La Massoneria, una tradizione inventata
Francesco Angioni
Nel mondo britannico della fine del XVII secolo si viveva un senso di profonda crisi, gli antichi valori culturali perseguiti dai poteri delle Chiese e degli Stati erano stati sconvolti da guerre e rivoluzioni, la morale era stata parcellizzata in tante diverse morali a causa delle differenze religiose e politiche. Si presuppone tuttavia che nelle situazioni di generale crisi socioculturale sorgano fenomeni di "rigenerazione" con l'intento di offrire nuove vie di comportamento sociale creando dei fittizi legami con tradizioni antiche. In concreto inventando una nuova tradizione, cioè riprendendo dal passato concetti e valori e reinterpretandoli alla luce delle nuove esigenze.
Questo è il meccanismo che l'antidogmatico storico Eric
Hobsbawm chiamò la tradizione inventata:
«Per "tradizione inventata" si intende un insieme di pratiche, in genere
regolate da norme apertamente o tacitamente accettate, e dotate di una natura
rituale o simbolica, che si propongono di inculcare determinati valori e norme di
comportamento ripetitive nelle quali è automaticamente implicita la continuità
col passato (...) è caratteristico delle tradizioni "inventare" il fatto che
l'aspetto della continuità sia in larga misura fittizio»[1].
Dietro a questo fenomeno c'è il bisogno, di rendere stabile e identica al
passato una nuova struttura sociale e/o una sovrastruttura culturale
cristallizzandola nel tempo con un'apparente perennità. Per dare questo senso
della continuità si "inventano" delle formalizzazioni, come regole e rituali,
che si vogliono intendere come ripetizioni di uguali regole e rituali del
passato.
Sempre Hobsbawm ipotizza che la tradizione inventata: «si
verifichi più frequentemente quando una rapida trasformazione della società
indebolisce o distrugge i modelli sociali ai quali si erano informate le
"vecchie" tradizioni, producendone di nuovi ai quali queste non sono più
applicabili; oppure quando le vecchie tradizioni, le loro carriere
istituzionali e i loro promotori non si dimostrano più abbastanza adattabili e
flessibili, o vengono comunque eliminati»[2]. Questa interpretazione è interessante nell'ambito del
fenomeno Massoneria per comprendere certi suoi meccanismi interni e certe
relazioni tra Massoneria e società negli ultimi tre secoli. A tutti gli effetti la Massoneria al suo nascere, appare
come una tradizione che con l'alibi della continuità storica propone nuovi
modelli comportamentali socioculturali; in una parola: una nuova morale, quella appunto citata
nell'articolo Primo delle Constitutions
of Freemasons redatte da James Anderson e pubblicate nel 1723. È questo un intrigante meccanismo per cui parole che
avevano antichi e rispettati significati nel mondo e nella storia del pensiero
occidentale assumono nuovi sensi più articolati e sofisticati, come le parole
libertà, uguaglianza, fratellanza. Si prenda la parola libertà. Tra ateniesi e
spartani la libertà era un valore assoluto, tanto da sacrificare la vita per
essa; lo spartano Leonida grida sprezzante all'armata persiana che chiede la
resa delle armi: "Molòn labé!", venite a prenderle, perché agli uomini liberi,
i cittadini e non i servi o gli schiavi, la libertà può essere strappata solo
con la forza e questa non è sempre sufficiente. Socrate pure sacrificò la vita
per la libertà, però, in una società schiavista. Perché libero non era l'uomo
ma il cittadino. Poi venne la libertà romana, che era libertà dall'ignoranza
con una sofisticata giurisprudenza e con la raffinata tecnologia costruttiva e
urbanistica che neppure un Tempio di Salomone poteva uguagliare. La libertà del
romano, con le sue masse sterminate di schiavi e liberti, era un valore
altissimo, ma riservato solo al cittadino, tanto che ai migliori e fidati di
altre popolazioni si dava la cittadinanza romana come sigillo della sua
assoluta libertà e dell'accettazione della sovranità romana sia politica sia
culturale. Con la fine dell'impero romano il senso laico della parola si perse
nelle vaghezze religiose delle mille interpretazioni del cristianesimo ove
un'eresia diventa dogma perché è vincente sulle altre. Alcuni Padri della
Chiesa chiedevano libertà per i propri fedeli e il proprio credo, ma
predicavano anche la morte per l'infedele con la giustificazione che se
l'infedele è un giusto o un innocente alla fine dei secoli sarà redento. Ancora
un concetto di libertà a indirizzo limitato. I diritti dei
potenti erano assoluti e solo nel XIII secolo in Inghilterra si piegò il potere
reale ai bisogni d'identità di una nobiltà e di una Chiesa che rivendicarono
una maggiore indipendenza dai poteri assoluti del re, costringendolo a
stipulare la Magna Charta Libertatum[3].
Fu una forma ufficiale di limitazione dei poteri assolutisti centrali che
contribuì a rinsaldare lo Stato con il riconoscimento di reciproci diritti,
sostanzialmente limitata alle due classi della nobiltà e del clero e anche se
riconosceva anche alcuni diritti ai servi[4]
era sempre una libertà pro domo sua. Ci vollero alcuni secoli prima che il concetto di libertà
si ripresentasse nei suoi tradizionali significati laici, facendosi largo tra
le fiamme dei roghi cattolici e protestanti di libri e persone.
In questi pochi esempi ogni volta la libertà viene
considerata un valore universale e paradossalmente rivendicata da un gruppo
contro un altro gruppo che è al potere. Simile discorso si può fare per i tanti
valori "universalistici" che sono nell'antichità come oggi predicati, in una
logica (sic) di post hoc, ergo ante hoc.
Un universalismo troppo contingente, ma che deve essere giustificato volta per
volta con un richiamo al passato, perché allora come oggi il passato sembra
essere la ceralacca timbrata a caldo che sanziona la validità di un'asserzione
del presente. Lessing nei suoi Dialoghi
massonici ironizza proprio su questa logica che dichiara una cosa vera solo
perché detta da qualche antico, senza metterla in discussione. In altri
termini, si dà una patente di antico a un qualcosa che invece è molto moderno,
gli si assegna una tradizione che non è mai esistita e in tale modo si può
giustificare tutto. La tradizione è un potente alleato di chi vuole creare un
nuovo sistema di valori; come si può negare valore alla parola "fratellanza"
quando ci si richiama alla logica di solidarietà "fraterna" tra iniziati di una
gilda o corporazione o all'unitarietà di un solidale gruppo conventuale o
guerriero-monastico o cavalleresco? La questione è che dentro queste parole ci
sono significati che hanno un valore distintivo, riservato (esoterico) e
comprensibile solo agli iniziati. Però, la parola
è e rimane un valore "tradizionale", ma di una tradizione che non esiste e che
volta per volta viene ricreata a giustificazione di nuove realtà diverse, ora
di progresso ora di regresso, come nel caso della falsa tradizione ariana di un
nazismo o di una romanità da piazza di un fascismo o di una massoneria
d'origine templare. Ma non bastano le parole, ci vogliono i documenti, e se non
ci sono lì si inventa, corroborati da simboli, allegorie e cerimonie. Senza
questi elementi le parole rimarrebbero parole; i simboli, le allegorie e le
cerimonie ritualistiche assumono allora la valenza crismatica dei comportamenti
che ratificano la realtà inventata. I comportamenti cristallizzano le parole in
tradizione. Nessun passaparola da bocca a orecchio può concretizzarsi in
tradizione se non si definiscono pragmaticamente dei comportamenti collettivi
che la tramandano.
Quando James Anderson venne incaricato di redigere le Constitutions of Freemasons egli creò
una fittizia storia che dai tempi adamitici sarebbe arrivata al primo decennio
del XVIII secolo, una dichiarazione di umana eternità della Massoneria come
veniva intesa in quel momento. Ma a questa storia si aggiunsero dei simboli,
delle allegorie, delle strutture organizzative sociali e delle norme che davano
concretezza a una storia illusoria, invenzione di una irreale "persistenza" in
una storia infinita. Nell'intento originale questi fattori (simboli, allegorie,
ecc.) erano da considerare come "conseguenza" della storia inventata, in realtà
era la storia inventata a essere conseguenza di quei fattori predeterminati.
Nell'ambito massonico prima si definiscono le strutture operative, i gradi, le
relative simbologie e allegorie e poi il rituale, una formulazione di
tradizione che giustifica tutto quanto. Un grado o un simbolo scelto e definito
aprioristicamente assume un senso compiuto quando è celebrato dentro un
rituale. Il processo ha una sua dinamica interna che dà coesione e coerenza a
tutto il sistema ritualistico. In senso semiotico i "segni" come i gradi, i
simboli, le allegorie, le parole segrete, le posture e le gestualità rituali,
gli apparati e i paramenti sono tutti avvalorati sintatticamente dal rituale;
cambiando il rituale cambia tutto il sistema di segni e principalmente
l'interpretazione cognitiva di questi. È un processo quindi di tipo
deterministico.
In un processo deterministico ove causa e conseguenza
sono strettamente intrecciate in senso lineare (come il razionalistico post hoc, ergo propter hoc), che non
considera le deviazioni determinanti, si deve assegnare alla causa e alla
conseguenza delle cose precise, non importa se in modo errato, perché quel
processo ha comunque valore assiomatico e non problematico. I segni in senso
cognitivo non sono discutibili. È verità in sé e non di per sé. Un processo che
prescinde dal principio di non contraddizione, dalla razionalità e dalla
documentazione storica, è un farsi mitologia, o meglio "tradizione inventata".
È ciò che in psicologia sociale si chiama una "bugia blu" come si vedrà in
seguito.
Nella tradizione agiografica massonica le logge della
fine del XVII secolo erano considerate come espressioni organizzate di vetuste
o in via di dissoluzione corporazioni[5]
di mestiere. Dai documenti sembra invece che fossero organizzazioni, simili
alle confraternite di solidarietà, parallele alle corporazioni con funzioni di
supporto sociale e costituite da personaggi di rilievo della città,
organizzazioni che per mantenere il legame con la corporazione di riferimento
avevano tra i propri membri anche alcuni "operativi". La confusione terminologica tra corporazioni di mestiere
e logge massoniche nasce dall'uso del termine "lodge" che anche nel Basso
Medioevo veniva usato per definire genericamente le corporazioni. Tuttavia nel
XVII secolo la stessa parola assunse un significato diverso, applicandola non a
una struttura di decine se non centinaia di persone che lavoravano per la
corporazione, ma a un piccolo gruppo con interessi variamente culturali e che
progressivamente passarono a forme ritualistiche e con una logica di chiusura
all'esterno del gruppo.
La questione si sposta dal piano delle conseguenzialità
storiche a quello del senso epistemologico di un passaggio da una istituzione
sociale a una istituzione culturale chiusa. La documentazione storica non offre
testimonianze di tale passaggio, le relazioni tra corporazioni e logge
massoniche sono troppo labili, dando luogo non a certezze ma solo a ipotesi
esplicative che non rispondono alla vera domanda che allora deve essere: in quale
ambito di ricerca può essere posizionato il passaggio dall'operatività alla
speculazione? La questione infatti non è sulle forme strutturali delle
corporazioni e logge, completamente diverse, ma sugli aspetti sovrastrutturali
e quindi sugli scopi, le finalità e l'oggetto del riunirsi. Questo passaggio da gruppo solidale con la corporazione,
ma non interno ad essa, a gruppo dalle caratteristiche culturali estranee alla
corporazione sarebbe la vera fase di passaggio alla Massoneria speculativa.
Dunque non esisterebbe una trasformazione della corporazione in loggia
massonica ma eventualmente un richiamo ideale a una tradizione, questa sì vera,
delle corporazioni operanti da circa il IX secolo fino al XVII[6]. I primi Massoni del XVII secolo si richiamavano alla
muratoria medioevale ma senza documentare tale continuità. Invero non c'era
continuità ma "contiguità ideale", era piuttosto un perseguimento ideale, se
non un tentativo di mantenere in vita certi scopi sovrastrutturali delle
corporazioni come la solidarietà e aiuto tra i membri del gruppo, l'uguaglianza
in termini professionali senza differenziazioni sociali, la ricerca di
conoscenze svolta forse con gli strumenti non scientifici dell'epoca e cioè gli
esoterismi e in particolare la separazione dalle leggi e giurisprudenze di
natura sociopolitica difese dalle corporazioni per secoli che, anche con
trattati con le istituzioni politiche, regolavano le problematiche interne con
propri ordinamenti[7];
dunque una separazione netta dalla società allegorizzata e simboleggiata nelle
logge con patti interni di segretezza.
Come più volte ripetuto la differenza tra le antiche
corporazioni e le moderne logge era assoluta; nessun aspetto presente nelle
logge massoniche, tolte alcune simbologie, gerarchie e sue denominazioni, era
uguale o simile agli aspetti delle corporazioni seicentesche o di quelle ancora
precedenti.
Però si creò il meccanismo semiotico per cui si
prendevano parole e simboli, parabole, allegorie e cerimonie da antichi
documenti e li si attualizzavano in riti e cerimoniali, organizzazione e
paramenti, asserendo assiomaticamente che erano prosecuzioni del passato, anche
se si trattava solo di vaghe somiglianze o più correttamente delle allegorie di
antiche manifestazioni sociali. In seguito, una schiera di pseudo-storici si sarebbero
arrampicati sugli specchi della creatività per dare un senso di continuità solo
per via ipotetica e non documentale. Costoro presero la realtà del presente e
la proiettarono nel passato con una paradossale logica del post hoc, ergo ante hoc.
In ambito massonico si sente spesso parlare di "storia
mitica" della Massoneria. Un concetto di storia che non ha senso; più corretto
sarebbe parlare di "mitologia della storia" come se essa fosse l'unica realtà
giustificante l'esistenza di ciò che non esiste. Herder, nella seconda metà del
XVIII secolo era e non solo lui, un profondo conoscitore dei miti e con fine
intuito storicistico dichiarava che i miti sono il prodotto di un lungo
processo di sintesi della poesia popolare, dei racconti, delle fiabe e canzoni
tramandate attorno al fuoco tribale e che non sono cose inventate a tavolino;
il suo pensiero era che un mito non è una storia o una tradizione inventata.
Alla vera tradizione e ai veri miti non è possibile assegnare un anno o un secolo
di nascita, dietro al mito ci sono ere di elaborazione che determinano la
distinzione di una cultura da un'altra, di un popolo e di una lingua da altri.
Le vere mitologie non sono mai un prodotto universale umano ma di un popolo o
di una cultura, è la loro sovrainterpretazione che assegna un valore
universalistico, rendendolo coerente con quelli dei tempi presenti. La Massoneria, prescindendo dalle invenzioni
mitopoietiche, nasce come realtà storica nella seconda metà del XVII secolo e
non ere fa, come asseriva J. Anderson. Fino ad oggi nessun documento ha
dimostrato la continuità con un qualche fenomeno sociale preesistente e ogni
asserzione che la mancanza di documenti non definisce l'inesistenza di una
realtà può essere la prudente attesa dello storico che non chiude mai le porte
a successive scoperte, ma da qui a dare per scontata l'esistenza
dell'inesistente ce ne corre, infatti se semiologicamente ogni interpretazione
è possibile, si deve riconoscere che ce ne sono anche di errate. Un caso esemplare è quello che nel XVIII secolo e per
tutti i secoli precedenti si considerasse come il più antico tempio religioso
il Tempio di Re Salomone costruito con regole di assoluta scienza. Un'idea
connessa alle credenze religiose cristiane dell'epoca. Quel tempio fu costruito
nel X secolo a.C. Non si sapeva che le prime piramidi egizie erano del XXVII
secolo a.C. Neppure si sapeva allora che in precedente epoca neolitica, a Malta
erano stati costruiti dei templi che a loro volta sono esemplari per le
impressionanti regole costruttive alla base della loro progettazione e tecnica
architettonica, ma anche per la relazione con le conoscenze astronomiche che
solo in seguito sarebbero state formalizzate da altre civiltà[8].
Sarebbe allora da dire che la nascita della Muratoria avvenne a Malta e non in
Palestina e che i primi veri Muratori e Architetti furono quegli uomini del
Neolitico che non conoscevano l'arte del rame o del bronzo ma che fecero a mano
e a colpi di pietra delle costruzioni ciclopiche. Nel muro di cinta di uno dei
templi maltesi c'è una "pietra squadrata e levigata" del peso di oltre venti
tonnellate, trasportata da una cava lontana qualche chilometro dal tempio. Non
si hanno disegni originali di alcuna forma del tempio di Salomone, ma su una
grande pietra di un tempio maltese c'è scalfita l'esatta riproduzione della
pianta del tempio, incisione che gli archeologi datano all'epoca della
costruzione, e sono stati ritrovati ed esposti al Museo Archeologico di La Valletta anche dei modellini in pietra
della stessa epoca riproducenti i templi che oggi vediamo. C'è da rimanere
interdetti. Evidentemente l'Arte Sacra del Muratore è molto più antica
storicamente di quanto viene asserito dalla mito-storia della Massoneria.
Tornando alle gilde muratorie e alle logge massoniche,
l'unica cosa che si può dire è che il "tradizionale" legame tra la costruzione
del Tempio di Salomone, le gilde muratorie medioevali e la Massoneria moderna,
legame che ancora sussiste nell'idealità massonica odierna, è un evidente
tentativo di dare un senso perenne alla Massoneria stessa. Non è una logica
storicistica ma può essere ascritta come mitopoietica. Anderson e il ristretto gruppo di suoi Fratelli massoni
che decisero di dare delle regole precise a una nascente organizzazione di
varie logge, studiarono con accuratezza gli Statuti di molte corporazioni
muratorie medioevali e ispirandosi a questi Statuti stilarono i cosiddetti Old Charges o "Antichi Doveri dei
Massoni". In realtà i riferimenti diretti alle regole corporative medioevali sono
molto pochi, più che altro si tratta di "indicazioni" di principi similari a
quelli antichi e che erano in vigore presso le logge scozzesi e in seguito
inglesi, questi ultimi di poco precedenti alla Premier Grand Lodge. Le moderne
logge massoniche del Seicento e quelle successive erano organizzate senza
relazione alcuna con le corporazioni di mestiere, i rituali di loggia non
avevano tutti quei riferimenti religiosi cattolici presenti negli Statuti
corporativi, riferendosi piuttosto alla versione riformata della Bibbia. Le
logge dal XVII secolo in poi erano luoghi di aggregazione dove si discuteva e
teorizzava (speculava) con modalità che non erano quelle di un realizzare una
commessa o appalto assegnato da un potere civile o religioso o per ragioni di prassi
costruttiva. Insomma in queste logge si "lavorava" in un modo
assolutamente innovativo, fuori da ogni tradizione. A rigore di logica si
dovrebbe allora parlare di un'altra tradizione, quella delle antiche accademie
dove si speculava tra esperti senza estranei, quindi nel senso etimologico di
esoterico. Le logge massoniche si erano date delle regole interne
che erano regole ideali, prescrizioni d'innovazioni culturali e sociali che i
più avanzati e talora radicali intellettuali già da alcuni decenni andavano
proponendo in Inghilterra e Francia, ma anche Olanda e Germania; proposte
culturali e sociali non rintracciabili nelle tradizionali gilde medioevali,
pertanto anche in senso culturale lo iato culturale era profondo.
Per dare validità alla tesi di una tradizione che si
tramanda da più di due millenni si individuano le caratteristiche della
massoneria moderna e le si applicano alle corporazioni antiche, da quelle
romane a quelle medievali. Le due caratteristiche fondanti addebitate sono i
riti iniziatici e gli esoterismi che si afferma fossero presenti nelle
corporazioni antiche e assegnando a questi riti ed esoterismi un valore
spiritualista che si sarebbe tramandato nel tempo, ripercorrendo la strada del post hoc ergo ante hoc poiché non
esistono documenti che dimostrano tali tesi[9]. La vera importanza della nascente Massoneria non è data
dalle sue supposte origini, ma dall'innovazione socioculturale, anche in senso
morale, delle moderne logge. Lessing e Herder furono tentati ambedue dallo
studiare la storia della Massoneria, ma ci rinunciarono ben presto e loro non
erano menti da poco. Si resero subito conto che la mancanza di dati documentali
lasciava spazio a ogni fantasia e loro non avevano i piedi in alto e la testa
in basso, come ironicamente qualcuno un secolo dopo avrebbe detto a proposito
della filosofia ed economia settecentesca.
Le Constitutions of
Freemasons (prima e seconda edizione) furono comunque il documento
fondante, dal quale non si può prescindere, della moderna Massoneria. In esse sono
presenti i quattro concetti che fanno da pietra angolare e da pietra di volta
dell'intero edificio massonico, quelli di Morale, di Libertà, di Fratellanza e
di Uguaglianza. Concetti che non hanno relazione semantica (di significato
delle parole) con quelli come erano intesi nel Medioevo, ma piuttosto con quei
valori che si potrebbero definire protoilluministici; erano le anticipazioni
del più articolato e definito pensiero illuministico europeo. Inoltre negli Old Charges (sintomatico è l'aggettivo old o antico) della prima Gran Loggia,
come sopra detto, mancano i riferimenti religiosi così come erano presenti
negli statuti delle corporazioni muratorie.
Come accennato sopra nel Settecento incominciò a
incrinarsi la pretesa dello Stato e della Chiesa di porsi su un piano di
assoluta superiorità e la Massoneria si propose come alternativa di
perfezionamento delle condizioni non solo della società ma dell'intera umanità.
Nell'edizione delle Constitutions del
1723 il senso universalistico è assoluto: il Massone è assunto come membro
esemplare dell'umanità. Successivamente, nell'edizione del 1738, si fa presente
il senso cosmopolita quando si asseriscono valori e principi (ad esempio la
fede in una divinità monoteista e nelle leggi dello Stato in cui la Gran Loggia
opera socialmente) che denotano l'organizzazione massonica dentro la pluralità
delle società umane. La stessa organizzazione delle logge e della Gran Loggia
è "idealmente" mutuata (non storicamente conseguente) dall'organizzazione
corporativa. Tra le tante differenze c'è da ricordare che all'inizio la
gerarchia tra membri della loggia era tra Apprendisti e Compagni, senza un
terzo grado, di Maestro. Questo termine era la denominazione, ma non grado, del
capo della loggia o di persone di elevata conoscenza culturale anche se solo di
Primo Grado.
Nei primi anni del Settecento in alcune logge scozzesi
esisteva questo terzo grado, ma non era una pratica ritualistica generalizzata;
anche esso era mutuato dal titolo di chi dirigeva le organizzazioni cantieristiche.
In ambito inglese il grado di Maestro venne aggiunto in seguito e suffragato da
una dichiarata invenzione narrativa come quella di Hiram. La narrazione della
tragica vicenda dell'architetto del Tempio di Salomone, che non trova riscontro
nella Bibbia, è appunto un'esplicita "tradizione inventata" e che venne
formalizzata con un rituale complesso che fa parte del cerimoniale di passaggio
dal grado di Compagno di Mestiere a quello di Maestro Muratore. Gli stessi
Massoni considerano questa invenzione come una sorta di allegoria a scopi
cerimoniali e non certo come un evento di tradizione storica, infatti non si
hanno tracce documentarie né del rituale cerimoniale di passaggio né della
figura di Hiram nelle logge massoniche seicentesche e meno che mai nelle
corporazioni muratorie medioevali. Ancora oggi nessuno storico è riuscito a
scoprire chi abbia inventato e dove sia stata inventata questa leggenda.
L'altro caso più eclatante di tradizione inventata è
quello ideato da Andrew Michael de Ramsay di una continuità storica tra i
cavalieri delle Crociate e la Massoneria; giacché nessun storico è in grado di
accreditare tale tesi come attendibile e neppure ipotizzabile, ma solo come
ricostruzione di carattere più novellistico che storico. Come disse ironicamente
Dario Fo nel 1987: «Le nostre fonti non sono sempre attendibili, ma di certo
sono quasi sempre affascinanti», per cui è difficile dire quanto i Templari
fondatori della Massoneria[10]
siano una tradizione inventata o quanto una "mitobiografia" massonica fosse
volta a legittimare la Massoneria in termini meno fanta-biblici e più
fanta-cavallereschi[11].
Se si vuole parlare di "tradizione massonica" allora si
deve fare riferimento a una continuità che nasce formalmente nel 1723 con le Constitutions of Free Masons in cui si
dichiara la nascita della Grand Lodge nel 1717. Una data dichiarata ma non
documentabile, infatti tra il 1717 e il 1723 non si conoscono documenti della
Grand Lodge, così come non si hanno documenti sulle singole fondazioni delle
logge presenti nel XVII secolo e delle cui attività e pensiero fondante mancano
informazioni certe. Unica cosa sicura è che in certe regioni britanniche,
specialmente in Scozia, coesistevano i residui di alcune corporazioni muratorie
(e non solo muratorie) in via di dissoluzione per motivi storico-economici ed
esistevano sparsi e sparuti gruppi di persone che non erano membri, eccetto
rari casi, delle stesse corporazioni; gruppi che si autodefinivano "logge" e
che si erano dati regole interne e rituali nei termini citati da Hobsbawm.
La tesi della continuità storica e dunque tradizionale
tra corporazioni e logge presuppone che le stesse corporazioni per secoli siano
rimaste immutate e immutabili, senza considerare i cambiamenti effettivamente
avvenuti nel corso dei secoli e specialmente nel XVII secolo. Il riferimento
agli Statuti di queste gilde non dà e non può dare conto dei cambiamenti
organizzativi e funzionali che invece avvennero; è una forma di
cristallizzazione della storia con lo scopo di dare un senso d'immutabilità a
dei fenomeni sociali che per loro natura non possono essere statici. Tali
statuti non erano altro che atti amministrativi delle corporazioni di mestiere
che si collocano in uno specifico momento storico. In altri termini, si vuole
dare "consuetudine tradizionale" a ciò che in realtà è secolo dopo secolo
l'affermazione di nuove e successive modalità operative, funzionali e ideali,
volendo così rendere perpetua la "consuetudine". Dice ancora Hobsbawm: «Più interessante, (...), è il
ricorso a materiali antichi per costruire tradizioni inventate di tipo nuovo,
destinate a fini altrettanto nuovi. Nel passato di ogni società si accumula una
vasta riserva di questi materiali, ed è sempre facile ripescare il complesso
linguaggio di una pratica e di una comunicazione simboliche»[12].
La Massoneria si caratterizza quindi come adesione
formale al passato e allo stesso tempo come duttile innovazione socioculturale.
La Massoneria settecentesca volle imitare la forma reticolare delle corporazioni
di mestiere che operavano nelle diverse regioni di una nazione; ma in realtà
assunse delle forme completamente diverse. Ciò però fu anche la sua debolezza,
infatti quando la Massoneria nacque in Inghilterra subito si espanse
nell'Europa continentale con regole e rituali affatto diversi da quelli
inglesi, adeguandosi o meglio sottostando alle tradizioni culturali dei diversi
paesi e alle innovazioni portate dal pensiero illuministico così come pure
diversamente interpretato nelle distinte aree nazionali. La stessa prima Gran Loggia inglese fu una sorta di
"burocratizzazione" di quella plastica realtà che erano le logge massoniche
seicentesche, e le innumerevoli Gran Logge che rapidamente si crearono in quasi
tutti i paesi europei furono la forma "burocratizzata" (in senso tecnico) di un
riferimento ideale che veniva reinventato come tradizione. In quanto strutture
organizzative inserite nel sociale esse assumono, allora e oggi, regole e
procedure fissate negli Statuti di ogni Gran Loggia che vorrebbero essere
immutabili ma che in realtà cambiano in continuazione, come ogni sano statuto
associativo deve fare davanti ai cambiamenti della società se l'associazione
vuole sopravvivere. La stessa Gran Loggia d'Inghilterra (poi Gran Loggia Unita
d'Inghilterra) ha cambiato più volte il proprio statuto anche in aspetti di
rilevante importanza rispetto all'edizione del 1723. Ma queste forme di
burocratizzazione non sono espressioni né delle consuetudini né della
tradizione, sono solo aspetti di una necessaria funzionalità operativa. Altro
aspetto di discontinuità è l'assoluta difformità di organizzazione e di scopi
tra le singole logge speculative seicentesche e la prima Gran Loggia.
Come asserisce Hobsbawm gli scopi della Massoneria
moderna sono assolutamente innovativi e di rottura con una pretesa (e
inventata) tradizione storica. Dall'operatività a scopi economico-finanziari si
è passati a scopi ideali e speculativi; esiste uno iato assoluto senza quel
necessario processo di modificazione e adeguamento che sarebbe necessariamente
presente in una struttura sociale che storicamente si svolge gradualmente nella
storia. Tale processo di adeguamento socioculturale è invece presente nella
Massoneria moderna ed è evidente nel suo differenziarsi al proprio interno in
modo si direbbe costante e conseguente ai cambiamenti delle società e culture
moderne. In altri termini, si può affermare che in Massoneria la tradizione
viene inventata quotidianamente.
Questa è una constatazione di magra consolazione.
Herder nei Dialoghi massonici fa esclamare al suo
personaggio perché mai i Massoni possono credere a certe assurdità sulle
origini della Massoneria. Non è questa la sede per esplicitare gli argomenti di
Herder, però la domanda non è né assurda né riferita solo ai suoi tempi. Il
senso vero della domanda è: perché ancora nel XXI secolo si dà credito a certe
ipotesi non dimostrabili sulle origini della Massoneria? La Massoneria ha tanti
versanti d'osservazione e quello principale è di essere un fenomeno socioculturale
esistente da tre secoli e distribuito su tutti i continenti. Dunque come
fenomeno socioculturale non si può prescindere dall'analizzarlo anche alla luce
delle moderne scienze sociali. Alla domanda di Herder oggi può rispondere la
psicologia sociale e certe sue ultime ricerche nel campo delle fantasie credute
come vere[13].
Questa disciplina distingue tre tipi di "fantasie" o più precisamente bugie: le
"bugie nere", da nessuno condivisibili e da tutti respinte, a carattere
esclusivamente egoistico; le bugie blu" condivisibili solo dentro un gruppo
anche se note come bugie; le bugie bianche condivise da un largo pubblico ma
riconosciute come falsità, quelle dette a scopi affettivo-relazionali, di
empatia: "il tuo maglione è un bel regalo di Natale"[14].
In questa sede interessa osservare le pseudo-mitiche
origini della Massoneria intese come "bugie blu" [blue lies][15].
Queste sono falsità dette a favore di un gruppo, con lo scopo di aggregarlo e
meglio rinsaldarlo; in altre parole servono a rafforzare i legami relazionali
dentro il gruppo. Le bugie blu sono interne a un gruppo, come la tradizione
massonica adamitica di Anderson, quella cavalleresca di De Ramsay o quelle
druidiche e tante altre. Diverse studi hanno dimostrato che la tendenza a dire
bugie blu aumenta con l'età e sono preponderanti nell'età adulta[16].
Quanto più una persona si sente parte di uno o più gruppi tanto più mente a
favore non tanto di se stessa (bugia nera) quanto del gruppo, sa di mentire ma
lo fa a favore di una causa più grande di lui e questo è accettabile
all'interno del proprio gruppo[17].
Questo è il tipico caso di non pochi esponenti di loggia e di Gran Loggia che
pur avendo un livello culturale medio-alto e disponendo di letture non
sporadiche, perseguono nel "tramandare" favolistiche origini della Massoneria
allo scopo di tenere unito il gruppo (loggia o Gran Loggia). Questi risultati rispondono alla domanda di Herder. ma
c'è un aspetto che Herder non affronta e che è alla base della falsità
dell'idea di "universalismo massonico" e cioè le assolute differenziazioni
esistenti da tre secoli dentro questo complesso e proteiforme movimento che è
la Massoneria.
Le bugie blu, ad esempio la massoneria dell'Ordine della
Stretta Osservanza Templare tedesca del XVIII secolo o quella coeva della
"massoneria egizia" e altre ancora, non hanno solo la funzione di dare coesione
al gruppo inventando incredibili origini massoniche, esse oggettivamente creano
conflitti con gli altri gruppi massonici che rivendicano diverse "tradizioni".
Come dire che assumono la funzione conflittuale di divisione, di separazione
netta tra il proprio gruppo e gli altri. Gli altri gruppi sono "Altri" e quindi
gruppi con cui è impossibile ogni relazione, al limite da considerarli
inesistenti, fantasmi pericolosi. È il risvolto negativo del concetto di
"regolarità". C'è insita in questa separazione un senso di violenza, di
aggressione per paura di essere aggrediti. L'empatia interna a quelle strutture
massoniche è forte, c'è un forte senso di solidarietà e fratellanza e di
libertà di pensiero dentro però ai criteri valoriali e culturali del gruppo,
dunque una libertà a condizione limitata. La difesa del gruppo allora si
esplica nella bugia blu, nella menzogna sancita socialmente. La propria
Tradizione e il proprio Statuto (sanzione ufficiale della tradizione) diventa
lo strumento di competizione contro altre tradizioni e norme di "regolarità". Questo meccanismo psicosociale caratterizzò la nascita di
organizzazioni massoniche continentali, come quella francese antagonista a quella
britannica, fin dai primi decenni dall'inizio della Massoneria britannica, ma
anche all'interno di quest'ultima con la divisione tra Antients e Moderns, tra
massoni irlandesi e inglesi. I primi infatti contestarono i secondi per motivi
di differenze politiche, dinastiche e religiose corroborando tali differenze
con distinzioni rituali, simboliche e di gradi, così opponendo la tradizione
"antica" a quella spregiativamente chiamata "moderna". A sua volta la
massoneria tedesca settecentesca fu un teatro di conflitti tra diverse bugie
blu di esemplare portata continentale. La "tradizione" scozzesista francese fu
sovrainterpretata da alterando le tesi di De Ramsay in chiave templare, da Karl
Gotthelf von Hund nel 1760 creando un differente e antagonista "scozzesismo"
tedesco, rispetto al quale Friedrich Ludwig Schröder oppose un rituale
spiritualista dei tre gradi di marca inglese.
C'è da considerare che nei secoli XVIII e XIX lo
scetticismo verso le falsità era patrimonio di circoli culturali ristretti e
quindi le bugie blu non erano riconosciute dalla maggioranza come tali, pur
conservando i loro scopi e meccanismi interni. I sovrani "mentivano" in modo
palese e ugualmente i predicatori di ogni culto, ma l'importante era il perdonare
le bugie in nome di un valore superiore[18].
Dunque le bugie di un sovrano o di un Gran Maestro o Venerabile di Loggia sono
interpretate dai membri dei sostenitori del sovrano o di altri capi di gruppo
come espressioni non caratteriali ma di un leader efficace. Apparentemente le bugie di un potente dovrebbero fargli
perdere il consenso generale. Questo non accade, anzi si rafforza il consenso a
lui. Questo perché in un clima conflittuale, ad esempio di Gran Logge contro
Gran Logge o di Riti contro Riti, come da sempre avviene in Massoneria, la
falsità assume il carattere dell'arma difensiva, sul presupposto/pregiudizio
che l'Altro è un diverso pericoloso per l'unità del gruppo, e come arma è
quindi giustificabile e accettabile. È una forma di difesa[19]
e dunque dal punto di vista dell'osservazione scientifica è irrilevante se la
bugia è più o meno macroscopica e credibile. Ciò che importa è la differenza
tra il Sé e l'Altro, una classica competizione tribale[20],
un clima di competizione e di iper-polarizzazione che caratterizza la storia
della Massoneria da trecento anni.
Nel momento in cui la Massoneria viene concepita come
tradizione muratoria o cavalleresca o d'altro genere si attuano i due
meccanismi del positivo e del negativo. La positività risiede nella tensione
alla cooperazione, alla solidarietà tra i membri del gruppo, alla fiducia
reciproca. La negatività esprime la predisposizione all'opporsi all'Estraneo,
al conflitto con lui, alla tendenza all'autoinganno e dunque alla negazione del
concetto stesso di libertà di pensiero. Il concetto attuale di "tolleranza",
ben diverso da quello illuministico, illustra bene il servaggio al rifiutare un
pensiero diverso con l'asserzione "tollero la tua idea anche se non la
condivido" e quindi a interrompere ogni mediazione tra le posizioni diverse.
La mediazione tra diverse idee è stata analizzata in una
accurata ricerca che parte da presupposto "ideale" che si debba ricercare
nell'altro il meglio[21].
Questa fu la posizione di Lessing quando nei suoi Dialoghi massonici asseriva
che di là da ogni fantasia sulle origini ed esoterismo ciò che importa è
l'onestà (di pensiero) personale e la tensione al perfezionamento dell'umanità
e questa era la chiave interpretativa dell'idea di tolleranza nell'accezione
dell'Aufklärung lessinghiano, non
precisamente collimante con quella del Lumière
francese.
Chi ha potere amministrativo dentro una loggia o Gran
Loggia ha anche potere culturale e ideologico e non vi rinuncia, non per
volontà dispotica ma per bisogno di mantenere la coesione nel gruppo,
riproponendo al gruppo quelle idee che fanno parte della tradizione culturale
del gruppo stesso. Ogni Venerabile e ogni Gran Ufficiale ripercorre una via di
tradizione di falsità che fanno parte della indiscutibile tradizione storico-culturale
della loggia e Gran Loggia e anche del Rito. Il rito dell'Arco Reale è una palese dimostrazione di
questa ferma volontà di coesione collettiva. Esso non era parte, se non in via
assolutamente minoritaria dei Moderns, ma quando si decise di unificarsi con
gli Antients lo si accettò come Rito complementare e non discriminante[22].
Un Rito inventato divenne tradizione della nuova Massoneria inglese.
Verrebbe da chiedersi come possono essere fermate le
falsità in ambito massonico, quelle sulle sue origini ma anche quelle riferite
a pratiche iniziatico-esoteriche che non sono storicamente fondanti il pensiero
massonico così come definito nelle prime Constitutions
of Freemasons. L'unica risposta è che l'opposizione dovrebbe venire da
un membro dello stesso gruppo. Ma è una risposta paradossale: tale membro
subito sarebbe escluso sostanzialmente dal gruppo come eretico. E ugualmente se
l'opposizione venisse da una minoranza questa sarebbe esclusa dando luogo
all'ennesima diaspora massonica, una nota prassi storica della polverizzazione
della Massoneria.
Molte ricerche scientifiche in campo sociale hanno
verificato che le persone sono più propense a credere alle bugie che vengono da
fonti ideologicamente in sintonia con i propri preconcetti. Un circolo
virtuoso: assumo idee da altri e costruisco un sistema ideologico che vado a
sintonizzare (convalidare) con altri che hanno lo stesso mio sistema, una sorta
di parestesia intellettuale che si risolve in una tautologia speculativa.
Allora la vera domanda non è quella di come opporsi alle
bugie ma come prendere coscienza delle bugie. La risposta è facile[23]:
dal punto di vista massonico è il seguire le modalità operative di quella che
si può chiamare la via della Bildung
massonica, cioè superare gli stati emotivi che legano a certi schemi
precostituiti, cercare forme alternative d'informazione e verificarne
l'attendibilità, entrare in contatto con gruppi di altra formazione culturale e
ideologica mettendo in discussione le proprie idee, dare coerenza e correttezza
sostanziale alle proprie idee. Ma quello che è prioritario è mettere una
distanza critica con il proprio gruppo, vagliare criticamente le assertività
assiomatiche e apodittiche del gruppo diminuendo la tensione all'appartenenza
al gregge. In poche parole se il "capo" dice bugie non seguirlo nel dire bugie.
Questa lunga sequela di osservazioni può essere tacciata di
storicismo e di psico-sociologismo ma non si deve dimenticare che la Massoneria
è un fenomeno storico, sociale, culturale e ideologico che coinvolge individui
e gruppi e che può e deve essere valutato nelle sue molteplici sfaccettature.
L'occhio dello studioso di Massoneria deve essere come quello della mosca, una
metafora dell'entità sovrasistemica che integra le molteplici visioni,
un'interazione di diverse modalità d'osservazione che riflettono le esperienze
di un gruppo di osservatori e della funzione intellettiva che integra tante
indagini dando loro un senso.
[1] Eric J. Hobsbawn e Terence Ranger, L'invenzione della tradizione 2002, Einaudi, Torino, p.3.
[2] Ibidem p. 7.
[3] Precedentemente alla Magna Carta accettata il 15 giugno 1215 dal re Giovanni d'Inghilterra, era stata stipulata un'altra Carta, di minore significato politico
[4] Un riconoscimento di diritti dei servi erano presenti negli articoli 16, 20 e 28.
[5] Si usa il termine generico di corporazione anche se in italiano si differenziano le gilde dei commercianti dalle corporazioni di mestiere produttivo-industriale.
[6] Riguardo alla funzione socioeconomica e antropologica delle corporazioni dei mestieri in Italia si veda https://rm.univr.it/repertorio/rm_bezzina_organizzazione_corporativa_e_artigiani_italia_medievale.html
[7] In molti casi le corporazioni, con il proprio potere economico imponevano alle istituzioni civili che le violazioni di leggi da parte di membri della corporazione potevano essere giudicate e sanzionate dagli organi giudicanti corporativi. Questa modalità fu ripresa nelle Constitutions of Freemasons del 1723 quando si separa il giudizio massonico da quello civile, per cui una condanna civile non trova automatica applicazione dentro l'organizzazione massonica.
[8] I templi maltesi furono eretti secondo precise direzioni rispetto al sole e hanno piccole aperture che indirizzano i raggi solari nelle epoche dei solstizi ed equinozi dentro delle apposite camere, il cui scopo oggi è ignoto.
[9] Si veda di F. Angioni Sulla mito-storia della Massoneria, in Critica Massonica, n. 0, pp. 10-46.
[10] È sempre utile ricordare che de Ramsay addebitava la nascita della Massoneria ai crociati ospedalieri dell'Ordine di San Giovanni e non ai crociati dell'Ordine del Tempio. Si ha allora una invenzione nell'invenzione, semioticamente una sovrainterpretazione di una sovrainterpretazione.
[11] C'è chi ritiene che de Ramsay volesse riportare la Massoneria dal mondo della Riforma a quello del cattolicesimo, operazione tentata anche dai movimenti paramassonici martinisti.
[12] Hobsbawm, Ibidem p. 9.
[13] Le successive osservazioni sono desunte da Jeremy Adam Smith, How the Science of "Blue Lies" May Explain Trump's Support - They're a very particular form of deception that can build solidarity within groups, Scientific American, March 24, 2017.
[14] Jeremy Adam Smith, What's Good about Lying?, Greater Good, February 8, 2017.
[15] Termine psicologico per falsità.
[16] Genyue Fu, Angela D. Evans, Lingfeng Wang, Kang Lee, Lying in the name of the collective good - a developmental study, Developmental Science, Volume 11, Issue 4
July 2008, pp. 495-503.
[17] Gli americani sembrano accettare le bugie dei servizi segreti perché questi operano per la sicurezza nazionale. Si veda Stephen F. Knott, America Was Founded on Secrets and Lies, Foreing Policy, February 15, 2016.
[18] Per i tempi attuali dice George Edwards, politologo alla Texas A & M: "La gente perdona le bugie contro le nazioni nemiche, e dato che oggi in America molte persone vedono quelli dall'altra parte politica come nemici, possono ritenere - quando le riconoscono - che siano strumenti di guerra appropriati", Cit in Jeremy Adam Smith, How the Science of "Blue Lies" May Explain Trump's Support...
[19] «Una ricerca di Alexander George Theodoridis, Arlie Hochschild, Katherine J. Cramer, Maurice Schweitzer e altri ha scoperto che questo tipo di bugie sembra prosperare in un clima di rabbia, risentimento e iper-polarizzazione. L'identificazione partigiana è così forte che le critiche al partito sono sentite come una minaccia a se stessi, e questo innesca una serie di meccanismi psicologici di difesa». Cit. in Jeremy Adam Smith, Ivi.
[20] Molte sono le ricerche che segnalano che le falsità proliferano in un clima di forte competizione e di risentimento verso altri gruppi. Si vedano Alexander G. Theodoridis, Me, Myself, and (I), (D) or (R)? Partisanship and Political Cognition through the Lens of Implicit Identity, in https://www.dropbox.com/s/sgj1x71bjdqsqgb/Me_Myself.pdf?dl=0 e anche Jeremy A. Yipa - Maurice E. Schweitzerb, Mad and misleading: Incidental anger promotes deception, Organizational Behavior and Human Decision Processes, Volume 137, November 2016, pp. 207-217.
[21] Si veda D.J.Flynn, Brendan Nyhan, Jason Reifler, The Nature and Origins of Misperceptions: Understanding False and Unsupported Beliefs About Politics, Political Phycology (Department of Political Science, Lund University, Sweden), 26 January 2017.
[22] Yasha Beresiner nel suo Royal Arch Freemasonry in England, pubblicato in questo numero di Critica Massonica, dimostra quanto complesse furono le problematiche all'accettazione dell'Arco Reale nella costituenda Gran Loggia Unita d'Inghilterra.
[23] D.J.Flynn, Brendan Nyhan, Jason Reifler, op. cit. Ibidem.