più tardi quando i poteri centrali e cittadini si rafforzarono. Unica eccezione fu nelle regioni italiane sotto dominio bizantino dove erano presenti nel VII secolo delle residuali corporazioni di tipo romano chiamate scholae, sotto il controllo pubblico[54]. Nell'area nord-europea erano comunque presenti nel VI secolo delle corporazioni e in particolare le gilde[55], però ambedue erano più che altro delle confraternite caratterizzate dalla solidarietà tra i membri, l'affratellamento di cui sopra. Sotto i Longobardi sussistevano rari casi di corporazioni di mestiere che erano regolamentate (ad es. con l'editto di Rotari) come i magistri comancini, costruttori con libertà di movimento da regione a regione, e i saponai piacentini. Le prime forme di regime monopolistico delle attività produttive, corrispondendo tasse all'erario regio, si formarono nel XI secolo con i miniteria di mercanti, pescatori, cuoiai, barcaioli, saponai. Nell'epoca della fine dei poteri centrali, frantumati ormai tra nobili, feudatari e vescovi, le associazioni di mestiere assunsero più precisi caratteri religiosi quando erano sottoposti ai vescovati perdendo così quella natura di aggregazione di mestiere svincolata dalla religione come i Collegia d'epoca imperiale. Il controllo da parte dei poteri pubblici si rafforzò nel periodo comunale e dell'economia urbana impedendo alle attività d'interesse pubblico di operare senza la vigilanza civile.

Le corporazioni e gilde medioevali nacquero in Europa[56] con la fine del feudalesimo e il sorgere delle libere attività economiche, libere per il disfacimento delle istituzioni governative centrali. Per prime apparvero quelle mercantili; la prima corporazione di mercanti apparve ufficialmente in Inghilterra nel 1087 e presto si inserirono nel vissuto civile e amministrativo, mentre quelle artigianali sorsero subito dopo, sempre in Inghilterra nel 1100 con quella dei tessitori di Oxford, ma in ruolo subordinato alle mercantili dato che questi lavoratori erano esclusi dall'affiliazione alle gilde mercantili[57]. Si hanno notizie indirette che nello stesso periodo apparvero simili corporazioni in Germania e nelle Fiandre. Parallelamente, nella più ampia organizzazione delle attività socio-economiche che comprendevano anche i collegi professionali, le confraternite religiose e le consorterie nobiliari, si collocavano le gilde di tipo mercantile e artigianale.

Non esistono al momento documenti statutari prima del XIII e XIV secolo che illustrino le pratiche delle corporazioni di mestiere e presumibilmente tutto era trasmesso oralmente. Unico riferimento è L'Histoire des rois de Bretagne di Goffrey de Monmouth ove si parla delle sette arti liberali e della geometria e di una leggendaria storia del Mestiere (Craft) e dei doveri morali e professionali dei "muratori" (maçon). Dopo, dal 1390 circa in poi si conoscono altri statuti di corporazioni muratorie noti come Old Charges o Antiens Devoirs studiati dai fondatori della prima Grand Lodge (1717) e idealmente alla base delle Constitutions of Free Masons redatte da Anderson (1723)[58].

Elemento fondante di tali associazioni di mestiere, in particolare di quelle produttivo-industriali, era la difesa del monopolio dell'attività e delle tecniche operative possedute dai propri capimastri e il controllo della produzione. Specialmente nelle mercantili era importante la qualità del lavoro svolto, per cui i regolamenti interni stabilivano norme precise sulle materie prime da usare, gli strumenti e le tecniche di lavorazione. Tali regolamenti definivano un'uguaglianza formale tra gli iscritti per impedire la concorrenza sleale, pur se divisi gerarchicamente tra semplici lavoranti, apprendisti e maestri con notevoli diversità economiche tra loro. L'apprendistato nelle associazioni di mestiere era rigidamente codificato così come le dispute tra affiliati erano esclusiva materia dell'associazione e il cui appello in certe situazioni regionali era demandato solo all'autorità regale. Un classico esempio dell'estraneazione del potere cittadino dalle questioni interne della corporazione. Le corporazioni e le gilde erano amministrate con diversi livelli di potere per le diverse attività svolte, insomma era un complesso di attività amministrative, civili e operative che non erano riducibili alla sola attività di cantiere. Dietro al cantiere c'era una complessa articolazione di attività economiche, organizzative e di relazioni sociali e politiche che erano di competenza del gruppo dirigente e nel quale il ruolo del progettista o architetto dell'opera da realizzare era sussidiaria. Il cantiere era l'ultima fase di una grande operatività senza la quale nessun progetto avrebbe potuto avviarsi[59].

Una tesi alquanto diffusa tra alcuni storici è che in Francia nel XV secolo si fosse sviluppata una particolare forma corporativa dei lavoranti, il compagnonnage, una primordiale forma di coalizione operaia in opposizione alla gestione autocratica dei maestri di corporazione. La tesi conflittuale è dubbia e difficilmente avvalorabile ma probabile, infatti come si è visto sopra in certi casi il potere delle corporazioni creò dei dissidi e dell'allarme sociale nelle classi inferiori.

Negli oltre cento documenti ufficiali conosciuti delle corporazioni medioevali e di epoca successiva, sono pochi quelli che illustrano delle cerimonie di affiliazione o accettazione di nuovi membri, che però non possono essere intese come iniziazioni in senso stretto. Ugualmente i riferimenti di tipo religioso cristiano come parti di preghiere o appelli alla divinità e santi, non davano uno specifico valore sacrale o spirituale ai documenti, facendo parte di un'ufficialità ammantata del comune senso religioso che allora imperava, quell'assolutismo teologico sopra citato, dove nomina sunt numina, dove le parole rispecchiano il divino anche nei documenti politici. In definitiva queste attestazioni di religiosità non possono caratterizzare le corporazioni come gruppi di spiritualità o comunque votati al sacro, che invece era ben altrimenti espressa nei gruppi conventuali e nelle confraternite, associazioni connesse alle corporazioni e gilde ma con diversi scopi e funzioni. In ogni modo era prevalente la funzione di stabilità economica e di conservazione del potere politico istituzionale fino al XVI secolo, quando invece gli Stati assunsero un carattere geopolitico e di controllo più ampio; quando si definirono maggiormente le prime forme di professionalità indipendente dalle corporazioni e si svilupparono le conoscenze tecniche al punto di non poter essere segretate. Ma fu il Seicento che avviò il definitivo processo di dissoluzione delle corporazioni per complesse ragioni, sia riguardo al loro potere civile e politico sia riguardo alla loro funzione economica, come si vedrà di seguito.

La crisi delle corporazioni nel seicento

Nella mito-storia massonica si presenta il fenomeno delle gilde dei commercianti e delle corporazioni di mestiere (di tipo produttivo) come se dal X e XI fino all'inizio del XVIII secolo queste fossero rimaste uguali a se stesse e, con ingenua generalizzazione, non avessero differenze normative interne, non fossero regolamentate legislativamente dai poteri civili, non operassero organizzativamente e funzionalmente in modo diverso e non avessero una distribuzione territoriale a macchia di leopardo in tutta l'Europa. Inoltre non si considera che nei vari paesi le corporazioni avevano nomi diversi e che spesso, come in Gran Bretagna (Inghilterra, Scozia, Irlanda) si usava la stessa denominazione per realtà associative diverse, accomunando ad esempio le corporazioni alle confraternite. È da dire però che una conoscenza dei nomi delle corporazioni, sempre connessi all'attività svolta, rileva la differenza dalle confraternite denominate da un riferimento prettamente religioso, un luogo di culto, un santo o un elemento trinitario. Operando per applicazione del post hoc, ergo ante hoc si giunge paradossalmente a ignorare la discontinuità della realtà corporativa nel corso della storia e anche ogni analisi sulla situazione di profonda crisi istituzionale ed economica delle corporazioni nel Seicento coincidente con il sorgere delle prime logge non operative. Una tesi di continuità storico-sociale e spirituale (sic) che non spiega perché in una situazione generalizzata di crisi continentale delle corporazioni solo in Scozia e Inghilterra ci sarebbe stata tale continuità. Si potrebbe affermare con una certa attendibilità che le logge massoniche non sono effetto diretto delle corporazioni, ma furono la risposta "socioculturale" a più complessi fenomeni tra cui la dissoluzione della funzione civile ed economica delle stesse corporazioni.

Nel XVII secolo le mutate condizioni economiche delle nazioni europee videro per più motivi decadere l'importanza delle corporazioni di mestiere. Questo fu un secolo di grave crisi generale dovuta a plurimi fattori che da singolarmente non giustificano le gravi problematiche generali ma la cui interazione ebbe sinergici risultati negativi. Strutturalmente tali fattori furono: le pestilenze e le numerose guerre locali con il conseguente improvviso arresto dell'incremento demografico, la diminuzione del volume degli scambi commerciali internazionali per problemi locali, la regressione della produzione agricola, il ristagno dello sviluppo tecnologico e tutta una numerosa serie di altri fattori minori sia strutturali sia sovrastrutturali.

Riprendendo il tema della segretezza, così importante in ambito massonico, con il passare del tempo, dal XVI secolo in poi, conservare il segreto sulle tecnologie era un'impresa difficile da realizzare; lo sviluppo scientifico faceva comprendere, a chi aveva istruzione ed esperienze professionali adeguate, i principî tecnici un tempo gelosamente conservati; ormai era possibile dal manufatto compiuto risalire ai suoi principî costruttivo-teorici. Ciò che però più importa è che le singole professionalità da sole non potevano sopravvivere e con acume imprenditoriale le corporazioni e le gilde si coalizzarono in strutture più ampie rispetto alla corporazione del singolo mestiere. Se una volta nella costruzione di un grande edificio civile o religioso venivano coinvolte molte corporazioni, quelle della muratoria della carpenteria degli scultori e pittori dei fabbri vetrai ebanisti e tanti altri ancora, in questa nuova realtà socioeconomica ognuna da sola vedeva ridursi drasticamente le possibilità operative ed economiche. La soluzione fu obbligata: accorparsi in strutture organizzative più ampie comprendenti plurime specializzazioni per ottenere contratti e appalti vantaggiosi per tutti, assicurando così un'opera completa senza dover costringere il committente a contrattare con diverse corporazioni e subire il ricatto del "senza di noi e alle nostre condizioni non finisci l'opera". I committenti ben consapevoli di avere finalmente una capacità contrattuale maggiore davanti alle corporazioni favorirono, sotto i plurimi aspetti della giurisprudenza, della legislazione e della prassi operativa, l'indirizzarsi ai risultati piuttosto che alle modalità di raggiungimento dei risultati. La competizione per il mercato degli appalti e la conseguente razionalizzazione operativa misero in secondo piano gli aspetti sovrastrutturali dell'operatività per cui all'efficacia si affiancò con prepotenza l'efficienza e le costruzioni di grandi opere non durarono più alcuni secoli ma pochi decenni. Efficacia ed efficienza tecnico-organizzativa fecero sì che i legami con la storia e la cultura antica così come i riferimenti a simbolismi e misticismi di varie matrici esoteriche assumessero delle modalità formali che miravano all'estetica piuttosto che alla pedagogia del cittadino o del fedele e ciò è ben visibile ad esempio nella facciata della cattedrale di Granada e nella successiva cattedrale spagnola dei costruttori Churriguera di Siviglia. La sostanza si fece "invisibile", coperta da sovrastrutture grondanti la formalità "visibile" del tardo barocco e del rococò che invase anche lo stile iconografico massonico. Neppure si può tralasciare il fatto che certe conoscenze esoteriche come la cabalistica, portate a conoscenza in Europa e specialmente in Italia dalla diaspora dei cabalisti ebrei dopo il 1492, ma ugualmente tante conoscenze ermetiche, astrologiche, magiche non facevano parte delle sapienze generali dei membri delle corporazioni essendo scritte in lingue come il greco o l'arabo ignote alla massa della gente del Medioevo e conosciute solo a ristretti circoli di clerici. Si deve arrivare al XVI secolo perché con le traduzioni di Ficino e Pico della Mirandola queste conoscenze si allarghino a circoli più vasti. È dunque difficile pensare, ancora una volta, che nelle corporazioni anteriori al XV secolo si avessero nozioni esoteriche ben definite ma solo vaghe e frammentarie informazioni introdotte da persone che avevano rapporti di vario tipo con paesi lontani. Ma alla fine di questo quindicesimo secolo le situazioni economiche sociali e culturali, comprese quelle religiose, cambiarono drasticamente.

Scienza e tecnica nel Basso Medioevo

Per le residuali corporazioni di mestiere seicentesche l'obiettivo contrattuale da realizzare s'impose nei termini di una diversa tempistica realizzativa nel senso che la possibilità di usufruire del risultato il prima possibile obbligava a una diversa organizzazione del lavoro. Se prima l'intervento di una specializzazione veniva condizionato da quello di altre specializzazioni da contrattualizzare nel corso dell'opera, oramai si chiede alla stessa impresa (corporazione pluridimensionata di mestieri) di assicurare nei tempi dovuti il risultato. Le nuove corporazioni di accorpati mestieri potevano assicurare le richieste dei committenti che operavano per i più disparati motivi alla realizzazione delle stringenti contingenze di un potere politico molto variabile nello spazio e anche nel tempo, un potere ansioso di tramandarsi prima di scomparire dalla faccia della politica e della storia.

Le normative interne medioevali di tipo esclusivistico con gli osteggiati ritualismi religiosi, la logica aristotelica della pervadente gerarchia onnisciente in ogni ambito dell'attività umana profana e spirituale si sfaldarono. Ora le professionalità individuali rivendicavano la propria specificità, apponendo anche il nome dell'autore e l'anno di realizzazione sulle opere e si videro sorgere le prime forme di socialità professionale che prefigurano le future Trade Unions o sindacati. Le corporazioni non soddisfano più i bisogni di affermazione professionale dei molti che non volevano aspettare i lunghi tempi di passaggio da una categoria di professionalità a una superiore. Nel Seicento ormai le opere sono firmate dal progettista o architetto e non più anonimamente dalla corporazione. Pensare che l'anonimato della progettazione e realizzazione abbia un significato di sacralizzazione opposta alla secolarizzazione ovviamente non avrebbe senso, era solo il segno di tempi passati quando l'opera era frutto di un'intera collettività e nella quale il singolo, architetto o manovale, non aveva un suo personalistico significato socioculturale, tempo nel quale il singolo s'identificava in una compagine sociale. In questa nuova epoca l'unica rimanenza storica era il committente non in forma di personaggi storicamente definibili ma di gruppi sociali operanti pubblicamente, per cui alla fine chi datava e significava l'opera era il committente e non il realizzatore (corporazione), anche se per gli storici dell'arte prioritario rimane il nome del progettista.

Dopo la fine del Medioevo le conoscenze tecnologiche si svilupparono rapidamente con caratteri di "scientificità" che erano riservati a pochi geniali personaggi. Si fece avanti la figura del realizzatore dell'opera che imprimeva sull'opera stessa il marchio della sua individualità artistica e tecnica. Il Maestro come figura intellettuale s'impose non solo sul committente ma anche sull'intera collettività degli operativi realizzatori dell'opera, collettività che non identificava se stessa ma si rappresentava in un magistrale individuo. A livello di attività costruttiva si tramanda il nome dell'architetto ma non i nomi di decine di maestri delle tante specializzazioni che avevano contribuito complessivamente all'opera. Esempio noto fu la costruzione della cattedrale di Saint Paul di Londra di cui si sa molto del suo architetto, Christopher Wren, ma poco o nulla della corporazione che la realizzò e dei suoi capimastri. Erano i primi timidi passi costitutivi delle libere professioni.

Il fenomeno corporativo non può essere strappato dal contesto sociale, giuridico, politico e culturale, per cui deve essere contestualizzato nelle situazioni di macroeconomia e questa situazione di crisi di un passato in disgregazione appare proprio con il sorgere del XVII secolo impregnato di problematiche non risolvibili con gli schemi solutivi dei secoli passati e quindi con la crisi delle funzioni socioeconomiche delle corporazioni.

D'altra parte poiché la Massoneria nasce in Inghilterra è al contesto dei territori britannici (Inghilterra Scozia e Irlanda) che si deve guardare. Il XVII secolo è drammatico: guerre e devastazioni delle campagne, con l'afflusso delle popolazioni agricole nei più grossi centri abitati, in condizioni miserrime, favorirono le pestilenze. La popolazione decrebbe drasticamente e così la manodopera[60]. Le guerre di religione nel XVI e XVII secolo distrussero le prosperose comunità monastiche, principali comandatarie di grandi opere edili. Gli altri grandi comandatari, le corti reali e nobiliari, dissipate le risorse economiche ridussero drasticamente gli investimenti per rilevanti opere edili. Le corporazioni muratorie per mancanza di manodopera e di commesse furono quelle che subirono la crisi maggiore. Con logica imprenditoriale si mutarono in corporazioni multi-mestiere, come sopra detto, ma la crisi era irreversibile, l'economia cambiava e l'imprenditoria si voltò verso la privatizzazione non-corporativa. Incominciò a svilupparsi la borghesia imprenditoriale privata affianco a quella finanziaria, commerciale e professionale. In tutto questo processo abbastanza rapido la crisi non ebbe certo la caratteristica della decadenza spirituale, la cosiddetta secolarizzazione. Le corporazioni muratorie si dedicarono principalmente alle commesse civili, ricostruzioni di quartieri cittadini ed edifici pubblici, costruzioni ove architetti e capimastri avevano pochi spazi d'espressione delle loro eventuali conoscenze mistiche ed esoteriche e ancor meno spirituali.

Puntando l'attenzione sulle corporazioni muratorie, riferendosi all'interessante seppure tradizionalista testo di Thomas Carr (1911)[61] sappiamo che in Gran Bretagna fin dall'inizio del XVII secolo i cosiddetti "muratori" erano distinti in molte categorie connesse al loro pratico operare. Principalmente c'erano i Free Mason, membri effettivi della corporazione e poi altre specializzazioni utilizzate su comanda e organizzate separatamente: i Wallers (costruttori di mura principalmente di fortificazioni in pietra), gli Slaters (costruttori di tetti, in genere di ardesia), i Paviors (costruttori di pavimenti in pietra, marmo o pietre dure), i Plaisteres (stuccatori e imbianchini presenti a Londra già dal 1501), i Bricklayers (costruttori di mura in mattoni) i Carpenters (carpentieri o maestri d'ascia). Nel 1604 in Oxford esisteva una gilda chiamata The Company of Free Masons, Carpenters, Joiners, and Slaters of the city of Oxford[62]. In Kendall nel 1667 la 12th Trade Company comprendeva Free Masons, rough masons (tagliatori di pietre o spaccapietre), wallers, plaisterers, slaters e carpenters. Sempre T. Carr riporta che nel 1761 in Gatesgate era presente una curiosa aggregazione, accorpata nella Cosin Bishop of Durham, di varie specializzazioni operative: Free Mason, Carvers (incisori di prima fattura della pietra), Stonecutter (scalpellini), Sculptures (scultori), Brickmaker (fabbricanti di mattoni), Tylers (piastrellisti), Bricklayers (muratori), Glaysiers (vetrai), Penterstainers (pittori d'interni), Fonders (fonditori in bronzo) Neilers (fabbricanti di chiodi), Pewterers (peltrai), Plumbers (idraulici), Millwrights (carpentieri di macchinari), Sadlers (sellai), Bridlers (fabbricanti di briglie per animali), Trunkmakers (tracciatori di delimitazioni) e Distillers (distillatori), dunque una serie di disparate specializzazioni artigianali e professionali non necessariamente accomunate dagli stessi progetti operativi. Ugualmente in Edimburgo erano incorporate nella St. Mary's Chapel un'altra serie di diverse specializzazioni, assieme ai Masons (muratori) c'erano i Coopers (bottai), gli Upholterers (tappezzieri), Bowmakers (allibratori), Slaters, Glasiers, Painters, Plumbers e Wrights (falegnami). Lo stesso Autore cita una cospicua serie di aggregazioni di diverse professionalità in corporazioni operative.

In termini moderni si potrebbe dire che le corporazioni si andavano strutturando progressivamente in Incorporations o società d'impresa[63], perdendo tutte le caratteristiche operative e culturali delle corporazioni di mestiere medioevali di un singolo mestiere, per cui non è possibile parlare in questi non sporadici casi di un generale processo di secolarizzazione, trattandosi di veri e propri meccanismi di adattamento imprenditoriale a inedite situazioni economico-produttive. Questi andamenti storico-culturali dimostrano il carattere fondamentalmente profano, laico, delle corporazioni e nessun documento attualmente può consentire di parlare di un globale processo di secolarizzazione e di una perdita dei caratteri spirituali, religiosi e sacrali, partendo da singole situazioni per generalizzarle a tutta la società medioevale. La perdita dei cosiddetti valori sacrali ritenuti fondanti di un mestiere non sarebbe allora causa del cambiamento socioculturale (sovrastruttura in senso marxiano) ma conseguenza inevitabile del mutamento della struttura sociale di produzione (sempre in senso marxiano). I cambiamenti sovrastrutturali accompagnano, solidificano, danno spiegazione o giustificazione, in una parola possono condizionare ma raramente determinano quelli strutturali.

Logge massoniche

Nel XVII secolo inizia una nuova realtà. Le corporazioni di costruttori costituite dai free-stone masons continuano le loro attività ma affianco si creano gruppi che contraggono la generica definizione in free-masons e che non appartengono operativamente alle corporazioni. L'uso dell'aggettivo free è principalmente proveniente, nel Medioevo britannico, dalla esistenza di persone che, non essendo servi o schiavi ma liberi, si aggregavano in forme associative dai differenti scopi e anche coloro che avevano attività prettamente civili distinte da quelle corporative.

Dai rari dati documentali è più facile supporre che lateralmente alle corporazioni fossero stati realizzate delle associazioni di influenti personaggi del mondo civile non operativo che fiancheggiavano le corporazioni stesse, dando ad esse un crisma di maggiore significazione sociale di quanto potessero dare le confraternite dedite ad attività solidaristico-religioso. Tipica in epoca più moderna, nei primi del Settecento fu la figura di Christopher Wren, architetto inglese della cattedrale di Saint Paul che apparteneva a un'associazione legata alla corporazione di muratori di Londra senza essere membro della corporazione. Infatti, il suo incarico di progettista della cattedrale non gli fu affidato dalla corporazione ma dalla municipalità londinese e sotto controllo ecclesiastico. Si potrebbe allora avanzare una tesi oggi non facilmente dimostrabile che nel quadro di una decadenza dell'importanza politica, sociale ed economica delle corporazioni le organizzazioni parallele e di supporto alle corporazioni avessero assunto maggiore rilevanza anche per i componenti di rango elevato che le costituivano e che si fossero strutturate via via in forme organizzative con il carattere di logge massoniche nelle quali i membri non erano operativi. È una tesi che può trovare un certo conforto nel fatto che i membri operativi delle corporazioni presenti in tali strutture fossero una esigua minoranza rispetto ai non operativi. A questi ultimi per distinguerli dagli operativi si adottò la definizione di adopted o accepted, probabilmente per mantenere uno stretto legame con la corporazione d'adozione ma dichiarandone la loro non appartenenza.

Si aggiunge un altro termine importante, quello di free, libero. Un termine pure ripreso dalla tradizione storica delle corporazioni medioevali, ma con diverso significato. Non è più il lavoratore che non è legato da un rapporto di servaggio o di schiavitù con un padrone essendo membro di corporazione ma è colui che non appartiene a nessuna istituzione artigiana o professionale (Métier o Craft), che opera individualmente con un'impresa a carattere familiare. Allo stesso tempo l'aggettivo era assegnato generalmente agli eruditi, militari, gentiluomini, nobili. Anche in epoche precedenti non poche in Scozia erano le gilde che ammettevano dei freemen, operatori indipendenti o semplici cittadini, e a questa tradizione probabilmente si può addebitare nelle prime logge massoniche seicentesche scozzesi la presenza di membri non operativi[64].

Il termine libero in ambito massonico assunse un significato importante quanto quello di accettato. Senza affrontare la questione linguistica delle diverse sovrainterpretazioni del lemma libero conseguenti alle modificazioni socioculturali è da ritrovare il suo significato originale, diverso dalla sovrainterpretazione socioculturale che fu data tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo. Originariamente, nell'era medievale, la parola libero non aveva un preciso e generalizzato senso giuridico, dipendendo dai paesi, dai costumi sociali, dai momenti storici e dunque determinando una grande variabilità di significati[65]. La parola quindi non ha mai avuto nei tempi precedenti le moderne democrazie un significato socialmente, giuridicamente, legislativamente e infine culturalmente solidificato a causa della fluidità delle situazioni geopolitiche e socioculturali del Medioevo e delle epoche successive. Infatti nell'Alto e Basso Medioevo in una stessa ampia regione linguisticamente e culturalmente definita potevano esiste enclave di cultura lingua e istituzioni diverse. Le stesse frontiere tra un paese e l'altro non erano definite da un fiume, catena montuosa o altro, erano ampie regioni dove le culture e le lingue nonché le istituzioni scorrevano e si mescolavano senza precisa determinazione con facili mutazioni, cosa ulteriormente complicata dalle invasioni di certi popoli in altre regioni, che comportavano più o meno stabili cambiamenti normativi.

Il concetto di libero in sé non è definibile se non lo si raffronta con altri due, la schiavitù e il servaggio, concetti derivanti dalle delucidazioni offerte dalle categorie giuridiche e politiche regionali, per cui la stessa parola, libero servo e schiavo, assumeva diversi significati; allo stesso tempo le parole servo e schiavo o servo e libero potevano identificarsi sulla base di locali normative. Infatti lo stesso concetto di servaggio talora si avvicinava a quello di libero dipendendo dagli obblighi dovuti a un'autorità superiore. Erano quindi gli obblighi dovuti che determinavano le sfumature di significato, ad esempio il vassallaggio poteva essere considerato una forma di servitù rispetto al nobile di rango superiore o dell'alto nobile con obblighi di servitù militare rispetto al re o imperatore. Di conseguenza lo stesso concetto di libertà era dipendente e condizionato dai maggiori o minori obblighi verso un'autorità superiore, come a dire che la privazione della libertà era variabile ed erano i tribunali e istituzioni legislative che dirimevano le controversie terminologiche, al punto che nel 1263 in Francia il parlamento di Saint Martin d'hiver demandò la condizione servile al consuetudo patriae [costume del paese], nel senso che ogni villaggio è un paese[66]. In conclusione il concetto di libero è risultante dalla definizione di schiavo e servo e non il contrario. La variabilità delle obbligazioni in uso determina quindi un'estrema difficoltà nell'assumere delle definizioni generiche rispetto ai citati termini e la questione si è trascinata fino al XVIII secolo rilevando le differenze giuridiche e legislative nei diversi paesi europei[67]. Ciò ovviamente assume un particolare significato nell'ambito del lessico massonico adottato dalle Constitutions di Anderson del 1723 nelle quali la parola free-stone masons non appare mai, probabilmente per distinguere i nuovi massoni dagli operativi delle corporazioni di mestiere.

Oggi per parlare delle prime "logge massoniche" si fa riferimento a certi sodalizi presenti nei primi del XVII secolo in Scozia. Di alcune di queste logge si hanno notizie della loro esistenza, dei luoghi e date di riunione, dei nomi e professione dei loro associati ma nulla di più. Non abbiamo alcuna informazione sui loro rituali iniziatici, in che cosa questi consistessero, se fossero esoterici e a quali esoterismi si relazionassero. Unica informazione interessante risultante da rari documenti è che in certe logge gli associati erano in prevalenza borghesi e nobili di provincia con rara partecipazione di appartenenti alle residuali corporazioni muratorie, quasi a supporre che fossero questi ultimi a essere "accettati" piuttosto che i primi. Le prime date che confermano l'esistenza di logge massoniche risalgono al 1641[68] in Scozia e poi in Inghilterra nel 1646[69], con la famosa annotazione nel diario di Elias Ashmole del 1682, dalla quale si deduce che esisteva a Londra una Masons's Hall, probabilmente la sede della corporazione dei muratori di Londra; più interessante è il fatto, che non sembra abbia attirato l'attenzione degli studiosi, è che Ashmole non parla di guild ma di lodge (senza precisare la denominazione) ed è ragionevole supporre che la loggia a cui si riferisce fosse una organizzazione esterna alla corporazione ma a essa legata e che si riuniva presso la sede corporativa. Si avrebbe quindi una conferma, se tale ipotesi è plausibile, che la loggia non era un'emanazione della corporazione o che non era ad essa subordinata, in altre parole che non sussisteva una filiazione diretta della loggia dalla corporazione.

Nell'ambito della mito-storiografia si è prestata poca attenzione all'opera di David Stevenson The Origins of Freemasonry: Scotland's Century, 1590-1710[70]. Stevenson con un'accurata ricerca documentaria ricrea la linea temporale del processo di passaggio dalle logge operative a quelle speculative, avvenuto prima della fine del XVII secolo e in Scozia prima che in Inghilterra, contestando le asserzioni non documentabili della mito-storia massonica antistoricista. Un indirizzo di "history-fiction" che lascia la strada dei documenti accertati per il sentiero del possibile e inventato più che dell'immaginabile, un indirizzo di storia virtuale alla quale si deve riconoscere non poca forza attrattiva. La storia della Massoneria, osserva Stevenson, non è comprensibile solo nei suoi eventi interni: essa deve comprendere le relazioni con il contesto dei suoi avvenimenti avvalendosi degli apporti di altre discipline sociali e umanistiche. La documentazione sulle prime logge speculative scozzesi del XVII secolo è ampia in Scozia, ma, per lo stesso periodo, inesistente in Inghilterra. Quando Stevenson riporta che le prime logge create in Scozia da non-operativi sembra siano state quelle di Canongate Kilwining (1677), Canongate Leith (1688)[71] e Hamilton (1695)[72] non sta dicendo che la Massoneria scozzese nasce alla fine del XVII secolo come altre logge inglesi, ma conferma che quelle logge erano la conclusione di un processo avviato da tempo. Il merito di Stevenson è quello di ricollocare la storia della Massoneria dentro la storia dei paesi Britannici. Egli, parlando di "fasi" della storia della Massoneria (medievale, rinascimentale e illuminista), identifica la centralità storica scozzese, in implicita polemica con chi vuole fare una storia delle origini della Massoneria esclusivamente di marca inglese. Stevenson riconosce che i primi documenti degli Old Charges o Old Constitutions muratori sono inglesi e che non sono diversi da quelli di altre corporazioni; copie scozzesi appaiono solo intorno nella metà del XVII secolo. In questi Old Charges appare un accento speciale alla moralità identificata nella Geometria e nei richiami ad antiche costruzioni come quelle egizie e il Tempio di Salomone. Questi richiami però non giustificano una relazione di continuità storica, della quale in Scozia solo intorno all'inizio del XVII secolo si inizia a parlare. In Inghilterra la presenza di gentlemen nelle logge appare solo intorno agli anni '40 del 1600 e c'è da dire che lo svolgersi del processo di "laicizzazione" delle logge inglesi è ancora oscuro. Allo stesso tempo, come si è visto, in Scozia e in altri paesi la pratica di ammettere nelle corporazioni persone non del mestiere (freemen), era abbastanza usuale prima del XVII secolo. La fase dell'influenza scozzese sulla protomassoneria inglese termina alla fine del XVII secolo, quando nuovi stimoli intellettuali e culturali coinvolsero le logge sia scozzesi sia inglesi, il razionalismo illuministico innanzitutto, e la Massoneria prese un nuovo indirizzo. Stevenson rivendica al movimento massonico scozzese un preciso e documentabile elenco di primogeniture delle manifestazioni o aspetti che poi caratterizzeranno la Massoneria moderna:

  • L'antico uso della parola 'lodge' nel senso massonico moderno, e che tali istituzioni permanenti esistevano già
  • Le minute di antichi libri ufficiali, e altre registrazioni di tali logge
  • I primi tentativi delle logge di organizzarsi a livello nazionale
  • I primi esempi di associazione alle logge di 'non-operativi' (persone che non erano muratori operativi)
  • Antiche evidenze di collegamento delle logge massoniche con specifiche idee etiche espresse con l'uso di simboli
  • Le prima testimonianze che segnalano che la massoneria è considerata come nefasta o cospirativa
  • I primi riferimenti al Masonic Word (Mondo Massonico)
  • I primi "catechismi massonici" che espongono la Parola Massonica e descrivono le cerimonie di iniziazione
  • La prima apparizione dell'uso dei due gradi o dei gradi all'interno della Massoneria
  • L'inizio dell'uso dei termini "apprendista entrato" e "compagno di mestiere" per questi gradi
  • La prima testimonianza (all'interno della Loggia di Edimburgo) dell'emergere di un terzo grado creato, per quanto riguarda i termini alternativi di compagno e maestro per lo stesso grado, come rimando a gradi separati (o almeno di status)[73].

Stevenson riconosce al tempo stesso diversi primati alla Massoneria inglese:

  • Le prime copie degli Old Charges (non si conosce alcuna copia scozzese precedente alla metà del XVII secolo)
  • L'impiego molto diffuso della parola 'freemason', e l'uso del termine "Massone accettato"
  • La prima loggia composta interamente di "non-operativi" (che può essere interpretata nel senso di come fosse la Massoneria inglese, molto più di quella scozzese, una creazione artificiale, e non qualcosa che nasceva esternamente dalle conoscenze e dalle istituzioni dei lavoratori della pietra)
  • La prima Gran Loggia[74].

I muratori operativi in Scozia, ma c'è da dire anche in altri paesi, non differivano dagli altri artigiani, però rispetto ai membri delle altre corporazioni e gilde proprio per la loro attività potevano spostarsi da una regione all'altra con una certa libertà per nuovi lavori. Sconcertante è il fatto che dal 1590 la corporazione fu l'unica, nel mondo corporativo, a emergere per il suo sviluppo. È in questo periodo che affiora l'importanza di William Schaw, Maestro Reale dei Lavori (King's Maister o' Wark)[75]. Stevenson riporta che Schaw emanò nel 1598 un codice di regole sull'organizzazione e l'amministrazione dei muratori, seguito nel 1599 da un secondo codice nel quale sono citate la Kilwinning Lodge e le Logge di Edimburgh e Stirling; quella di St. Andrew's è menzionata in una minuta della loggia di Edimburgh. È in quegli anni (1600-1601) che Schaw conferma come protettore della muratoria[76] William Sinclair di Roslin, discendente di William 1° conte di Caithness della famiglia normanno-scozzese dei Sinclair, che fece edificare la famosa Chapel of Rosslynd nella metà del XV secolo[77].

Non si sa nulla dei segreti delle logge seicentesche, nei documenti e minute di loggia ovviamente non si riportano cose riservate e questo, come osserva Stevenson[78], crea non pochi problemi agli storici. Tuttavia sono ben note le presenze di non operativi (freemen) in queste logge e si è visto che tale pratica era abbastanza frequente in tante corporazioni e gilde europee medievali in epoca media e alta. Neppure si hanno informazioni sul loro modo di operare e definirle iniziatiche ed esoteriche è solo una supposizione. Altro mistero sono le relazioni tra queste logge, che non potevano non esserci, anche se probabilmente non assumevano le forme che si realizzarono nell'epoca del cosmopolitismo massonico settecentesco.

Le domande di David Stevenson sono innanzitutto: « What were the secrets and rituals of the operative masons and how had they acquired them? » [Quali erano i segreti e i rituali dei muratori operativi e come li acquisivano?] e poi: « Why did men who were not stonemasons wish to participate in the activities and secrets of the stonemasons, and what sort of men were these non-stonemasons who joined lodges? » [perché degli uomini che non erano lavoranti della pietra volevano partecipare alle attività e ai segreti di quei lavoranti, e che tipo di uomini erano questi non-lavoranti della pietra che volevano aderire alle logge?]. Alla prima domanda non si può rispondere mancando le informazioni sui rituali e i cosiddetti segreti della muratoria. Le corporazioni come si è visto non erano gruppi iniziatici e mancano dati per affermare che svolgessero attività esoteriche, dunque i segreti erano eventualmente segreti industriali e, se di segreti industriali si può parlare, questi erano acquisiti non tramite speciali formule iniziatiche o esoteriche ma con l'esperienza lavorativa e sotto la guida dei più esperti. Le tecniche costruttive più complesse non erano alla portata di tutti, solo le rare persone istruite non clerici potevano averle studiate ed elaborate. Ma allo stesso tempo c'è da dire che non esisteva una scienza dell'architettura e dell'ingegneria, le metodiche costruttive erano il prodotto dell'esperienza empirica, della coscienza degli errori fatti precedentemente e dell'intelligenza e razionalità nel trovare le giuste soluzioni a quegli errori. Quanto più sofisticato era questo procedere empirico, tanto più l'arte del costruire si perfezionava. Dire "arte del costruire" è antitetico a "scienza del costruire"; il metodo e le teorie verificate e ripetibili fondano la scienza, mentre esperienza, memoria tecnica, intelletto, ragione e creatività sono il bagaglio cognitivo dell'artista. Infatti, all'attività costruttiva si dava la definizione di "arte" e poiché questa era applicata a importanti opere civili, militari e religiose, sempre sotto la protezione delle più elevate cariche civili ed ecclesiastiche, diventava "Arte Regia", un modo di definirla che fu adottato anche nelle logge massoniche.

Dunque la segretezza poteva avere senso solo per motivi di concorrenza tra corporazioni ma, poiché si sa che i maestri muratori si spostavano in diverse regioni lavorando per altre corporazioni, anche questa segretezza non era vera segretezza. I rituali erano quasi certamente delle cerimonie finalizzate a impegnare il nuovo lavorante a rispettare le regole della corporazione e i suoi compagni di lavoro e per risolvere le problematiche che fossero sorte a non rivolgersi ad altra autorità che non fosse il direttivo della corporazione. La corporazione, in cambio, s'impegnava a garantire il lavoro e un compenso adeguato alle sue capacità, l'assistenza a lui e alla famiglia in caso di bisogno e, in certe corporazioni, specialmente di commercianti, che in caso di decesso la moglie lo avrebbe sostituito dentro la corporazione. Questi patti erano molto impegnativi e sicuramente venivano svolti con adeguata cerimonialità e un minimo di ritualizzazione propria di ogni corporazione.

C'è un'altra domanda da porsi: se le corporazioni fossero state iniziatiche ed esoteriche, con richiami diretti a conoscenze e pratiche pagane, come ciò poteva essere ammesso e concesso in un'epoca di assolutismo teologico, quando la Chiesa interveniva con un capillare controllo sociale e con ferrea intransigenza contro ogni forma di conservazione delle pratiche pagane? Qualcuno potrebbe rispondere che queste pratiche esoterico-magiche erano il segreto delle corporazioni, ma è una risposta che discende dal presupposto non dimostrabile che esistessero tali pratiche ed è difficile credere che in tutte le regioni europee e in tutte le corporazioni di mestiere un tale segreto si sia mantenuto per molti secoli senza che qualche informazione potesse trapelare. A differenza del mistero, che è un qualcosa di sconosciuto che non può essere comunicato, il segreto è un qualcosa di conosciuto che non viene comunicato.

Con sottile ironia Stevenson rileva un certo snobismo nell'assegnare ai muratori di cantiere «the work of respectable, educated gentlemen» [il lavoro di rispettabili, colti signori]. L'Autore con accuratezza semiologica osserva che ci sono dei limiti alle interpretazioni possibili. Stevenson è radicale e provocatorio quando perentoriamente osserva che la distinzione tra operativi e speculativi vuole distinguere due fasi storiche: come dice l'Autore, questa è una definizione (di speculativi) molto bizzarra, che sopravvaluta le differenze di status sociale quando sostiene che la Massoneria moderna è iniziata allorché i gentlemen entrarono nelle logge operative. Di modo che la Massoneria sarebbe definita dal rango (rank) delle persone che svolgono certe attività, e non dalle attività stesse[79].

Osserviamo che la massoneria all'inizio del XVIII secolo usciva dalla segretezza delle logge seicentesche e si collocava apertamente nella società, configurandosi come associazione di carattere civile (Gran Loggia), in quanto immersa nella concretezza sociale e culturale contingente e i cui membri dovevano avere una rilevante posizione sociale. Ciò è bene evidenziato dalle liste di membri della Premier Grand Lodge nelle quali tra i primi Gran Ufficiali figuravano in maggioranza i gentlemen (librai, scienziati, eruditi), ma molto presto a questi si aggiunsero specialmente nelle alte cariche esponenti della nobiltà e della ricca borghesia e di importanti intellettuali.

Le dichiarazioni, da parte delle nuove logge massoniche, di benevolenza e di altri rapporti diretti con la collettività civile si emancipa però dalle sociali prescrizioni di cultura religiosa delle precedenti epoche e di quel momento, e questo è certamente una novità culturale, uscendo fuori dai libri e dalle petizioni dei filosofi. I fondatori erano persone abbastanza spesso aderenti alle forme di religiosità sia deista sia latitudinaria, ma in un insieme abbastanza confuso di tensioni anglicane, episcopali e di altri riformismi religiosi, nonché cattolici. Ciò che comunque surrettiziamente unificava le diverse posizioni era l'idea di una "morale universale" che si distaccava dalle specifiche espressioni morali delle tante chiese; anche erano presenti e non rare le menti culturalmente operanti, come i libertini colti e gli atei illuminati. Questo mescolamento di aspettative religiose e anche politiche, tutte tese a rompere con le sanguinose guerre di religione, diede luogo all'elaborazione non di una generica spiritualità ma a una idea di morale universale dell'uomo che si esplicitò nel primo articolo delle Constitutions of Free Masons del 1723.

La prima spiritualità massonica non aveva valenze strettamente religiose, era connessa alle nuove idee sorte dalla disillusione che la religione e la spiritualità chiesastica potesse risolvere i problemi umani contingenti, elaborando nuovi modi di interpretare il mondo, la natura e l'uomo in una chiave fondata sulla morale piuttosto che sulla fede. I primi massoni volevano realizzare un'umanità nuova e più elevata nell'oggi senza rimandare all'aldilà e questa era la loro idea di "progresso" umano. Una sorta di rivoluzione culturale che laicizzava la tradizione di formale religiosità delle corporazioni medioevali e gli stessi richiami alla Bibbia avevano il senso allegorico di un modo di pensare e di agire estraneo alla religione codificata, perché sempre nel primo articolo è esplicito il fatto che le religioni sono fenomeni legati alle singole realtà sociali che tendono a imporle a tutti, violando la libertà di coscienza. Si potrebbe allora affermare che le prime logge massoniche furono tra le prime forme sociali di laicizzazione, poiché si separava l'associazionismo massonico da ogni forma di confessionalità religiosa; la laicizzazione non è la secolarizzazione.

Esistono documenti scozzesi e anche inglesi della fine del XVII secolo che descrivono, anche in forma catechistica, certe ritualità che venivano svolte in alcune logge. Unica osservazione da fare è che esse non rispecchiavano in alcuna forma le corporazioni medioevali se non per qualche aspetto allegorico come l'adozione di certi strumenti ritualistici e simbolici, come gli strumenti usati dai costruttori (squadra, compasso, livella, scalpello, martello, grembiule di lavoro, ecc.) e la gerarchia interna dei due gradi di Apprendista e Compagno. Ogni altra caratteristica delle logge massoniche fu di estrema novità rispetto al passato, un passato che assunse la veste di richiamo mitico, o meglio allegorico e non di continuità storica, ma piuttosto di contiguità ideale. La fine di questa fase storica può essere congegnata con la creazione di un'inedita struttura organizzativa, la Gran Loggia, che, estremizzando, potrebbe richiamare le corporazioni dei plurimi mestieri del XVII secolo, quando diverse corporazioni si federalizzarono in un unico organismo.

Dai dati di fatto attualmente conosciuti nei precedenti associazionismi di mestiere romani o medievali non esistevano rituali iniziatici, ugualmente non si hanno notizie di pratiche esoteriche ma eventualmente di pratiche a carattere di pubblica religiosità e di interna cerimonialità istituzionale. Gli stessi ruoli assegnati agli "ufficiali di loggia" nella Premier Grand Lodge esistevano solo in parte in epoche precedenti e le nuove "logge" non corrispondevano come struttura organizzativa alle corporazioni. Unica eccezione può essere stata quella dell'uso del termine Waren, Guardiano Sorvegliante, assegnata a Schaw, però allora nel senso di garante davanti all'autorità pubblica, ruolo diverso da quello delle logge massoniche settecentesche.

La "loggia" nella nuova semantica definiva il gruppo di affiliati, mentre tutti sanno che originariamente era una struttura edile presente nel cantiere che adempieva alle funzioni di deposito e di riunione e che estensivamente, talora, si applicava alla corporazione. La parola loggia (lodge) nell'inglese del XVII e XVIII secolo aveva il significato di piccolo edificio o di abitazione del portiere di una casa e il verbo to lodge era quello di alloggiare, allocare in abitazione temporanea[80]. Il riferimento nell'ambito del costruire è evidente, la loggia è una costruzione dove riporre qualcosa e riunirsi, dunque è un termine usato per definire una struttura dalle plurime funzioni all'interno del cantiere di lavoro. Anche pensando che certi cantieri potevano operare per decine di anni non si può ritenere che tale struttura fosse parte costitutiva della corporazione, che svolgeva le sue attività in altre sedi più adeguate e dentro la città. La loggia era un edificio più o meno stabile nel quale innanzitutto lavoravano i progettisti dell'edificio preparando i piani costruttivi, dando le direttive operative del cantiere e gestendo le questioni amministrative più immediate. In essa probabilmente si svolgevano riunioni tra i capimastri delle plurime attività che necessitavano alla costruzione dell'edificio. Forse in qualche sua parte venivano anche custodite tutte quelle strumentazioni specialistiche necessarie ai capimastri e architetti e anche come archivio della documentazione amministrativa e operativa del cantiere. Alla fine della costruzione, quando il cantiere veniva chiuso anche la loggia esauriva la sua funzione. Riferendosi al luogo di riunione dentro i cantieri edili, aveva per i primi massoni la suggestione di richiamare appunto questo senso di collettività riunita in uno spazio ristretto e riservato, per uno scopo grandioso e di discussione su questioni di rilevante importanza e forse questa fu la ragione di fondo della scelta del nome, dandone un significato simbolico.

Ci sono domande alle quali sembra ci sia ritrosia da parte della massoneria ufficiale al solo manifestarle. Le logge massoniche operavano in assoluta segretezza, perché? Non era certo il costume delle corporazioni alle quale si rifacevano. La risposta che le logge massoniche volessero ripercorrere simbolicamente o allegoricamente i segreti operativi delle corporazioni è una risposta debole. Perché svolgevano dei rituali cerimoniali di cui non si ha notizia negli allora conosciuti antichi statuti corporativi se non verso la fine del XVII secolo? Erano quindi rituali che nascevano da esigenze interne delle logge massoniche, era il bisogno di darsi una solidità ideologica? Le risposte non possono che essere ipotetiche. Piuttosto s'impone una domanda più seria: le prime ritualità delle logge alla fine del XVII secolo erano veramente ritualità iniziatiche o solo cerimoniali, come lo erano quelle delle corporazioni? Il concetto di iniziaticità non sembra appartenere alla prima massoneria speculativa. Nella documentazione conosciuta si parla sempre e solo di Accepted Free Masons, di accettati e non di iniziati (Initiated). Come dire che il nuovo massone era accettato nella loggia e non iniziato alla massoneria e comunque l'eventuale uso del termine Initiated aveva sempre il senso di accettazione[81]. Questa è una problematica che ancora deve essere affrontata, quella del significato di "iniziazione" massonica e del periodo iniziale del suo uso in Massoneria. È presumibile che il concetto di iniziazione sia conseguente al sorgere di nuovi ritualismi massonici che davano un valore spirituale, quasi sacrale, alla cerimonia di accettazione.

Il fatto che queste logge post-corporative fossero costituite da membri operativi aperti a estranei non è una novità, come si è visto tale prassi sussisteva già in non pochi casi sul suolo britannico da molto tempo. Come sopra accennato, più attendibile sarebbe la tesi che le prime logge massoniche fossero circoli sussidiari non interni alle corporazioni e non necessariamente creati dalle stesse corporazioni, ma piuttosto da cittadini di rilievo della municipalità o liberi imprenditori e comunque non membri della corporazione o sotto servitù, dunque freemen. Circoli nei quali si svolgevano varie attività anche di discussione e studio su materie estranee a quelle tecniche trattate nei cantieri di costruzione e che le eventuali tematiche scientifiche muratorie come la matematica e la geometria fossero svolte all'interno di una visione più teoretica e da qui la denominazione di "logge speculative".

Conclusioni

La nascita della Gran Loggia nel 1717 sancì la definitiva rottura di una supposta continuità storica tra logge massoniche e corporazioni operative definendo una struttura organizzativa assolutamente originale con dei rituali innovativi e delle regole inedite. Unica somiglianza con le corporazioni seicentesche risiede nel fatto che con la crisi economica del Seicento le corporazioni divennero una sorta di Trade Unions unificando disparati mestieri e che nei primi del Settecento diverse logge si vollero federare in un'unica organizzazione.

All'interno di questo tema della continuità storica tra corporazioni romane, medioevali e logge massoniche c'è un aspetto che meriterebbe un'apposita e più approfondita trattazione, quello dell'asserita continuità spirituale in chiave esoterica tra i tre diversi fenomeni. In sintesi, sia le corporazioni romane sia quelle medioevali e le logge avrebbero svolto un'operatività ritualistica e un pensiero esoterico, che qualcuno precisa come ermetico-esoterico, di valenza spiritualistica. L'affermazione è difficilmente documentabile e al momento aspetta di essere. Dunque non sarebbe questo esoterismo un elemento caratterizzante i due associazionismi di mestiere e neppure lo sarebbe quello di una generica spiritualità. Non è questa la sede per una disamina del carattere spirituale degli esoterismi, anche perché la stessa parola spirituale è troppo generale e di difficile e complessa interpretazione. A loro volta erano spiritualiste le logge massoniche della prima ora? Anche qui è impossibile dare una risposta per la mancanza di informazioni e documenti, non sapendo neppure se svolgessero attività esoteriche e di quali forme specifiche di esoterismo. Si sa che singoli massoni del Settecento s'interessavano, e appassionatamente, di esoterismi vari, ma questo non è sufficiente per avvalorare la tesi che le logge del '600 e del '700 fossero nella generalità logge esoteriche; ricordando sempre che quella era un'epoca ove l'interesse per la natura e le sue leggi non si svolgeva mediante le scienze, bensì con lo studio esoterico. Numerose erano le associazioni e accademie in Europa dedite alla ricerca sulla natura. Si deve arrivare intorno alla metà del XVIII secolo per osservare una tale generalizzazione di interessi esoterici. Anche accettando l'argomentazione che esoterismo e spiritualità s'identifichino, la tesi che la massoneria originaria fosse spiritualista è ancora da dimostrare. È più probabile che il baricentro culturale fosse la moralità o meglio il tentativo di fondare una moralità slegata dai particolari culti religiosi allora in forte contrasto tra loro, una moralità quindi più laica e civile che spirituale.

In merito alle corporazioni medioevali non esistono documenti dall'Alto al Basso Medioevo che dimostrino che tali corporazioni operassero sulla base di una spiritualità riferibile in chiave esoterica e ancor meno ermetica. L'ermetismo in particolare non è un compiuto corpus teorico come potrebbe essere l'alchimia o l'astrologia, esso apparve attorno al II secolo d.C. nella cultura ellenistica e si sviluppò come un insieme intricato di dottrine mistico-religiose, di astrologia semitica, di elementi delle filosofie platoniche e pitagoriche, di religiosità gnostiche e, pare, anche di richiami magici egizi[82]. L'interpretazione degli esoterismi e specialmente quelli ermetici in chiave spirituale-religiosa apparve nel Rinascimento italiano con il ritrovamento e la traduzione dei testi esoterici antichi. Specialmente nel XIX e XX secolo si consolidò una sovrainterpretazione spiritualistica dei testi ermetici e di altri esoterismi. È difficile provare che le corporazioni medioevali e in particolare alcuni progettisti/architetti fossero a conoscenza di questi testi non ancora tradotti in latino.

D'altro canto la vera questione è che manca al moderno concetto di "spiritualità" massonica un preciso indirizzo e costrutto ermeneutico ed epistemologico e che con questa parola general-generica si può intendere qualunque aspetto umano che non sia di concretezza biologica. La cosa fondamentale tuttavia è che tale spiritualità massonica non è definita in senso iniziatico e dire che essa è esoterica non risolve la questione, ma crea ulteriore complicazione aggiungendo un termine che anch'esso deve essere precisato nel suo valore iniziatico-massonico, perché i termini "spirituale" ed "esoterico" non sono sinonimi e l'uno non qualifica l'altro, così come "massonico" ed "esoterico".

Nel linguaggio umano le parole servono a descrivere la realtà, visibile o invisibile, fisica o metafisica, ma se le parole usate non vengono definite con precisione non si descrive alcuna realtà.


Annotazioni linguistiche

La terminologia in uso nelle corporazioni romane e medievali meriterebbe uno studio specialistico (filologico ed ermeneutico), con l'analisi della vasta documentazione prodotta da tali istituzioni, ma non è questa la sede giusta; pertanto ci si limita ad approssimative annotazioni di carattere generale.

Essendo il testo riferito ai legami veri o mitici tra la massoneria moderna e le realtà corporative del passato, l'accento è posto sulla situazione dei paesi britannici ove nacque la massoneria; dunque, anche l'aspetto filologico ed ermeneutico merita una certa attenzione e per questo sono necessarie alcune precisazioni introduttive.

I primi dizionari di parole inglesi appaiono nel XVI secolo, per lo più come dizionari interlingua, cioè altra lingua/ inglese[83]. A questi e a quelli successivi del XVIII si è fatto qui riferimento.

In inglese si usa più spesso la parola guild, anche gild, (gilda) in senso estensivo, sia per le associazioni manufatturiere sia quelle commerciali. Molti storici preferiscono chiamare gilde le associazioni di commercianti e corporazioni quelle manufatturiere. La distinzione è dovuta al fatto che i due tipi di associazioni si distinguevano non solo per le attività svolte ma anche per i regolamenti e statuti e i rapporti che avevano con le autorità civili[84]. Essendo nata la massoneria nei paesi britannici è per questi, per le loro istituzioni civili ed economiche e per i documenti correlati, che l'attenzione filologica ed ermeneutica deve essere presente.

Si trova in autori di lingua inglese l'uso della parola Guild incorporation per definire una gilda di mestiere. La prima volta che fu usata questa parola fu nel 14° sec. nel senso di «the act or an instance of incorporating something or the state of being incorporated». (l'atto o un'istanza di incorporazione: qualcosa o lo stato di essere incorporati ) - Merriam-Webster Dictionary-, Sempre in M-W per corporation si intende «a group of merchants or traders united in a trade guild (see guild sense 1)» (un gruppo di mercanti o commercianti riuniti in una gilda di mestiere (vedi gilda senso 1)) e per guild «an association of people with similar interests or pursuits especially: a medieval association of merchants or craftsmen» (un'associazione di persone con interessi o scopi simili, in particolare: un'associazione medievale di commercianti o artigiani)[85].

Sempre nella pubblicistica di lingua inglese si usa la parola guild o meno frequentemente corporation; nella documentazione di autori scozzesi si usa al posto di Guild la parola Guildry o anche Guildry Incorporation. Quest'ultima nominalizzazione avrebbe il significato di «creation or formation of a legal corporation» (creazione o costituzione di una corporazione legalmente riconosciuta), in altre parole, di una associazione di lavoratori riconosciuta dalle autorità locali.

Nella metà del XVII secolo Guild aveva anche il significato di moneta, tributo e anche «A society incorporate». In un dizionario del 1647[86] « Corporation, A body politick, having by the King's grant a common feal, a chief officer, and inferiour persons belonging to it. » (Corporazione, un organismo politico, che ha per concessione regale un feudo, un ufficiale in capo, e le persone che da lui dipendono).

Più esaustivo, Edward Phillips nel 1658 riporta: « Corporation, (Lat.) in the Civil-Law, signifieth a Body politick, autorised by the King Charter, to have a Common Seal, one, or more head Officer, and Members, able by their common consent to grant or receive in Law any thing whitin the compass of their Charter » (Corporation, (Lat.) nel diritto civile, significa un corpo politico, autorizzato dalla Carta del Re, ad avere un sigillo comune, uno o più dirigenti e membri, in grado di concedere o ricevere, di comune accordo, qualsiasi cosa che rientri nel campo di applicazione della loro Carta.); con maggiore sintesi definisce Guild «a society incorporate»; scrive anche che la parola University significa: «in the Civill Law, is taken for a body politique, or corporation: also an Academy» (nella Legge Civile, è assunto per un ente politico, o corporazione: anche un'Accademia)[87], University è parola di chiara derivazione medievale. È anche interessante notare che Phillps cita la Guild-Hall: « Guild-Hall, a place where the Magistrates of any City meet to consult about tradind, judicial proceedings, or any other grand affair, Guild, being a Society incorporate from the Dutch word Gueld, i.e. mony. » [cors. d. Aut.] (Palazzo/Aula della Gilda, un luogo in cui i magistrati di qualsiasi città si riuniscono per consultarsi su questioni commerciali, procedimenti giudiziari, o qualsiasi altro grande affare, Gilda, essendo una società incorporata dalla parola olandese Gueld, cioè denaro).

Dopo un secolo, in An Universal Etymological English Dictionary, by Nathan Bailey[88], per Guild: « A company of men united together, with laws and orders made among themselves, by the licence of the prince - or - a company or society of men incorporated by the king's authority » (Una compagnia di uomini uniti insieme, con leggi e ordini fatti tra loro, su licenza del principe - oppure - una compagnia o società di uomini costituita sotto l'autorità del re). In questi anni la parola Guild assume un significato più articolato; si legge in Thomas Sheridan, Dictionary of English Language ...,[89], Guild è: « A society, a corporation, a fraternity; an for corporation: a body politick » (Una società, una corporazione, una confraternita); per incorporation: « formation of a body politick, adoption, union, association » (formazione di un organismo politico, adozione, unione, associazione). È presumibile che nel XVII e XVIII secolo le "gilde incorporate" avessero il duplice senso di associazione/unione di persone svolgenti lo stesso mestiere e di aggregazione in un'unica gilda di più mestieri.


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[1] La parola universitas aveva nel Medioevo un duplice significato, quello inerente alle corporazioni e in Italia quello relativo alla città o comune, così denominate da Carlo I d'Angiò (universi cives, unione dei cittadini). Nel diritto romano si distinguevano tre tipologie di Universitates: rerum o facti, personarum, iuris. Le corporazioni erano universites personarum, persona giuridica che accomunava persone dello stesso mestiere. Vivace è la discussione sulla distinzione tra le parole universitas e corpora, in particolare al senso astratto di "tutto" (universitas) in epoca romana, come in Cicerone, Plinio il Vecchio, Apuleio e Tertulliano. Nel III secolo è il giurista Gaio che per primo con la parola universtitas accomuna societas, Collegium e simili riferendosi a un insieme di uomini, ma come enti pubblici distinti dai singoli privati. Si veda il trattato sulle corporazioni romane di Andreas Groten Corpus und universitas, Römisches Körperschafts- und Gesellschaftsrecht: zwischen griechischer Philosophie und römischer Politik, Mohr Siebeck, 2015, nel quale si rileva la difficoltà di conoscere con precisione le attività delle corporazioni romane per la carenza documentaria.

[2] Importante critico del metodo storiografico illuministico fu Johann Gottfried Herder che precorse gli stilemi del moderno metodo storiografico.

[3] Marramao Giacomo, in Cielo e terra. Genealogia della secolarizzazione, Laterza, 1994, ricostruisce in modo esaustivo la nozione di secolarizzazione e le dispute attorno a tale nozione.

[4] Queste ipotesi parastoriche non tengono conto del fatto che le associazioni di mestiere non furono un'esclusiva del mondo occidentale, esistendo forme simili anche in paesi mediorientali, si veda come indicazioni non esaustive: Randi Deguilhem e Suraiya Faroqhi Crafts and Craftsmen of the Middle East: Fashioning the Individual in the Muslim Mediterranean, I.B.Tauris, 2005. Le corporazioni di mestiere in certi paesi sono ancora presenti per antica tradizione, si veda Thomas Weyrauch, Craftsmen and Their Associations in Asia, Africa and Europe, VVB Laufersweiler, 2001.

[5] Si veda Blumenberg, Hans, La legittimità dell'età moderna, Marietti, Genova, 1992, seconda parte: "Assolutismo teologico e autoaffermazione umana".

[6] Sono esistiti dei rari casi nel Nord Europa di gilde commerciali che per varie ragioni persero il loro carattere economico mutandosi in confraternite dedite ad attività solidaristiche, ma furono casi singoli che non giustificano una ampia generalizzazione.

[7] Per un'analisi del pensiero di Tommaso d'Aquino sulle problematiche economiche si veda Samuele Sangalli Il lessico settoriale delle realtà e dei fatti economici nell'opera omnia di s. Tommaso d'Aquino: esame filosofico del suo insieme, Pontificia Univ. Gregoriana, 2005.

[8] Tale "disprezzo" derivava dalla valutazione, posteriore all'epoca omerica e di Temistocle, che si dava agli artigiani (technites o demiurgoi) considerati un ceto inferiore appellandoli con termini abbastanza vili come bausoi, edraioi, kathemenoi per l'attività sedentaria e penosa o per la condizione di dipendenza mercenaria con il termine dispregiativo di chrematistai. Questo atteggiamento culturale fu teorizzato da Aristotele [Pol. III, 3, 4 e VI, 4, 5] negando agli artigiani il rango di cittadini, come Sparta che negava ai cittadini ogni attività manuale riservandola agli schiavi, a differenza dell'Atene di Pericle dove gli artigiani ricchi potevano assurgere a importanti cariche pubbliche. Nell'Egitto tolemaico le attività artigianali erano sotto stretto controllo statale. In epoca romana gli artigiani chiamati dalle diverse fonti mercenarii, opifices, operarii, artificies si riunivano nei citati Collegia controllati dallo stato, specialmente sotto Diocleziano. Maggiore potere ed autonomia dallo Stato si ebbero sotto Giustiniano.

[9] Cfr. Aigner Foresti Luciana, Antichità classica, Jaca Book, 1993, pp. 196-197.

[10] Esiste una documentazione posteriore al I secolo a.C. sull'esistenza di corporazioni greche di attori a Napoli, Siracusa e Reggio. Cfr. Nicola Savarese, Teatri romani: Gli spettacoli nell'antica Roma, Cue Press, 2015, p. 71.

[11] Si veda Weber Max, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni 1982 e Economia e società, Comunità, 1980.

[12] Corpora deriva dalla denominazione giuridica di corpus habere, nel senso di associazione giuridicamente e legalmente riconosciuta dallo Stato. Per cui le persone si definivano corporati, legati da un contratto e relative obbligazioni, da cui la parola corporazione. Le attività lavorative fuori dalle corporazioni erano giuridicamente definite illicita e pertanto certe associazioni non legitima erano talora soppresse.

[13] I pontifices, cinque in origine, erano i conoscitori delle cose sacre, con l'autorità di consigliare in materia di religione. In seguito, la stretta relazione tra cose religiose e civili diede al Pontifex un potere quasi assoluto in materia giurisprudenziale, potere superiore agli altri Collegia sacerdotali. Di questo Collegium facevano parte solo i patrizi, ma dopo il 300 a.C. anche i plebei poterono diventare pontifex, per cui il numero passò a nove membri. Per lungo tempo i membri erano cooptati, solo nel 104 a.C. la legge Domizia decretò la nomina per elezione pubblica. Tito Livio nel suo Ab Urbe condita libri, X, 6 cita gli àuguri (augures) come sacerdoti provenienti dalle antiche tribù dei Ramnes, Titienses, Luceres, i soli proponibili alla funzione religiosa di interpretare la volontà degli dei. Sempre Livio nel libro primo annota che i feziali (fetiales) avevano la funzione religioso-diplomatica di dichiarare guerra a un altro popolo per bocca e atti del capo, il pater patratus Populi Romani, l'unico a poter stipulare trattati per conto del popolo romano con un apposito cerimoniale e simbologie di valenza sacrale più che religiosa. Essi erano l'immagine dell'Urbe dentro e fuori di essa. Gli arvali (arvales) costituivano un antico collegio sacerdotale i cui membri erano scelti tra le famiglie patrizie. Con l'inizio dell'Impero, Augusto d'autorità ne fece parte riorganizzando il Collegium. Fu dissolto nel IV secolo con l'avvento del cristianesimo. Altro collegio sacerdotale era quello del salî, (salii) distinta tra salii palatini e salii quirinales, tutti scelti tra le famiglie patrizie. La loro funzione era quella di officiare il passaggio da tempo militare a tempo civile. Cerimonie che terminavano con opulenti banchetti e citate da Cicerone e Orazio Flacco. Le vestali (vestales) erano originariamente quattro e poi sei, sorteggiate tra le bambine sempre di famiglia patrizia. La cerimonia d'investitura era officiata dal Pontifex Maximus. Esse, liberate dalla patria potestà, avevano speciali privilegi civili e religiosi. Erano vincolate alla verginità. Il Collegium delle vestali fu abolito dal cristiano Teodosio I nel 391.

[14] Le principali religioni misteriche romane a carattere iniziatico erano la religione eleusina derivante dai culti di Demetra e Persefone, quelli orfici con i culti di Dioniso ed Orfeo, quello frigio di Attis e quello importato dai Cabiri della Samotracia. Sono da citare anche i culti della Grande Madre Cibele, quelli del persiano Mitra e di derivazione egizia di Serapide, Iside e Osiride. Per un quadro generale delle religioni presenti nella Roma antica si veda Jacqueline Champeaux, La religione dei romani, Mulino 2002.

Mulino, 2002

[15] Cfr. Jean Bayet, La religione romana: storia, politica e psicologica, Ed. scient. Einaudi, 1959, p. 203.

[16] Cfr. Arnaldo Momigliano (a cura di) Quinto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Volume 5 Parte 1, Ed. di Storia e Letteratura, 1975, p. 19. L'Autore mette in discussione, stante la assoluta scarsità di documenti, che gli stessi culti di Iside, Cibele o Serapide fossero culti esoterici e se esistessero dei loro caratteri iniziatici.

[17] Cfr. Giulia Sfameni Gasparro Interpretazioni gnostiche e misteriosofiche del mito di Attis, in Studies in Gnosticism and Hellenistic Religions: Presented to Gilles Quispel on the Occasion of His 65th Birthday, Education and Society in the Middle Ages and Renaissance, Volume 91 di Études préliminaires aux religions orientales dans l'Empire romain, a cura di Raymond van den Broeck, Maarten Jozef Vermaseren, Brill Archive, 1981, pp. 376-377. L'Autrice espone un'interessante analisi dell'influenza delle sovrainterpretazioni dei testi antichi per opera di commentatori e studiosi successivi e di altre religioni, specialmente cristiani, e anche sulla difficoltà, alla luce dell'attuale storiografia ed ermeneutica (ibidem p. 378) di stabilire quanto i caratteri esoterici e iniziatici fossero prevalenti rispetto ad altri e di come sia difficile oggi stabilire una precisa definizione dei termini "misterico" e "mistico" se non in modalità formale (ibidem n. 3. p. 377).

[18] Si veda Antonio Virgili, Culti misterici ed orientali a Pompei, Gangemi, 2008, Introduzione.

[19] Livio e Tacito definiscono il Collegium come aggregazione di persone unite da un simile scopo. Questo tipo di aggregazione sarà definito nel Medioevo dalla parola Universitas.

[20] Scrive il giureconsulto Gaio del III secolo: «Non è consentito a tutti senza distinzione costituire una società (societas) [commerciale], un collegio (Collegium) (professionale) o una siffatta struttura corporativa (corpus): questa materia è infatti rigorosamente disciplinata (coercetur) sia da leggi, sia da senatoconsulti, sia da costituzioni imperiali. Soltanto per pochi scopi [di pubblica utilità] sono state consentite strutture corporative (corpora) di tal genere: così è stato, appunto, consentito ai soci che riscuotono le entrate pubbliche o sfruttano le miniere d'oro e di argento, o le saline, di costituirsi in strutture corporative (corpus habere). Parimenti sussistono a Roma determinati collegi (Collegia), la cui struttura corporativa è stata confermata da senatoconsulti e costituzioni imperiali come quella dei mugnai e certi altri (simili) e dei trasportatori marittimi, che si trovano anche nelle province. 1. È poi proprio di coloro ai quali è stato concesso (permissium) di costituirsi (corpus habere) in corporazioni (collegii societatis), in quanto componenti di un collegio professionale, di una società commerciale o di altra organizzazione dello stesso tipo di avere, sull'esempio della comunità politica (rei publicae), beni comuni, una cassa comune, e un rappresentante (actorem) o sindaco (syndicum), per mezzo del quale, come nella comunità politica (re publica), possa essere attuato e fatto tutto ciò che è necessario attuare e fare in comune (comuniter)». Cit. in Francesco Milazzo, Affari, finanza e diritto nei primi due secoli dell'impero - Atti del Convegno internazionale di diritto romano (Copanello, 5-8 giugno 2004), Giuffrè, 2012, p. 195. Anche Gaio nei suoi trattati non fa menzione di pratiche iniziatiche o esoteriche nei Collegia e corpora romani.

[21] Si veda Plutarco, Vite parallele. Licurgo e Numa Pompilio, Bur, 2012.

*L'immagine è gentilmente concessa da https://www.maquettes-historiques.net

[22] Una lista completa delle corporazioni romane è data da Waltzing Jean Pierre, nel suo monumentale Étude historique sur le corporations professionelles chez le Romains I-IV, Lovain, 1895-1900. L'Autore enumera quarantacinque diverse corporazioni tra greche e latine; studi epigrafici più recenti ne hanno individuate altre, al proposito si vede di ChelottiMarcella, Epigrafia e territorio, politica e società: temi di antichità romane, Edipuglia, 1994. Sulle corporazioni romane è anche rilevante il testo di Cameron Hawkins, Roman Artisans and the Urban Economy, Cambridge University Press, 2016.

*L'immagine è gentilmente concessa da https://www.maquettes-historiques.net

[23] Il concetto di pubblica utilità (utilitas publica), presso i Romani, era inteso in modo abbastanza ampio, per cui anche il Collegium Centonariorum, corporazione dei fabbricanti di stoffa, era ad ogni titolo di pubblica utilità.

[24] Si ricorda che a Bisanzio Leone VI il Saggio (866-912) con il "Libro del Prefetto" regolamentò l'attività e l'organizzazione interna delle associazioni di mestiere chiamate πολιτιϰά σωματεῖα (politicà somateìa) o συστήματα (sustémata) di modo che le attività artigianali erano riunite in associazioni e l'ammissione di nuovi artigiani era sotto controllo e accettazione di funzionari pubblici.

[25] Ad esempio, oggi in Italia protettori sono per gli albergatori San Giovanni Battista, i camerieri Santa Zita, i Vigili del Fuoco, gli artificieri e altri hanno Santa Barbara, gli artigiani San Giuseppe, gli autisti San Cristoforo, gli elettricisti Santa Lucia, e via dicendo.

[26] Si veda Jinyu Liu, Collegia Centonariorum: The Guilds of Textile Dealers in the Roman West, Brill, Leiden-Boston, 2009. L'Autore osserva che, limitando la ricerca a questo Collegium, esso era molto presente in Italia centro e nord, poco nel sud, ma anche nel sud della Gallia, in Hiberia, nelle provincie della Pannonia (tra i fiumi Danubio e Savia), nel Noricum; sono state trovate tracce nell'Africa consularis ma non in Britannia e Germania, mentre sono state trovate in due luoghi della Britannia delle iscrizioni dei Collegia fabrorum. Questo Collegium era sicuramente molto distribuito nell'Impero per ovvie necessità (pp. 30-33), I centonari tanto quanto i fabrori, in certe occasioni assistevano i vigiles allo spegnimento degli incendi.

[27] Nel De cognitionibus di Callistrato, i Collegia per ottenere dei beneficia/privilegia dovevano ottemperare a certe condizioni: a) stato giuridico: quibus ius coeundi lege permissum est; b) composizione: in quibus artificii sui causa unusquisque adsumitur ut fabrorum corpus est et si qua eandem rationem originis habent; c) scopo: instituta sunt, ut necessariam operam publicis utilitatibus exhiberent. Cit. in Rossella Laurendi, Riflessioni sul fenomeno associativo in diritto romano. I collegia iuuenum tra documentazione epigrafica e giurisprudenza: Callistrato de cognitionibus D. 48.19.28.3., Annali del seminario giuridico della Università di Palermo, volume LIX, 2016, p. 269.

[28] Plinio, Pan. 54,.4, Ep. 10.34.

[29] Tra il I secolo, nell'età di Plinio, e il II secolo vivacissima fu l'attività edile essendosi la popolazione di Roma incrementata da 1 milione di abitanti a 1 milione e mezzo che vivevano in circa 48.000 edifici. Numerosissime dovevano essere le imprese coinvolte in questo sviluppo urbanistico, senza pensare alle opere d'urbanizzazione che venivano avviate nell'enorme impero dell'epoca in Europa, Africa e Asia. Si veda Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Ed. 1949 Vol. XXIX e anche AA.VV. Roma antica, a cura di Andrea Giardina, Mondadori Milano, 2002

[30] Jean Michel Carrié, Rita Lizzi Testa (ed.), Humana sapit. Études d'Antiquité tardive offertes à Lellia Cracco Ruggini (BAT, 3), Turnhout, 2002 : « Les associations professionnelles à l'époque tardive, entre munus et convivialité », p. 309-332.

[31] Si veda Mario Trommino, Il collegio dei pontefici nell'architettura costituzionale Romana - Dalla nascita ai rapporti con i componenti dell'ordo sacerdotum, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria - Dipartimento di Giurisprudenza ed Economia, Dottorato di ricerca in Storia del pensiero e delle istituzioni giuridiche romane, 2013-2014.

[32] Cfr. La storia romana di Tito Livio, Vol. 2, trad. di C. Luigi Mabil, Tip. di Giuseppe Antonelli, Venezia, 1842, p. 1275 (vers. lat.) e 1276 (vers. it.). Nel testo di Livio il Senato chiede al Collegium dei Pontefici un parere sulle spese da affrontare per certi giochi. Il Collegium risponde che non è una questione religiosa e rimanda al Senato. È probabile che il Senato volesse un parere sulla moralità di spendere eccessivamente per dei giochi, ma i Pontefici non si fanno coinvolgere e distinguono nettamente tra questioni amministrative e religiose.

[33] Sempre Livio cita un caso nel quale una festività pubblica fu fatta ripetere per parere pontificale perché il rituale fu svolto in modo errato avendo omesso un richiamo al senato e al popolo romano.

[34] Un esempio è un'iscrizione della presenza del "Collegium fabror(um)" ai margini dell'Impero che è stata trovata in Britannia, Chirchester (Novomagnus) databile nel periodo 403-410 e nella quale si legge che il Collegium dedica un tempio a Nettuno e Minerva.

[N]eptuno et Minervae

templum

[pr]o salute do[mus] divinae

[ex] auctoritat [e Ti(beri)] Claud(i)

[To]gidubni r[eg(is) m]agni Brit(anniae)

[colle]gium fabror(um) et qui in eo

[sun]ṭ d(e) s(uo) d(ederunt) donante aream

[... Pud]ente Pudentini fil(io) »; si veda on line: https://romaninscriptionsofbritain.org/inscriptions/91

Un'altra epigrafe funeraria rintracciata a Corbridge cita un "vessillario di Palmira" che gli esperti ritengono portatore di vessillo di una corporazione, non esistendo nella terminologia militare e politica romana un tale titolo. Altra epigrafe britannica interessante è quella di un membro del Collegium peregrinorum (persone libere ma senza cittadinanza romana che in epoca claudia erano l'91 % della popolazione di 70 milioni di sudditi); si veda ibidem .../69 Il termine di peregrinus fu utilizzato dal 30 a.C. al 212 d.C. Il lemma Collegium è quindi da intendersi qui come aggregazione di persone. Numerose sono le epigrafi britanniche di persone che si dichiarano adoratori di differenti divinità, sia appartenenti a gruppi sociali che professionali. In ogni caso è evidente che le corporazioni professionali erano presenti nell'Impero e non solo sul suolo italico a dimostrazione del loro carattere laico e secolare. Infatti nessuna epigrafe fa riferimento a culti misterici.

[35] Solo come esempio, Plinio il Vecchio diceva nel Naturalis Historia del 77 d.C. che le strutture dei porti romani, esposte alla forza del mare diventavano sempre più robuste. Le opere edili romane si sono conservate per duemila anni a ragione della tecnica costruttiva della manta cementizia. Questa malta era prodotta con una sofisticata elaborazione di vari materiali tra cui quelli vulcanici che anche in presenza di acqua marina non si disgregano, mentre le moderne malte cementizie durano pochi decenni. La composizione della malta romana è stata svelata recentemente da un gruppo di ricercatori. Si veda Phillipsite and Al-tobermorite mineral cements produced through low-temperature water-rock reactions in Roman marine concrete, in American Mineralogist, 102 (7), 2017, pp. 1435-1450.

[36] Sul monopolio tecnico-produttivo e sul protezionismo economico delle corporazioni, sulle sue ragioni e ricadute socioeconomiche e sulle condizioni di segretezza delle conoscenze si veda Douglass C. North, Structure and Change in Economic History, ed. sc. 1981, p. 134 e anche Henry Pirenne, Economic and Social History of Medieval Europe, Harcourt, Brace, 1937.

  • [37] Pitagora di Samo, giunto a Crotone intorno al 530 a.C., fondò una scuola di studi filosofici e scientifici; pare che sia stato lui a coniare la parola filosofia, filosofo. A differenza delle scuole fisiologhe, naturalistiche ioniche, la sua era caratterizzata da profonde implicazioni religiose nella visione del mondo. La severa religiosità o misticismo di Pitagora era avvicinabile all'orfismo, non quello popolare ma piuttosto di carattere elitario. Era una visione fondata sull'equilibrio delle forze e che aveva anche dei risvolti politici, in una Crotone in quel momento in crisi, essendo stata sconfitta dai locresi di Locri Epizefiri. La sua visione influenzò il pensiero politico di Platone e, nella prima metà del IV secolo, della Magna Grecia, come ad esempio il governo dei pitagorici a Taranto. Successive interpolazioni del suo pensiero lo hanno raffigurato come taumaturgo sciamanico, fondatore di una scuola iniziatica ed esoterica. Il carattere "esoterico" della scuola pitagorica è giustificato dall'organizzazione della scuola stessa che suddivideva i discepoli tra esperti e uditori (che non intervenivano nelle lezioni); dunque con carattere elitario, riservato e non perché fossero trasmesse oralmente sapienze segrete o misteriche. La riservatezza dello spirito religioso pitagorico era dovuta anche dal fatto che tale religiosità era lontana da quella ufficiale praticata nelle polis e invisa sia dai governanti che dal popolo; anche le sue idee politiche erano innovative suggerendo che il governo di una polis o di una qualunque comunità dovesse essere esercitato da un gruppo di sapienti, idea poi sviluppata da Platone. Pitagora, quando lasciò Crotone si recò a Locri ma non fu accettato proprio per le sue idee religiose e politiche. Si rifugiò a Metaponto dove morì all'inizio del V secolo a.C. Per una disamina più approfondita si veda Giovanni Pugliese Carratelli, Magna Grecia: vita religiosa e cultura letteraria, filosofica e scientifica, Electa, 1985.

[38] Si veda Marc Bloch Lineamenti di una storia monetaria d'Europa, Einaudi, 1981.

[39] Cfr. Marc Bloch Lavoro e tecnica nel Medioevo, Laterza, 20095, pp. 111-156.

[40] Il termine è significativo anche oggi ove i luoghi preposti allo studio mantengono la parola che designava le medievali corporazioni di studenti (universitas scholarum). La parola si ampliò nei secoli seguenti al concetto di collettività di cittadini.

[41] Cfr. Otto Gierke, Das deutsche Genossenschaftsrecht, vol. 1, Rechtsgeschichte der deutschen Genossenschaft, Weidmann, 1868, pp. 9 e 21. Il concetto di "affratellamento degli artigiani" è stato avanzato anche da W.E. Wilda in Das Gildewessen im Mittelalter, Rengen, 1831, p. 31.

[42] Si veda Charles Gross, The Gilde Merchant. A contribution to British Municipal History, vol. 2, Clarendon Press, 1890.

[43] Cfr. Max Weber Economia e società - La città, Donzelli, 2003, p. 134.

[44] Ibidem p. 77.

[45] Ibidem, p. 75.

[46] Ibidem, p. 72.

[47] Alcuni documenti attestano che tra I Muratori (ma forse anche presso altre corporazioni e gilde) ci si scambiassero dei gesti (modi particolari di stringere la mano o altro) e delle parole note solo a loro che dimostravano il proprio ruolo professionale. Tuttavia in un'epoca ove le professionalità di un certo livello erano rare e i nomi di chi le possedeva abbastanza noti dovrebbe far pensare che erano altri i modi per riconoscere un certo livello di mestiere e che tali gesti e parole avessero più un senso cerimoniale. Inoltre le corporazioni muratorie in ogni paese europeo erano molte ed è difficile credere che esistesse un modo univoco di riconoscimento o che tutti conoscessero le formule di riconoscimento di tutte le corporazioni di un mestiere. Nessuna formula segreta avrebbe potuto esistere per molti anni o secoli.

[48] Questa è una tesi proposta da Maarten Prak nel suo Craft Guilds in the Early Modern Low Countries: Work, Power and Representation, Ashgate, 2006.

[49] Si veda Enrico Artifoni, Forme del potere e organizzazione corporativa in età comunale: un percorso storiografico, in Economia e corporazioni. Il governo degli interessi nella storia d'Italia dal medioevo all'età contemporanea, a cura di C. Mozzarelli, Milano 1988, pp. 9-40.

[50] Si veda Sheilagh Ogilvie, Rehabilitating the guilds: a reply, in Economic History Review, 61, 1, 2008, pp. 175-182. Jay S. Epstein nel suo Craft Guilds, Apprenticeship, and Technological Change in Preindustrial Europe in The Journal of Economic History 1998, pp. 684-713, avanza una tesi, forse troppo entusiasta, dell'apprendistato corporativo come fattore trainante dello sviluppo delle corporazioni nei termini di stimolo alla distribuzione internazionale (tra regione e regione e tra paese e paese) delle conoscenze e invenzioni tecniche. Una distribuzione conseguente alla migrazione interregionale degli "esperti di mestiere", che consentiva alle corporazioni di mettersi in vincente competizione con le realtà economico-produttive del momento. Più approfonditamente la tesi è sviluppata nel suo Guilds, Innovation and the European Economy, 1400-1800, Cambridge University Press, 2008.

[51] Sulla situazione della schiavitù e del servaggio nell'Alto Medioevo si veda Marc Bloch Lavoro e tecnica nel Medioevo, Laterza, 20095, pp. 221-263 e per la denotazione di libero e di libertà pp. 29-71.

[52] Dalla fine del V sec. papa Gelasio proibisce ai cristiani di frequentare luoghi pubblici, cerimonie e feste pagane. In quell'epoca, specialmente a Roma, i luoghi pubblici come terme, biblioteche, templi, accampamenti militari urbani ed edifici istituzionali perdono la loro importanza e non vengono più frequentati, addirittura vengono smantellati dai privati e Maiorano nel 458 emette un editto coercitivo sulle pratiche religiose in luoghi pubblici. Nel V sec. e successivamente l'edilizia è confinata quasi solo nella costruzione di chiese cristiane, nuove o come per il Pantheon di Roma tramutate al culto cristiano. A proposito dell'attività edile, in particolare cosmatesca, in Italia e nella Roma dell'Alto Medioevo si veda Giuseppe Tomassetti, Dei sodalizi in genere e dei marmorari romani, in BCom, n.33, 1906, pp. 235-69.

[53] Cfr. Gabriella Piccinni, I mille anni del Medioevo, Pearson Italia, 2007, pp. 124-125.

[54] In Summa Perusina - Adnotationes constitutionum codicum domini Iustiniani, a cura di F. Patetta, Bollettino dell'Istituto di diritto romano 12, 1990.

[55] La parola gilda viene dall'antico gjald, in gotico gild, in antico tedesco gelt, nell'antico sassone geld e nell'anglosassone gield, tutte parole con il significato di confraternita.

[56] Le associazioni mestiere erano presenti in tutti i paesi occidentali fino all'Estremo Oriente. Si hanno notizie di tali associazioni in tempi remoti della Cina e in India persino dal 400 a.C. Per l'India si veda: Jain, Dr. Beena Guild organization in Northern India (from earliest times to 1200 bc), Delhi, 1990 e dove appare che qualunque mestiere era organizzato in corporazione dai tempi più remoti; per la Cina si veda Morse, Hosea Gallou, The Gilds of China, with an account of the Gild Merchant or Co-Hong of Canton, London 2nd Ed. 1932, ove è nutrita la lista di corporazioni di mestiere in molte città.

[57] In Inghilterra si hanno notizie di guilds, corporazioni ma più esattamente confraternite religiose in molte città. La parola inglese guild non distingue tra corporazioni, gilde e confraternite. Era presente nelle Orcadi in periodo anglo-sassone una guild a Abbotsbury; poi la Guild of the Holy Cross di Abingdon, la Gild of the Crucifix fondata nel 1369 in Althorp, la Gild of Corpus Christi del 1376 in Alvingham e molte altre decine. Tuttavia di corporazioni di mestiere non si hanno dati anteriori al X-XI secolo; si veda il riguardevole elenco delle guilds britanniche con una interessante bibliografia per quasi tutte le guilds redatto da Tom Hoffman, Guilds and Related Organisations in Great Britain and Ireland, Bozza, 2011. Hoffman citando il testo Merchant and Craft Guilds. A History of The Aberdeen Incorporated Trades di Ebenezer Bain annota che la denominazione di guild in Scozia era esclusivamente applicata alle associazioni od organizzazioni di mercanti costituite dalla classe mercantile della comunità. Queste avevano diritti quasi identici tra loro che spesso entravano in conflitto con quelli dei mercanti privati. Dal 1520 divenne usuale in alcune cittadine che all'aggregazione di artigiani fosse assegnata un'autorizzazione (Seals of Cause) dai magistrati locali. Il potere di formare associazioni e di eleggere i propri rappresentanti era conferito per legge del Parlamento e per potere reale. Tali rappresentanti (deacons)però dovevano essere eletti con il consenso del consiglio comunale o dal dirigente (chief officer) della città. Tali deacons avevano il potere giurisdizionale su tutti i membri, operai, servi e apprendisti sulle questioni interne di artigianato e sulla condotta dei membri stessi.

[58] Successive scoperte di documenti e statuti hanno incrementato le conoscenze storiografiche sulle corporazioni medievali.

[59] Brunelleschi non avrebbe potuto progettare e costruire a cupola del Duomo di Firenze senza la volontà culturale politica e finanziaria di Cosimo dei Medici.

[60] Solo nei decenni a cavallo del 1600 e 1700 il processo s'invertì con un forte aumento demografico, con la ripopolazione delle campagne e l'incremento e miglioramento della produzione agricola e il conseguente aumento del valore dei terreni e delle rendite fondiarie, con lo sviluppo della produzione industriale e l'incremento degli scambi commerciali interni ed esteri.

[61] Carr Thomas, The Ritual of the Operative Freemasons', London, 1911

[62] Questa Company è citata anche da Robert Freke Gould in The Concise History of Freemasonry, Courier Corporation, 2012, p. 77.

[63] Nel senso di aggregazione di imprese aventi diversi scopi e/o attività lavorative, legalmente riconosciute.

[64] Nel 1611 fu costituita una gilda di mercanti in Alnwick (Northumberland) della quale potevano essere ammessi anche i freemen, presumibilmente degli operatori indipendenti. Cfr. Tom Hoffman Guilds and Related Organisations in Great Britain and Ireland, Bozza, 2011, p. 3. La stessa cosa avvenne, sempre per regola cittadina o interna, nelle gilde nel XVI e fino al XVIII secolo in Barnstaple (Devon) e anche in Bishop's Castle (Shropshire), in Berwick Upon Tweed (Northumberland) ove erano presenti guilds religiose e anche di mercanti, pellai, menestrelli. Altre ancora specialmente in Scozia.

[65] Per queste osservazioni si fa riferimento a Marc Bloch, Lavoro e tecnica nel Medioevo, Laterza, 20095.

[66] Sulla condizione di schiavo, servo e libero nel Medioevo si veda Marc Bloch Liberté et servitude personnelles au Moyen-âge, particullièrement en France - Contribution à une étude des classes, Mélanges historiques, 1963, p. 286-355. Lo stesso Autore cita esempi simili in Germania e Inghilterra.

[67] Sempre M. Bloch rileva come l'idea di servaggio si espliciti in hommage [ossequio] che implica il riconoscimento della sudditanza a un potere superiore e il cambiamento anche con modalità ritualistiche delle formalità di sudditanza. Si veda Marc Bloch Les formes de la rupture de l'hommage dans l'ancien droit féodal, Mélanges historiques, 1963, p. 189-209.

[68] In MQ 11.10.2004 si cita l'affiliazione di Sir Robert Moray il 20 maggio 1641 nella St Mary's Chapel Lodge di Edimburgo.

[69] Cfr. Conrad Hermann Josten, Elias Ashmole (1617-1692). His Autobiographical and Historical Notes, his Correspondence, and Other Contemporary Sources Relating to his Life and Work, Clarendon Press, Oxford, 1966, vol. II, pp. 395-396. Nel suo diario Ashmole, trentasei anni dopo [sic], annotava il 10 marzo 1682: «About 5 H: P.M. I received a Sumons to appeare at a Lodge to held the next day, at Masons Hall London» [Circa alle 5 del pomeriggio ho ricevuto una convocazione per essere presente alla Loggia che si terrà il prossimo giorno, alla Masons Hall di Londra]. Il giorno successivo ancora annota: «11th Accordingly I went & about Noone were admitted into the fellowship of Freemasons, Sir William Wilson Knight, Capt. Rich: Borchwick, Mr Will: Woodman, Mr Wm Grey, Mr Samuel Taylour & Mr William Wise. I was the senior Fellow among them (it being 35 years since I was admitted). There were present beside myself the Fellowes after named. Mr Thos: Wise Mr of the Masons Company this present yeare. Mr Thomas Shorthose, Mr William Hamon, Mr John Thompson, & Mr Will: Stnaton. We all dyned at the Half Moone Tavern in Cheapside, at a Noble Dinner prepared at the charge of the New-accepted Masons. » [Alle 11 di conseguenza, ci andai e circa a Mezzodì furono ammessi nella fratellanza di Massoni, Sir William Wilson Knight, Capt. Rich: Borchwick, Mr Will: Woodman, Mr Wm Grey, Mr Samuel Taylour & Mr William Wise. Ero il Compagno Anziano (essendo 35 anni da che fui ammesso)... Pranzammo tutti alla Taverna della Mezza Luna in Cheapeside, ad un Nobile Pranzo predisposto a spese dei Neo-accettati Massoni]; cfr. Josten 1966, vol. IV, pp. 1699-1701. Il suo diario con il titolo Memoires of the Life of Elias Ashmole Esq, fu pubblicato nel 1717 a Londra; si veda l'editoriale su Ashmole in MQ magazine del 11 ottobre 2004.

[70] David Stevenson, The Origins of Freemasonry: Scotland's Century, 1590-1710, 1990, p. 207. Cambridge University Press, Cambridge.

[71] In Cannongate, antico sobborgo di Edimburgo erano presenti diverse corporazioni (dodici) raccolte nella Convenery of Trades of Edinburgh che comprendeva fabbri (presenti già nel 1483), cappellai, tintori, pellai, pellicciai, macellai, operai costruttori (ai quali si aggiunsero nel 1489 i bottai e nel 1633 i pittori, i fabbricanti di tegole e quelli di setacci). C'erano poi costruttori edili (Masons) ai quali nel 1633 si aggregarono i costruttori di archi e volte, i vetrai, i lattonieri e i tappezzieri. Anche presenti erano le guilds di sarti, panettieri, calzolai, orafi e tessitori. Una gilda di mercanti era operativa nel XV secolo (1403) e il re Giacomo IV di Scozia ne fu membro nel 1505, una presenza che dava grande prestigio alla gilda. Essa riordinò il proprio statuto, garantito dal re Carlo II, nel 1691 ammettendo cittadini non mercanti. Cfr. Tom Hoffman Guilds and Related Organisations in Great Britain and Ireland, Bozza, 2011, p. 253.

[72] Cfr. David Stevenson The Origins of Freemasonry: Scotland's Century, 1590-1710, 1990, p. 207. Cambridge University Press, Cambridge.

[73] Scrive David Stevenson (p. 7):

« Earliest use of the word 'lodge' in the modern masonic sense, and evidence that such permanent institutions exist

Earliest official minute books and other records of such lodges

Earliest attempts at organising lodges at a national level

Earliest examples of 'non-operatives' (men who were not working stonemasons) joining lodges

Earliest examples of 'non-operatives' (men who were not working stonemasons) joining lodges

Earliest evidence connecting lodge masonry with specific ethical ideas expounded by use of symbols

Earliest evidence indicating that some regarded masonry as sinister or conspiratorial

Earliest references to the Mason Word

Earliest 'masonic catechisms' expounding the Mason Word and describing initiation ceremonies

Earliest evidence of the use of two degrees or grades within masonry

Earliest use of the terms 'entered apprentice' and 'fellow craft' for these grades

Earliest evidence (within the Lodge of Edinburgh) of the emergence of a third grade, created by a move towards regarding fellow craft and master not as alternative terms for the same grade but as referring to separate grades (or at least status) ».

[74] Ibidem p. 8:

«Earliest copies of the Old Charges (no Scottish copies are known which pre-date the mid seventeenth century)

Widespread use of the word 'freemason', and use of the term 'accepted mason'

Earliest lodge composed entirely of 'non-operatives' (which can be interpreted as indicating how English masonry was, much more than Scottish, an artificial creation, not something that grew out of the beliefs and institutions of working stonemasons). The earliest grand lodge».

[75] Gordon Donaldson, in Register of the Privy Seal of Scotland, 1581-1584, Scottish Record Office, 1982, vol. 8, pp. 276-277 no. 1676 riporta le funzioni di Schaw: «Grit maister of wark of all and sindrie his hienes palaceis, biggingis and reparationis, - and greit oversear, directour and commander of quhatsumevir police devysit or to be devysit for our soverane lordis behuif and plessur.' or, in current words; 'Great master of work of all and sundry his highness' palaces, building works and repairs, - and great overseer, director and commander of whatsoever policy devised or to be devised for our sovereign lord's behalf and pleasure».

[76] Con atto del notaio Laurentius Robertson.

[77] La cappella Roslin è un altro dei discutibili miti massonici che vorrebbero legare la famiglia Sinclair con i Templari. In effetti le cronache riportano che un William Sinclair, Barone of Roslin e padre del Principe Henry Sinclair morì nel 1358 in Lituania in una battaglia condotta dai cavalieri teutonici, ma non templari. La cappella fu risparmiata da Cromwell ma sembra sia stata utilizzata come stalla dalle sue truppe. Essa fu restaurata da James Sinclair nel 1736. È più probabile che il loculo ove appare una statua di cavaliere crociato con un angelo sia un tributo all'antenato morto in Lituania, piuttosto che una dichiarazione di legame con i Templari.

[78] Cfr. David Stevenson The Origins of Freemasonry: Scotland's Century, 1590-1710, 1990, p. 9.

[79] «That would make the rank of a person doing certain things, not the things themselves, define freemasonry. » Ibidem p. 12.

[80] Si veda in A complete dictionary of the English language, 1797, by Thomas Sheridan, A.M. the fourth edition, vol, II, London, pr. for Charles Dilly et al., 1767: « To LODGE, Iodzh'. v. a. To place in a temporary habitation; to afford a temporary habitation; to place, to plant; to hx, to settle; to place in the memory; to harbour or cover; to afford place to; to lay flat. - To LODGE, lòdzh'. v. n. To reside, to keep residence; to take a, temporary habitation; to take up residence at nsight; to lie flat. - LODGE, Iodzh'. f. A small house in a park or forest; a small house, as the porter's lodge». Si veda anche: An Universal Etymological ENGLISH DICTIONARY..., Twentieth Edition with considerable Improvements, by N. Bailey, London, 1763: «A LODGE [loge. P.] a Hut or Apartment for a Porter of a Gate, &c. - To LODGE {loger, F. jelojian, Sax.] to lay up; to take up Lodging in. - To LODGE [among Hunters] a Buck is faid to lodge, when he goes to Rest. - LOGE, a Lodge, a Habitation. Chou».

[81] Robert Cawdrey nel suo A Table Alphabeticall Of Hard Usual English Words, London, Printed by I. R. for Edmund Weaver, 1604, definisce «Initiated: to begin, instruct, or enter into» [incominciare, istruire, o entrare in].

[82] Non si conoscono le versioni originali del Corpus Ermeticum, una collezione di scritti ermetico-neoplatonici, ma solo la traduzione greca risalente al XI secolo per opera del bizantino Michele Costantino Psello. Il suo testo fu poi acquisito intorno al 1460 da Cosimo dei Medici che lo fece tradurre da Marsilio Ficino in latino. Isaac Casaubon, nel De rebus sacris et ecclesiasticis del 1614, Rarebooksclub.com, 2013, dimostrò che gli scritti ermetici non erano anteriori all'epoca ellenistica e dubitò che Ermete sia mai esistito. Tale tesi ermeneutica ancora non è stata confutata dagli studiosi.

[83] Tra i primi naturalmente i dizionari latino/inglese, come quello di Thomas Elyot del 1538, ma anche, nel 1583, quello di Richard Mulcaster di ottomila lemmi; Richard Mulcaster è considerato il fondatore della lessicografia della lingua inglese. È da citare anche l'erudito lessicografo Giovanni (John) Florio, per il suo dizionario italiano/inglese, egli fu tutore reale della lingua alla corte di Giacomo I.e. tra I più importanti umanisti del Rinascimento inglese; egli per primo usò delle citazioni per meglio spiegare le parole. È da citare William Salisbury che nel 1547 compilò un dizionario inglese/gallese. Il primo dizionario della lingua inglese apparve nel 1604, seguito nel 1607 da un dizionario di parole legali, di John Cowell; dopo, nel 1658 il citato dizionario di Edward Phillps. I dizionari di lingua inglese si moltiplicarono nel XVIII secolo.

[84] Cfr. Ewing James, View of the History, Constitution, & Funds, of the Guildry, and Merchants House of Glasgow, Printed by J. Hedderwick, p. 7, 1817.

[85] Qui Merriam-Webster Dictionary ripete la definizione latina (Livio e Tacito) di Collegium - si veda in seguito nel testo.

[86] In The English Dictionarie (sic) of Interpreter of Hard English Words, by H.C. Gent, Printed by A. M. for T. W., London, 1647. Un dizionario ad uso popolare con imprecisioni di stampa. Si deve precisare che fino al XVIII secolo i dizionari erano compilati per un pubblico, di eruditi o studiosi.

[87] In The New World of English World or a general Dictionary...... By Edward Phillips, London, Printed for Nath. Brook, 1658.

[88] Printed forT. Osborne, C. Hitch and L. Hawes, B. Dod, London, 1757

[89] Dictionary of English Language ... forth Ed., Printed for Charles Dilly, 1797

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